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MONTE SIBILLA VERSANTE NORD – Ancora effetti del terremoto del 2016 – Torrione di Mèta

Il 16 luglio 2022, dopo quasi sei anni dal terremoto del 2016, ho visitato un ennesimo luogo dove sono visibili i disastrosi effetti di tale evento.

Su indicazione del mio amico geologo Pietropaolo ho raggiunto il primo torrione della zona denominata “Mèta” sul versante Nord del Monte Sibilla, dove il terremoto ha provocato una profonda spaccatura della sommità del torrione di cui una parte si è pericolosamente piegata verso valle e sta incombendo nel bosco sottostante. Non si può stabilire se e quando cadrà ma certamente la visione non è delle più rassicuranti.

Il sito geologico si raggiunge salendo dal Rifugio Sibilla per la forcella del Monte Zampa quindi scendendo per il sentiero de “Le Calle della Sibilla” situato nel versante opposto, riportato nella bibliografia dei Monti Sibillini.

Il sentiero che attraversa tutto il versante Nord del Monte Sibilla fino al fosso Le Vene prosegue poi per il Casale Lanza per poi risalire al Casale della Sibilla, raggiungere la cresta e quindi la cima del Monte Sibilla e scendere per la cresta Est chiudendo così il grande giro.

Una volta raggiuto il primo torrione di Mèta si scende dal sentiero e si raggiunge la sua sommità che presenta tre cime distinte, la faglia si trova nella cima del terzo torrione più a sinistra, chiaramente si raccomanda la massima attenzione per raggiungere la zona del distacco in quanto si trova proprio sulla parte esterna laterale del torrione, a piombo sul sottostante bosco di Mèta con quasi 500 metri di salto.

Una volta visitato il sito si consiglia di proseguire il giro del versante come indicato sopra.

1- Il versante Nord del Monte Sibilla con i tre Torrioni di Mèta e il Torrione de Le Vene a destra. Il sito geologico è situato sulla cima del torrione in primo piano, parzialmente il ombra.
2- La Valle dell’Infernaccio con, da destra, il Monte Priora, Pizzo Berro, Monte Bove Sud e Cima Cannafusto.
3- Il sentiero de Le Calle della Sibilla, prima di raggiungere il primo torrione di Mèta.
4- Il sentiero della foto n.3 visto dalla cima del primo torrione di Mèta.
5- Dalla forcella del Monte Zampa, il sentiero de “Le calle della Sibilla” il più in alto, si dirama in tornanti per scendere verso i torrioni del Monte Zampa.
6- La caratteristica “corona” del Monte Sibilla e il primo torrione di Mèta, la faglia si trova nel lato opposto della cima più alta.
7- Il Pizzo visto dal primo torrione di Mèta, a destra i torrioni Nord di Monte Zampa.
8- Veduta verticale dal primo torrione di Mèta con la sommità devastata dal terremoto.
9- la prima cima del torrione, completamente distrutta dal terremoto e con grandi massi ancora in bilico.
10- La parete della prima cima del torrione.
11- La seconda cima del torrione.
12- La seconda cima e il Monte Sibilla sullo sfondo, la faglia si trova nella parte opposta di questa cima
13- Una grotta sotto alla seconda cima.
14 -Veduta verticale dal primo torrione di Mèta nel sottostante bosco omonimo, si vedono distintamente le ombre dei torrioni del Monte Zampa.
15- Di fronte, nel costone boscoso, il Romitorio di San Leonardo.
16- La terza cima del torrione con l’enorme spaccatura prodotta dal terremoto del 2016.
17- Il pinnacolo rimasto in piedi.
18 – 19- La parte esterna del torrione piegata verso valle, per fare la foto mi sono messo seduto sulla sommità del torrione, a sinistra avevo il vuoto.
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20- Le dimensioni del sito geologico.
21- Il sentiero continua verso i Fossi di Mèta e le successive Vene.
22- La sommità del secondo Torrione di Mèta.
23- Pecore al pascolo verso la Corona del Monte Sibilla.
24- La parete del primo Torrione di Mèta vista da secondo torrione.
25- La valle dell’Infernaccio con il torrione de Le Vene franato a sinistra ed i Grottoni a destra ed il sottostante Fosso di Mèta 1.
26- La traccia di sentiero che sale di quota rispetto al sentiero de “Le Calle della Sibilla” ed il sovrastante sentiero che corre parallelo più in alto, i tre sentieri proseguono paralleli anche nel ripidissimo versante de Le Vene
27-28-29-30 Noduli di pirite e stratificazioni di Rosso Ammonitico nella sommità del primo torrione di Mèta, in corrispondenza del sentiero stesso (foto n.30).
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31- Veratro nero, velenoso (Veratrum nigrum).
32-33- Parnassius apollo su carduus.
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34- veduta dell’itinerario proposto dalla Cengia delle Ammoniti.
35- Pianta satellitare dell’itinerario proposto.



I TERRAZZI DA BRIVIDO DEI MONTI SIBILLINI – Parte 3

Dopo aver percorso la Cengia delle Ammoniti fino al Tempio della Sibilla ed oltre fino al Casale Pantanelli o alla cima del Monte Priora per qualche decina di volte, insieme a Luca e Manuel, ho raggiunto la cima dei sei torrioni di Grottoni della Priora per vedere il panorama mozzafiato che offrono sulla sottostante valle del Tenna, dall’Infernaccio a Capotenna e sui vari canyon del versante Nord del Monte Sibilla, dai fossi di Mèta a Le Vene fino ai Fossi della Corona e della Sibilla che scendono verticalmente sulla valle, oggetto di vari itinerari di discesa con tecniche di torrentismo.

L’itinerario per raggiungere la Cengia delle Ammoniti e il Tempio della Sibilla è descritto nel mio secondo libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” consultabile alla voce “Pubblicazioni”.

Una volta giunti al Tempio della Sibilla si scende nel primo torrione sottostante proseguendo la cresta in discesa poi, traversando nei ripidi pendii sottostanti la cengia, senza necessariamente raggiungerla, si raggiunge la cima degli altri quattro ritornando indietro in direzione del Casale dei Grottoni da cui inizia la cengia delle Ammoniti.

Il quinto torrione si raggiunge direttamente dalla vecchia fonte posta sulla sella, poco prima del Casale dei Grottoni e, da qui, si scende riprendendo il sentiero di raggiungimento, proveniente dal Romitorio di San Leonardo.

Dai torrioni si può osservare il fondo della valle situato ben 500 metri più in basso, chiaramente fare molta attenzione a sporgersi sulle cime dei torrioni, si consiglia di coricarsi a terra sul bordo per avere una migliore visione e godere così in sicurezza il balzo aereo mozzafiato.

1- Il Casale dei Grottoni e il sentiero della Cengia delle Ammoniti che passa sotto alla barriera rocciosa sovrastante
2 – 3- Il Tempio della Sibilla.
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4- Scendendo dal Tempio verso la sommità del primo torrione.
5- L’arco di roccia del Tempio della Sibilla visto dalla sommità del primo torrione.
6- Il primo torrione sotto al Tempio della Sibilla
7- Camoscio all’incrocio delle due frecce, sul secondo torrione
8- Veduta verso il fondo valle dal primo torrione, in fondo la strada per Capotenna.
9- La sottile cresta sommitale del primo torrione, sullo sfondo Capotenna e la Valle Lunga.
10 – 11- Veduta in verticale dal primo torrione
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12- I lati Ovest del secondo e del terzo torrione visti dal primo.
13- il camoscio della foto n..7 risale tra luce ed ombra verso la sommità del secondo torrione dove siamo noi.
14- Dopo alcuni minuti ci ha raggiunto.
15- Ne emerge un secondo e proseguono verso la cengia delle Ammoniti
16- I due camosci salgono verso la cengia tra liscissime pareti rocciose
17- 18- Di vedetta sotto alla Cengia delle Ammoniti
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19- Le verticali pareti con un inciso canale tra il primo ed il secondo torrione.
20- Il lato Est del primo torrione visto dal secondo.
21-Veduta in verticale dal secondo torrione
22- In successione i lati Ovest del terzo, quarto e quinto torrione.
23- Particolare della cima del terzo torrione.
24- 25- Frana sulla sommità del secondo torrione.
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26- Il terzo torrione
27- Il quarto e quinto torrione visti dal terzo.
28- Veduta in verticale dal terzo torrione, in fondo la strada per Capotenna.
29- Il secondo torrione con la frana delle foto n.24-25 visto dal terzo torrione, in alto la cima del Pizzo Berro.
30- Veduta in verticale dalla cima del terzo torrione
31- Ci avviciniamo al quarto e quinto torrione
32- Agrifoglio sulla cima rocciosa del terzo torrione.
33- Veduta dal terzo torrione verso i segni della frana prodotta dal terremoto dell’ottobre del 2016 che ha formato il laghetto all’interno della valle del Tenna, poco prima de Le Vene..
34- Il lato Ovest del quarto torrione.
35- Il versante Nord de Le Vene del Monte Sibilla.
36- Il Fosso Le Vene nel versante Nord del Monte Sibilla.
37- La prima parte del Fosso Le Vene nel versante Nord del Monte Sibilla.
38- La seconda parte del Fosso Le Vene nel versante Nord del Monte Sibilla, la grande cascata di oltre 70 metri rimane nascosta dalla roccia..
39- La parte centrale del Fosso della Corona, a destra del fosso Le Vene.
40- Luca, in alto, scende verso la sommità del quinto torrione
41- La cima del quarto torrione
42- Risalita verso il quinto torrione, alle spalle il quarto e a destra il terzo torrione
43- In successione da sinistra il quarto, il terzo ed il secondo torrione
44- La cima del quinto torrione e a destra più in basso, il quarto torrione
45- Il Casale dei Grottoni visto dal quinto torrione.
46- La frana del torrione destro orografico del fosso Le Vene prodotta dal terremoto dell’ottobre del 2016 che ha formato il laghetto all’interno della valle del Tenna.
47- In cima al quinto torrione, di fronte il versante Nord del M. Sibilla.
48- Il versante Ovest del Monte Zampa ed il bosco di Mèta.
49- La Cengia delle Ammoniti (percorso in rosso) e i cinque torrioni raggiunti (percorso in giallo) visti dal Monte Sibilla.



A CACCIA DI MICROMETEORITI Nei canyon dei Monti Sibillini

ASCENSIONI N. 972-974/980 dal 1979.

Anni fa trovai un interessante articolo sulla Rivista Mineralogia Italiana n.3 del 2011 sulle Micrometeoriti.

In particolare l’articolo indicava come si identificano, la loro forma e come cercarle.

Le micrometeoriti sono particelle di materiale cosmico con dimensioni inferiori al millimetro che cadono numerose sulla superficie terrestre e molto spesso fungono da nuclei di aggregazione di particelle di ghiaccio presenti nell’atmosfera ricadendo poi sotto forma di fiocchi di neve o pioggia.

Le micrometeoriti quindi possono essere ritrovate con una certa facilità dopo lo scioglimento di grandi accumuli di neve come quelli che si formano dopo l’inverno nei numerosi canyon dei Monti Sibillini.

Ma come cercarle? Essendo per la maggior parte costituite da ferro presentano la capacità di essere attratte da un magnete.

Quindi ponendo un forte magnete all’interno di un barattolino in plastica con fondo piatto e facendolo scorrere legato ad un filo sopra al fondo di una valle dove c’è stato un accumulo di neve sciolto da poco le micrometeoriti magnetiche si attaccheranno al fondo esterno del barattolo.

Ponendo quindi un contenitore trasparente di plastica sotto al fondo del barattolo ed avvicinando un secondo magnete al fondo, contemporaneamente allontanando il magnete posto all’interno del barattolo si trasferiranno le micrometeoriti dal barattolo al contenitore trasparente.

Quindi osservando il contenitore trasparente con un microscopio per uso mineralogico con almeno 100 X di ingrandimenti si potranno vedere le sferule di materiale magnetico raccolte.

1- Micrometeoriti osservate al microscopio (Da Rivista Mineralogica n.3 – 2011)
2- Una parte dell’articolo sulle micrometeoriti tratto dalla Rivista Mineralogica n.3 – 2011
3- Attrezzatura per la raccolta delle micrometeoriti: un barattolo in plastica a fondo piatto munito di cordino per farlo scorrere sopra al terreno di ricerca contenente un potente magnete.

In particolare con una serie di uscite nei Monti Sibillini abbiamo perlustrato il fondo di alcuni canali della Valle del Fargno, dal Monte Castel Manardo fino al Monte Acuto, il fondo del Fosso di Buggero, alla base dell’imbuto del versante Nord di Monte Cacamillo e la base della Valle delle Cascate dell’Acquasanta dove, anche questo inverno, si erano formati accumuli di diversi metri di neve.

Di seguito le immagini anche storiche dei luoghi visitati e soprattutto ciò che abbiamo trovato sul fondo.

Mi scuso per la qualità non elevata delle foto fatte alle micrometeoriti ponendo la fotocamera sopra all’obiettivo del microscopio ma non dispongo di microscopio con fotocamera incorporata.

4- Uno dei vari canali di ricerca nella Valle del Fargno, qui in versione primaverile, alla base della parete Nord di M. Acuto
5- Il secondo luogo di perlustrazione, il versante Nord del Monte Cacamillo con il suo imbuto che ogni inverno può raccogliere anche 30 metri di neve.
6- Aprile 2017, il fondo dell’imbuto del versante Nord di Monte Cacamillo, localmente chiamato “Buggero” riempito dalle slavine del “nevone” del gennaio 2017 con circa 30 metri di neve, la cascata al centro era quasi completamente coperta.
7- Aprile 2018, Imbuto di “Buggero”, molta meno neve rispetto all’anno prima.
8- Giugno 2007, imbuto di “Buggero”, la cascata creando una corrente di aria ha scavato una galleria nell’accumulo di neve.
9- Giugno 2007, imbuto di “Buggero”, passaggio sotto l’accumulo di neve.
10- Giugno 2007, imbuto di “Buggero”, vista da sotto l’accumulo di neve.
11- Il terzo luogo perlustrato, qui in versione invernale, la Valle dell’Acquasanta con una delle sue tante cascate.
12- L’autore alla ricerca di micrometeoriti nel canalone nord del Monte Acuto

E CIO’ CHE ABBIAMO OSSERVATO AL MICROSCOPIO DOPO LA RICERCA CON I MAGNETI:

13- Frammenti magnetici attribuibili forse a minerali ferrosi in un canale della Valle del Fargno.
14- Frammenti magnetici non ben definiti, forse micrometeoriti o di natura antropica in un canale della Valle del Fargno.

Finalmente probabilissime micrometeoriti:

15- Probabili micrometeoriti in confronto con un righello millimetrato raccolte a Buggero.
16- Probabili micrometeoriti della foto 14 ingrandite (paragonarle con le immagini delle foto n.1-2)
17- Probabili micrometeoriti del Monte Acuto
18-Probabili micrometeoriti
19- Altra probabile micrometeorite della Valle dell’Acquasanta.
20- Frammento magnetici vari di dubbia natura, forse minerali di ferro.
21- Sferule di netta provenienza antropica raccolte all’esterno di una industria, a poche decine di metri dalla bocca di uscita di un impianto di aspirazione da un reparto di saldatura articoli metallici, molto differenti dalle possibili micrometeoriti riportate sopra.

Altri potenziali luoghi di ricerca per micrometeoriti, ovviamente dopo lo scioglimento della neve :

22-23-24 – Fosso di Casale – imbuto nord del Monte Vettore.
23
24
25- Le Pisciarelle – Infernaccio
26- Le Pisciarelle, maggio 2015 c’era ancora il ponte.
27- Fosso de “Le Vene” – Monte Sibilla, Maggio 2015
28- Fosso de “Le Vene” – Monte Sibilla, Luglio 2015, il torrente con il movimento di aria che crea ha sciolto l’accumulo di neve della foto n.24 che si è sfondato creando questo spaventoso buco.



LE PISCIARELLE – INFERNACCIO – APRILE 2017

Tutti gli amanti della
montagna sanno che questo che propongo ovviamente non può essere un nuovo tracciato,
andare alla cosiddette “Pisciarelle”, all’imbocco della valle dell’Infernaccio
è cosa normale per migliaia di persone che ogni anno percorrono questo luogo
essendo parte del classico  itinerario
per raggiungere il Romitorio di S. Leonardo 
o l’alta valle del Tenna fino alle sue sorgenti (Capotenna).

Non tutti  sanno invece:

  • Che solo per una
    decina di giorni all’anno, ai primi di aprile, il sole, nel tardo pomeriggio tra
    le 16 e le 16.30, si insinua nel profondo della valle dell’Infernaccio
    riuscendo ad illuminare dal lato ovest in modo particolare, quasi ad accendere
    di luce, le decine di cascatelle e rivoli d’acqua che, cadendo nel vuoto da un
    enorme tetto di roccia, formano le cosiddette “pisciarelle”.

Questo
fenomeno permette agli appassionati di fotografia di poter fare dei bellissimi
scatti ed immortalare delle immagini uniche.

  • Che quest’anno,
    tra il terremoto dell’Ottobre del 2016 ed una eccezionale nevicata invernale le
    forze della natura si sono scatenate con una potenza distruttiva enorme come
    mai si era visto prima in questa valle.

Il
terremoto dell’Ottobre 2016 ha provocato distacchi di rocce dalle pareti
sovrastanti del versante nord di M. Zampa e enormi frane che hanno stravolto la
strada di accesso.

Inoltre
la zona delle Pisciarelle è stata interessata da una enorme valanga, stimata in
circa 40.000 metri cubi di neve che ha coperto perfino l’ingresso della
galleria che permette di superare le gole dell’Infernaccio ed ha spazzato via
il, forse già lesionato dal sisma, 
ponticello in cemento e legno che permetteva di attraversare l’impetuoso
torrente Tenna, i suoi resti si trovano un centinaio di metri più a valle.

Anche
anni addietro ho visto grandi valanghe nella stessa zona ma mai così imponenti
come quella di quest’anno.

Nella
zona sembra che sia scoppiata una bomba, piante di tutte le misure spezzate
dalla furia della slavina e dalle frane, massi ovunque e una completa
desolazione regna in queste zone.

Dallo
slargo delle Pisciarelle si nota nei torrioni dentro alla valle anche la grande
chiazza bianca della frana del Torrione destro de “Le Vene” che ha formato
addirittura un laghetto nella valle del Tenna ma che per motivi di sicurezza
non abbiamo raggiunto.

Non aggiungo altro, le
immagini che seguono parlano da sole.

Al mattino avevamo fatto un giro dalle parti di Montegallo ad osservare la chiesa di Santa Maria in Pantano e la grande frana del Sasso Spaccato, ecco quello che abbiamo visto rimanendo senza parole:

1-La chiesa di S. Maria in Pantano nel giugno del 2016, ormai è una immagine che fa parte della storia.
2- La chiesa nelle attuali condizioni, già lesionata dal terremoto del 24 agosto 2016 e lasciata al suo destino senza che nessuno facesse qualcosa, è stata messa in sicurezza solo dopo che è quasi totalmente crollata !!!!, adesso è praticamente un cumulo di macerie.
3- Veduta laterale di ciò che rimane della chiesa.
4-Gli affreschi interni che la decoravano !!!
5-Il Sasso Spaccato nel versante est della Cima di Pretare – Monte Vettore, luglio 2016
6- La grande frana di Sasso Spaccato nel versante est della Cima di Pretare – Monte Vettore, notate il punto di distacco di colore bianco ed i grandi massi ai piedi del bosco distrutto dalla frana, in alto passa il tracciato n.8 che avevo descritto nel 2015.

VALLE DELL’INFERNACCIO

7- Il torrione del fosso “Le Vene” sullo sfondo con la grande frana, visto dal parcheggio di Valleria
8- I primi massi franati sulla strada per le Pisciarelle, ancora non è niente !!!!!
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9-10  Le condizioni della strada che dal parcheggio scende alle Pisciarelle.

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11- Le condizioni dello slargo de Le Pisciarelle, massi ovunque, alberi sradicati, l’enorme cumulo della slavina alto una decina di metri, a sinistra le cascatelle già illuminate dal sole pomeridiano, a destra la parte sommitale della galleria dell’Infernaccio emerge dalla massa nevosa

12-13  Sopra, l’ex ponte sul torrente Tenna forse lesionato dal terremoto e spazzato via dalla furia della slavina. Tutto intorno una enorme quantità di alberi sradicati e spezzati, sembra ci sia stata una esplosione.

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14-  L’ingresso della galleria dell’Infernaccio riempito di alberi abbattuti e semicoperto dalla neve.
15-  Il torrente Tenna si è aperto un varco sotto ad una decina di metri di neve.
16-  L’alta parete strapiombante di roccia che forma le cosiddette “Pisciarelle” già illuminata dal sole del tardo pomeriggio, vista dai pressi dell’ex ponte.
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17- 18  Le Pisciarelle viste da sotto il grande tetto che le forma.

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19- La prima cascatella vista dal ponte.
20- Nella desolazione più assoluta del parcheggio di Valleria mai visto così deserto ritorniamo verso l’auto.

E per concludere dopo la
visione di tanta distruzione un  Aneddoto
del
tipo:
“che strani “animali” si incontrano in montagna”:

Tornando dalle Pisciarelle verso il parcheggio di Valleria, ancora irraggiungibile in auto, incontriamo diverse persone che scendevano tra cui uno strano soggetto solitario di Fermo, con giacca nera di pelle stile Fonzie (!), berretto consumato dal tempo (era praticamente a brandelli !!), maglietta anch’essa scolorita dal tempo (sembrava mimetica !!!) e borsa a tracolla anziché zaino, piena di macchie (!!!!) che alle 17 del pomeriggio (!!!!!) si stava dirigendo verso l’imbocco della Valle dell’Infernaccio per andare al Romitorio di S. Leonardo per vedere i danni del terremoto in quanto era un amico di Padre Pietro.

Ci fermiamo a chiacchierare
con lui, ci dice che sono tanti anni che va in montagna (io pensavo che erano invece
tanti anni che non ritornava a casa viste le condizioni) ed inizia a
raccontarci di uno strano incontro che aveva fatto nel 2016 mentre scendeva dal
Laghetto di Palazzo Borghese per la via del Canale verso Foce.

Continuo il racconto con sue
testuali parole:

Scendendo all’interno del bosco ad un certo punto noto in lontananza
uno strano animale:

  • un cane non era
  • un lupo non era
  • una volpe non era
  • un gatto selvatico non era
  • una lepre non era
  • una faina non era
  • uno scoiattolo non era
  • un cinghiale non era
  • un asino non era
  • un capriolo non era
  • un camoscio non era
  • un cervo non era
  • un orso non era

gli corro dietro, non riesco a vederlo
bene ne a fotografarlo e ad un certo punto scompare, per esclusione era
sicuramente una lince…. non poteva che essere altro che una lince !!!
”.

(non ci sono mai stati
avvistamenti di lince nei Monti Sibillini e neppure nell’intero Appennino ma
solo su alcune remote zone delle Alpi)

Lo ascoltiamo un po’
perplessi poi lo salutiamo, noi ci dirigiamo verso Rubbiano e lui scende verso
le Pisciarelle.

Alla sera a casa ricevo un
messaggio dal mio amico Bruno (conosciuto in montagna):

(sue testuali parole)

Stasera ho visto un animale davanti casa mia ….. un
gattu non era…. un cà non era … uno scoiattolo non era…un cinghiale non era……
un  porcu non era…..era sicuramente un
ippopotamo !!!!!

 Alla mattina del giorno dopo ricevo invece un
messaggio dal mio amico Fausto (anche lui conosciuto in montagna):

(sue testuali parole)

Appena alzato me so affacciato dalla finestra. davanti casa c’era un animale….. Un orsu non era….un orango non era… un gorilla non era…. Uno yeti non era….. Ho guardato mejo….. era mi socera !!!!!!!

….….. che strani “animali” si incontrano in montagna !!!………………………………….

GIANLUCA CARRADORINI, FAUSTO SERRANI, BRUNO BARTOLAZZI, MARCO COPERCHIO E VERONICA VEROLINI               APRILE 2017




MONTE ZAMPA PER LA CRESTA NORD-EST.

Il 21 Ottobre 2017 abbiamo risalito la ripidissima cresta del versante nord-est del Monte Zampa che sale dalla Valle dell’Infernaccio a monte di Valleria.

La cresta presenta tre
caratteristici ripiani suddivisi da tratti quasi verticali, si sale su un
ambiente grandioso con la verticale parete nord del Monte Zampa che domina
sempre sul versante destro di salita.

Itinerario inedito, piuttosto
impegnativo sia per lunghezza che per dislivello (800 metri), è adatto solo ad
escursionisti esperti che si sanno muovere su terreno molto ripido in quanto
presenta tratti di arrampicata su erba e roccette che rasentano la verticalità.

Accesso:

L’itinerario prevede come base di partenza
la frazione di Isola San Biagio di  Montemonaco
 facilmente raggiungibile in auto dal
capoluogo sia per la strada per il Monte Sibilla sia per la strada per
l’Infernaccio.

Avvicinamento:  

Da Isola S. Biagio si
prende una stradina asfaltata che passa nelle case più in alto del paese dove
al suo termine parte un tratturo sterrato in piano che si dirige verso Nord. (361841,3
E – 4752191,8 N; 950 m.).

Il tratturo si snoda quindi
in lieve salita verso nord, dopo circa 650 metri m si superano due tornanti
sempre in salita.

Giunti ad una netta curva
in un ripiano erboso (30 minuti; 361539,6 E – 4753102,7 N; 1130 m.) si lascia
il tratturo principale che si dirige verso un edificio situato nei prati più in
alto.

Si devia quindi a destra
per un tratturo in piano meno transitato in direzione Nord-ovest che più avanti
si addentra nel bosco .

Lo si percorre per circa
un chilometro tralasciando eventuali varianti in salita o in discesa meno
frequentate fino a che non diventa un sentiero poco visibile,  che sempre in piano ed in circa altri 500
metri (30 minuti) conduce di fronte alla cresta rocciosa di salita (360498,5 E
– 4753925,5 N; 1170 m.).

Descrizione:

Raggiunta la cresta si
apre subito una grande spaccatura che scende verso Valleria (attenzione).

Si risale la spaccatura
passando sui ripidi prati a sinistra per riprendere il filo di cresta rocciosa.

Si è raggiunto così il
primo ripiano.

Sempre seguendo il filo
di  resta si risale il primo tratto molto
ripido tra alberi, erba e roccette.

Si giunge al secondo
ripiano  (360374,1 E – 4753843 N; 1235
m.) caratterizzato da una sottile cresta rocciosa che fornisce visioni
mozzafiato sulla parete nord del Monte Zampa e su tutta la Valle
dell’Infernaccio con alle spalle il selvaggio versante sud-est de Il Pizzo e
della Priora (foto n.5).

            Dal
ripiano parte l’ultimo tratto di salita (foto n.6) più impegnativo che devia in
alto nettamente verso destra.

            Percorsa
tutta la cresta rocciosa del secondo ripiano ci si innalza dapprima lentamente poi
su terreno sempre più ripido verso il terzo ripiano.

            Si
superano gli ultimi alberi e si raggiunge una fascia rocciosa che rasenta la
verticalità (foto n. 10).

Si risale proprio sul
filo di cresta su un canalino erboso intervallato da roccette (foto n.11-12)
facendo molta attenzione all’erba (falasco) scivolosa, in questo tratto può
essere utile una piccozza.

Superato questo tratto
più impegnativo dell’intera salita ci si ritrova su facile pendio erboso fino a
raggiungere il terzo ripiano (foto n. 14; 360263,7 E – 4753653,2 N; 1420 m.) che
rappresenta la cima della parete nord del Monte Zampa che incombe sulla Valle
dell’Infernaccio.

Questo ripiano è stato
raggiunto anche dall’itinerario n.8  della traversata del versante nord del Monte
Zampa, proposto nel mio libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” Anno 2014.

            Il
ripiano è un vero e proprio terrazzo sospeso sopra la Valle dell’Infernaccio.

Il panorama che si vede
da qui è mozzafiato, si è praticamente 500 metri di dislivello in verticale
sopra la parcheggio di Valleria per l’Infernaccio (attualmente chiuso alle
escursioni), di fronte al Romitorio di San Leonardo la cui foto n.17 sicuramente
non è riportata in alcun libro in commercio dei Monti Sibillini.

             Dal ripiano erboso si percorre la cresta fino ad
incontrare a destra una traccia di sentiero che taglia in alto l’imbuto che si
apre sulla destra e che è stato percorso dall’itinerario n.6 descritto nel mio
secondo libro  (foto n.16) e quindi si
prosegue facilmente per il lungo e ripido pendio che sale in direzione sud che
in altri 30 minuti conduce alla cima del Monte Zampa (360276,8 E – 4752783,3 N;
1790 m.).

Discesa:

Dalla cima del Monte Zampa si scende
per classico itinerario di salita per la cresta M. Zampa – M. Sibilla, in 20 minuti
raggiunge il Rifugio Sibilla.

Dal rifugio si percorre la strada in
discesa per 50 metri fino al primo tornante che si incontra.

Dal tornante (360653 E – 4752103,8 N;
1520 m.)  ci si affaccia nei prati
sottostanti dove parte un sentiero appena accennato ma recentemente segnalato
con numerosissimi bolli rossi a terra che, passando sotto a caratteristici
massi (foto n.20; 361106 E – 4752613 N; 1300 m.), in circa 40 minuti conduce velocemente
e facilmente al tratturo di salita in corrispondenza della curva su un ripiano
erboso dove all’andata si è deviato a destra.

Quindi per la strada sterrata di
salita in altri 15 minuti si giunge ad Isola S. Biagio.

GIANLUCA
CARRADORINI            – FAUSTO
SERRANI             21
OTTOBRE 2017

1-La caratteristica cresta nord-est del Monte zampa vista dalla strada per Rubbiano con il percorso di raggiungimento (giallo) e di salita (rosso).
2- la sommità del primo ripiano, in basso si nota la strada Rubbiano – Parcheggio di Valleria
3- Il tratto molto ripido (pendio > 45°) con alberi, erba e roccette per raggiungere il secondo ripiano.
4- la parete nord del Monte Zampa, anch’essa sconvolta dal terremoto dell’Ottobre 2016 con tre visibili frane tiene compagnia nel lato destro per tutta la salita. A destra, ancora in ombra, il Romitorio di San Leonardo.
5- L’aerea cresta rocciosa che caratterizza il secondo ripiano, sullo sfondo il versante sud-est de Il Pizzo e dietro emerge il Monte Amandola con il Balzo Rosso.
6- L’ultimo tratto di ripidissima salita prima del terzo ripiano, in alto sotto alla cima (freccia) si nota il tratto roccioso più impegnativo, a destra la verticale parete nord del Monte Zampa.
7- Il tratto terminale del secondo ripiano con l’inizio dell’ultimo tratto di salita che si fa sempre più ripido, Fausto lungo per terra non è caduto, sta facendo una foto alle pareti verticali sottostanti.
8

8 – 9- Fasi di salita al
terzo ripiano, il pendio si fa sempre più ripido 

9
10- Giunti sotto il tratto verticale roccioso (foto n.6) si risale il canalino erboso a destra di fianco alla cresta.
11- Sotto al canalino roccioso di salita, si nota nettamente l’elevata pendenza della cresta.
12- Fausto impegnato nel superamento del tratto verticale più impegnativo dell’intera salita, in fondo la strada Rubbiano – Parcheggio di Valleria
13- Terminato il tratto più impegnativo si contempla la salita effettuata
14- Giunti sul terzo ripiano rimane da salire l’ultima facile cresta erbosa a sinistra che conduce alla cima di Monte Zampa non ancora visibile.
15- Il versante est del Monte Priora con il profondo vallone de Il Rio.
16- La sommità del terzo ripiano corrispondente alla cima della parete nord del Monte Zampa, a destra, completamente illuminata, la cresta oggetto della salita.
17- La cima della foto n.16 dove ci troviamo noi proietta la sua ombra sotto al Romitorio di San Leonardo, sembra quasi di toccarlo con le mani.
18- Il versante nord del Monte Sibilla con la cresta illuminata dal sole descritta nel nostro itinerario n.34 -2017.
19- Il ripido versante nord-ovest del Monte Zampa dove corre il nostro itinerario n.8 riportato nel mio libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” Anno 2014.
20-Caratteristici massi nel sentiero di discesa  (cerchio rosso nella cartina satellitare).

CARTA
SATELLITARE DEL PERCORSO CON:

GIALLO: Percorso di avvicinamento

ROSSO: Percorso proposto

VERDE: Percorso di discesa




INFERNACCIO – MAI PIU’ COME PRIMA MAGGIO 2017

Vi avevo lasciato alle belle immagini delle cascate delle “Pisciarelle” illuminate dal sole al tramonto e alle forti immagini di distruzione delle frane sulla strada di accesso provocate dal terremoto del 30 ottobre 2016 e della grande slavina nel piazzale delle “Pisciarelle”  ma non ci eravamo addentrati all’interno della valle dell’Infernaccio e non immaginavamo mai di vedere ancora più distruzione, quello che avevamo visto ad aprile non era nulla.

Muniti prima di tutto di casco !!! e di identificazione del Club Alpino Italiano per il monitoraggio di sentieri di montagna, essendo membro della commissione scientifica e sentieri della Delegazione CAI Marche, siamo entrati nella valle dell’Infernaccio percorrendola fino a Capotenna.

Di seguito il reportage fotografico cronologico di ciò che abbiamo visto.

Confesso che le immagini, pur essendo reali, non danno idea di ciò che tra ottobre 2016 e febbraio 2017 è accaduto in questa martoriata valle.

In 40 anni di mie salite nei Monti Sibillini non ho mai visto nulla di simile.

La risalita della valle presenta difficoltà, già per arrivare alle Pisciarelle, come fatto osservare nel precedente reportage, grandi frane sulla strada rendono faticosa e pericolosa la discesa, poi nel piazzale, non essendoci più il ponte di cemento, occorre guadare il fiume su tronchi instabili e scivolosi. Poi bisogna superare la grande slavina con ghiaccio scivoloso e tronchi in grande quantità, ma d’estate dopo lo scioglimento non crea più difficoltà.

Giunti prima della forra dell’Infernaccio il fiume ha cambiato percorso e bisogna di nuovo attraversarlo su massi e tronchi scivolosi.   Giunti poco prima del ponticello metallico, che si è danneggiato di lato ed è senza protezioni laterali ma ha tenuto, un grande masso rende faticoso il percorso (foto n.1). Nella gola, prima di giungere all’uscita della galleria, un grande accumulo di neve ostruisce il sentiero e bisogna salirci sopra per ridiscendere in un tratto di ghiaccio liscissimo, ma anche questa difficoltà sparirà entro l’estate (foto n. 2).

Poco dopo aver superato l’uscita della galleria ed il ponticello con il caratteristico masso piramidale, sulla sinistra scende il fosso di Mèta, qui si nota sul torrione roccioso di fronte la grande frana (foto n.3) staccatasi a seguito del terremoto del 30 ottobre 2016 che ha formato il laghetto situato più in avanti nella vallata, in questo punto un tratto di 150 metri di strada è totalmente sommerso da alberi abbattuti di una valanga scesa dai torrioni dei Grottoni della Priora, la valanga ha superato il fiume ed ha travolto anche gli alberi dell’altra sponda del fiume ma in questo tratto non rimane alcun accumulo di neve (foto n.4) .

In questo punto è caduta una valanga di neve polverosa che essendo meno compatta si allarga di più nello spazio rispetto ad una slavina a lastroni (come quella caduta nel piazzale delle Pisciarelle) per cui si distribuisce in uno spessore minore su una superficie più ampia e quindi essendo anche meno compatta si scioglie prima dell’accumulo molto più compatto della slavina e quindi non lascia tracce più a lungo.

Quindi si percorre la strada di fondovalle senza difficoltà fino a poco prima dell’ampio slargo del Fosso Le Vene dove grandi quantità di pietre bianche indicano la grande frana.

La grande frana (foto n. 5 – 6) si apre alla visione nella sua spettacolare conoide di rocce bianchissime attaccata alla parete rocciosa del lato sinistro della valle.

Anche in questo punto occorre guadare il fiume e raggiungere la base della grande frana per costeggiarla fino al suo termine dove ci si affaccia nel laghetto di acqua azzurra formato dallo sbarramento della frana sul fiume Tenna (foto n. 7 – 8 – 9).

Pur nella spaventosità delle forze della natura che hanno creato questa frana tutto sommato il laghetto è anche un bello spettacolo della natura.

Si costeggia faticosamente tutta la sponda sinistra del laghetto, alla base della frana, su massi e rocce molto instabili e con rischio di caduta di massi dall’alto.

Un fenomeno strano che mi ha colpito è che prima della frana, anche a distanza di circa 100 metri e nel laghetto, come osservabile nelle foto, ci sono dei tronchi di alberi che seppure danneggiati in modi diversi e con i rami totalmente o parzialmente rotti, sono rimasti piantati nel terreno ma praticamente nessuno di essi ha messo le foglie, sembra che anche gli alberi siano rimasti impauriti dalla frana e che non si sono ripresi dallo stato di shock.

In genere gli alberi hanno una grande vitalità ed ho visto più volte che anche se rotti, spezzati o piegati con le slavine riescono comunque a rimettere foglie e nuovi getti.

Si giunge così al Fosso Le Vene e si prosegue sulla strada ancora intatta fino a raggiungere la deviazione per la Forra della Sibilla dove abbiamo trovato uno strano masso descritto di seguito (foto n.10).  Risalendo ancora la strada dopo circa 400 metri ci si imbatte in un altro tratto interessato da un’altra valanga, qui la distruzione è totale, abbiamo impiegato 10 minuti per percorrere solo 200 metri di strada tra alberi abbattuti di tutte le dimensioni (foto 12 – 13).

Percorriamo l’ultimo tratto di strada ancora integro prima di Capotenna quindi speravamo di aver finito di vedere distruzione. Giunti alla spianata di Capotenna invece lo scenario che ci si è aperto davanti è qualcosa di incredibile. La valle è stravolta da piante abbattute di tutte le dimensioni, da semplici arbusti alti un metro a piante ultracentenarie alte decine di metri; tutto a terra nel caos più totale, nella Valle Lunga grosse frane si sono staccate dal versante est di Cima Cannafusto (foto n.14); grandi porzioni di bosco totalmente abbattute ai piedi del versante sud del Pizzo Berro.

Ci guardiamo intorno increduli, ci domandiamo ma che cosa è successo quassù questo autunno e questo inverno.  Osservando la zona dall’alto della collina di sinistra di Capotenna notiamo che sicuramente tale distruzione è causata da almeno tre grandi valanghe di neve polverosa in quanto non vi è praticamente più traccia di accumuli di neve scese dal versante est di Cima Cannafusto per la Vallelunga, dal canale del versante sud di Pizzo Berro e dal Fosso della Cerasa del Pizzo Regina che ha scavalcato anche la sponda del canale stesso scendendo verso Capotenna.

Anche qui notiamo qualcosa di strano come osservabile nelle foto n.17, 24 e 25, generalmente quando cade una valanga gli alberi abbattuti e sradicati sono rovesciati con le cime verso valle nella direzione presa dallo spostamento d’aria e della massa nevosa e con le radici verso monte.

A Capotenna molti alberi abbattuti mostrano tale posizione e molti altri addirittura adiacenti si trovano esattamente nella posizione opposta.

Da questi segni e dalla distruzione osservata sono tentato di supporre che le valanghe che hanno colpito questa vallata siano cadute contemporaneamente forse lo stesso 18 gennaio 2017 (valanga di Rigopiano) in occasione delle tre scosse di magnitudo superiore a 5 che si sono registrate nel corso di una sola mattinata e che lo spostamento di aria generato sia stato talmente elevato che gli alberi si sono mescolati tra di loro, chi cadeva in un verso e chi cadeva nel verso opposto. 

Analizzando la zona con le immagini satellitari di Google Earth ho ipotizzato i percorsi delle tre valanghe che si sono abbattute a Capotenna (foto n. 30) ed ho notato che tutte e tre hanno raggiunto la zona di fondovalle nei pressi della captazione dell’acquedotto dove abbiamo notato la maggiore concentrazione di alberi abbattuti posizionati in versi opposti.

Girovaghiamo un po’ nella zona, ci imbattiamo in una roulotte di pastori (foto n.27) sventrata dalla furia di una valanga, nella sommità del colle che sovrasta a sinistra il lungo muro della captazione in muratura dell’acquedotto del Tenna troviamo addirittura un sinkhole (foto n. 23) ossia una voragine circolare sul terreno profonda 4 metri e larga circa 6 metri di come quelle che si sono aperte nel Piano Grande di Castelluccio prodotta dal crollo del tetto di una cavità sotterranea a seguito dei vari terremoti. 

Quest’anno la natura si è proprio accanita con i nostri meravigliosi Monti Sibillini.

L’Infernaccio non è più la meta estiva domenicale di centinaia di persone, di intere famiglie, l’Infernaccio non sarà mai più come prima.

Ricordo che attualmente la strada per l’Infernaccio è sbarrata dopo circa un chilometro da Rubbiano quindi il parcheggio di Valleria non è raggiungibile in auto e vige il divieto assoluto di accesso su tutta la valle.

A causa dei pericoli oggettivi che ancora gravano nell’intera valle e delle grosse difficoltà di percorrenza del sentiero (strada) Pisciarelle – Infernaccio – Capotenna è assolutamente sconsigliato percorrere tale itinerario.

1 – Il “piccolo” masso nel sentiero dell’Infernaccio poco prima di scendere al ponte di metallo

2 – Accumulo di neve di slavina che occupa il sentiero e parte del torrente, ci obbliga a passare sopra.

  1. Il torrione destro orografico del Fosso Le Vene con la grande frana che ha formato il laghetto.

4-Il tratto di strada dopo la galleria interessato dalla slavina, alberi abbattuti a destra e sinistra del fiume.

5-La frana del torrione destro orografico de Le Vene, sullo sfondo il torrione sinistro.

  1. Le proporzioni della frana.

7 – 8 – Il laghetto dell’Infernaccio formato dalla frana del terremoto del 30 ottobre 2016.

9 – Il laghetto con i tronchi degli alberi spogli rimasti piantati nel terreno.

Ad un certo punto, nella biforcazione della strada che va a Capotenna con il sentiero  che scende verso la Forra della Sibilla o Arcofù,(foto n.11) abbiamo notato un grande masso appoggiato a dei faggi proprio di lato della strada che a mia memoria non c’era prima.

Osservando bene il grande masso, delle dimensioni di circa 1,7 x 1,2 e 1,5 metri di altezza, esso presentava un evidente lato grigio e con licheni  esposto agli agenti atmosferici e gli altri cinque lati di colore bianco chiaro con tracce di polvere bianca che indicavano che erano i lati non esposti agli agenti atmosferici e quindi interni alla parete rocciosa da cui si è staccato di cui uno con della terra nera fortemente attaccata, il lato che aveva toccato terra nella caduta.

Ci siamo domandati : 

  • da dove era caduto il masso se verso valle le pareti rocciose distano circa 50 metri e siamo a 10 metri sopra il livello del fiume e verso monte ci sono 300 metri di bosco fitto ?
  • aveva compiuto un salto nel vuoto fino a quella distanza dalle pareti ?

Verso valle (verso il fiume), ad un dislivello dal fiume di circa 10 metri, ad una distanza dal masso  di circa 1,5 metri abbiamo trovato un grande cratere di impatto della profondità di circa 1 metro e della larghezza di circa 2,5 metri, parzialmente sommerso dalle foglie secche, che indica che il masso è caduto dalle pareti di lato del fiume, sicuramente a causa del terremoto dell’ottobre 2016.

Non è quindi possibile che, cadendo dalle pareti,  ha rotolato dal fiume ed è risalito di 10 metri sulla sponda opposta ma è arrivato fino a quel punto per caduta libera nel vuoto dall’alto delle pareti e che toccando terra alla velocità di caduta è rimbalzato arrivando nella posizione attuale.

Ho stimato che il masso di calcare (carbonato di calcio con densità di 2.4 – 2.7 t/m3), delle dimensioni di circa 3 metri cubi, ipotizzando una densità media di 2,5 t/m3 ,pesa circa 7,5 tonnellate 

Tramite Google Earth ho ritrovato la zona e per curiosità ho ricostruito graficamente la sezione della valle e la traiettoria di caduta del masso. Ho visto che in quel punto le pareti rocciose sono alte circa 250 metri ipotizzando che il masso si è staccato da quell’altezza anche se credo abbia rotolato da molto più in alto, mi sono divertito a calcolare la velocità nel momento dell’impatto, il calcolo, seppure approssimato, mi ha portato ad una valore di circa 250 km/h. 

Pensate di essere nel sentiero e che d’un tratto dal cielo vi cade davanti un masso di 7,5 tonnellate  alla velocità di 250 km/h …….. che bella esperienza !!!

10 – il grande masso caduto ai lati della strada

11- Forra della Sibilla o Arcofù, per la presenza di un arco di roccia (in alto), anch’essa interessata da conoidi di frane (in basso).

12 – 13 – Il secondo tratto di strada distrutto da una valanga; per percorrere 200 metri abbiamo impiegato 10 minuti !!!

14- Il versante est di Cima Cannafusto con alcune grandi frane prodotte dal terremoto in alto e le conoidi di detriti in basso, nella fascia mediana di ginepri segnata dalle frecce corre il sentiero descritto nell’itinerario n.9 dopo l’uscita del mio secondo libro .

15- La spianata di Capotenna, è rimasto un solo albero !!!!

16- Le dimensioni dell’ultimo albero di Capotenna.

17 – 18- La spianata di Capotenna con alberi secolari abbattuti dalle valanghe, alcuni posizionati in versi opposti

19 – 20- Capotenna vista dalla collina a sinistra della captazione .

21- La parte terminale del canale del versante sud di Pizzo Berro con gli evidenti segni della valanga.

22- Il bosco sottostante il versante sud di Pizzo Berro “tagliato” dalla valanga.

23- Il Sinkhole profondo circa 4 metri e del diametro di 6 nella sommità della collina sopra a Capotenna.

24-25- esempi di alberi abbattuti dalle valanghe e posizionati in versi opposti.

26- Il casale Rosi con le pareti crollate con il terremoto.

27- La roulotte dei pastori sventrata dalle valanghe.

28- Difficili passaggi tra le centinaia di alberi abbattuti di tutte le dimensioni

29- Quel che rimane della fontanella di Capotenna, rovesciata e spostata ma almeno il tubo ancora porta acqua.

30- Il percorso ipotizzato delle tre grandi valanghe che hanno colpito Capotenna.

In rosso la valanga del versante est di Cima Cannafusto, in Giallo la valanga del canale sud di Pizzo Berro ed in verde la valanga del canale della Cerasa del Pizzo Regina (Monte Priora), tutte e tre convogliano a Capotenna da direzioni diverse.

GIANLUCA E FAUSTO  MAGGIO 2017