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LA GROTTA DELLA ROSA – MONTE CACAMILLO.

Luogo praticamente sconosciuto in quanto non riportato sia sulla cartografia che sulla bibliografia dei Monti Sibillini ma solo tramandato verbalmente dagli anziani della zona. La Grotta della Rosa è in realtà una alta cavità ma profonda solo pochi metri, situata a mezza quota al termine di una grande cresta rocciosa (faglia) che scende ripida nel versante Nord del Monte Cacamillo, in un luogo alquanto impervio e di difficile accesso. Secondo i racconti fu infatti utilizzato anche come nascondiglio dai Partigiani della vallata di Acquacanina-Bolognola durate la seconda guerra mondiale proprio per la sua difficoltà di accesso. Il suo nome deriva dal colore delle rocce della formazione geologica a Scaglia Rossa che la creano.

ACCESSO: La Grotta è stata raggiunta dalla Valle di Rio Sacro. Si percorre la Strada Provinciale n.47 che dal Lago di Fiastra sale verso Bolognola. Si raggiunge il comune di Acquacanina con le sue varie frazioni quindi dopo la frazione di Oppio si supera il fontanile presente al lato sinistro della strada e la frazione di Vallecanto, dopo circa 300 metri in una diretta si incontra il tratturo chiuso con sbarra che scende a destra con indicazione per la Valle di Rio Sacro dove si parcheggia (351965,6 E – 4764318,5 N; 770 m.).

DESCRIZIONE: Si scende per la strada chiusa fino al ponte sul Fiastrone quindi si riprende a risalire la valle fino a superare il punto di salita per la Grotta dello Scortico, già descritta nel sito, si prosegue e si giunge ad un ponticello di cemento dove il Rio Sacro forma un laghetto (351126,5 E – 4762277,1 N; 810 m; 30 minuti dall’auto).

Dal ponticello si percorrono 50 metri e si trova sulla sinistra della strada un omino di pietre che indica l’inizio di un vecchio sentiero che sale nel bosco. Il sentiero dopo pochi metri si fa subito ripido e sale verso sinistra (secondo omino di pietre) per condurre all’interno di un canale detritico all’interno del bosco che scende ripido sulla strada poco dopo il ponte ma che non è consigliabile risalire per il fondo sconnesso. Il canale è chiuso ai lati da paretine rocciose molto ripide, giunti quasi al suo termine si nota nel lato roccioso sinistro l’unico passaggio possibile che permette di superare il canale (2 omini di pietre che segnalano l’imbocco del sentiero).

Si prosegue nel sentiero che, sebbene non frequentato da anni, risulta sufficientemente visibile all’interno del bosco e che sale con numerosi tornanti in successione. Dopo circa 40 minuti di salita si incontrano incredibilmente anche due piattaforme di vecchie carbonaie. Quindi poco sopra si intercetta una lieve traccia che proviene da destra dalla Fonte Cereseto.

Proseguendo in ripida salita il bosco si impenna e si dirada permettendo all’erba di crescere facendo cosi perdere le tracce del sentiero. Si prosegue per altri 15 minuti sempre in salita accostandosi verso sinistra a costeggiare un ampio canale formato da recenti slavine che hanno distrutto una grande porzione di bosco. Giunti a circa 200 metri dal termine del bosco (351461,6 E – 4762113,7 N; 1050 m.) si traversa in quota verso sinistra nel tratto distrutto dalle slavine, con molta difficoltà a causa degli arbusti e piante divelte, in direzione della cresta rocciosa opposta dove si intravede già l’alto scoglio denominato “La Rosa”. Raggiunta la base della cresta rocciosa, in almeno 20 minuti di difficoltà, si deve trovare il punto più adeguato, meno ripido, per raggiungere la sua sommità, questo è il tratto chiave che ha presentato le maggiori difficoltà di salita per la ripidità, orientamento e prosecuzione. Giunti alla cresta si deve trovare quindi un punto dove il bosco prosegue sotto di essa e che permette di scendere in modo più sicuro dal versante opposto (351522 E -4762242,4 N; 1090 m.). Trovato il passaggio si prosegue ancora per 100 metri in quota tra alberi e ripidi prati fino a raggiungere, in altri 30 minuti (tempo totale di salita 2,15 ore e 5,2 chilometri di sviluppo), una seconda cresta rocciosa oltre la quale si apre la Grotta della Rosa. qui abbiamo notato una traccia, forse creata dagli animali, che ci ha condotto sotto al grande scoglio di roccia rossa che forma la grotta (351588,1 E – 4762271,8 N; 1150 m.). Questo ultimo tratto prevede la traversata su erba molto ripida e scivolosa (falasco) ma la presenza di alberi ci ha permesso di effettuarla in cordata utilizzando appunto gli alberi come punti di ancoraggio per una maggiore sicurezza.

DISCESA: Stesso itinerario di salita, per chi vuole ripercorrere l’itinerario senza difficoltà di orientamento almeno nel tratto di bosco danneggiato dalle slavine si consiglia di legare in modo ben visibile su alberi nei passaggi chiave delle strisce bianco-rosse tassativamente da rimuovere al ritorno.

1 – 2- La strada di Rio Sacro dopo il ponticello di cemento e l’omino di pietre visibile sul lato sinistro della strada che segna il punto di salita.
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3- Gli omini di pietra al termine del canale detritico segnano il passaggio sulle rocce di sinistra da cui inizia il sentiero che abbiamo trovato nel bosco.
4 – 5 – Il vecchio sentiero all’interno del bosco, ancora ben visibile nella parte bassa.
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6- La prima carbonaia con ancora dei frammenti di carbone a terra.
7- L’ultimo ripidissimo tratto di bosco prima di iniziare la traversata nel canale delle slavine.
8- Il tratto di bosco distrutto dalle slavine, sullo sfondo a destra il Pian Tertena e al centro il Monte La Banditella.
9 – 10- Il ripidissimo tratto di bosco distrutto dalle slavine.
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11- La ripidissima cresta rocciosa che si raggiunge dopo aver superato il tratto di bosco delle slavine.
12- Siamo in vista dello Scoglio della Rosa.
13 – 14 – Il superamento in cordata dell’ultimo tratto erboso molto scivoloso.
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15- Finalmente giunti sotto al grande scoglio, sullo sfondo il Monte Fiegni.
16 – 17- 18- 19 – La grande cavità poco profonda della Grotta della Rosa.
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20- La parte superiore dello scoglio che forma la Grotta della Rosa.
21- Veduta dall’interno della grotta con le pendici Est del Monte Val di Fibbia, a sinistra tra luce e ombra si nota lo scoglio che forma la Grotta dello Scortico.
22- Veduta dall’interno della grotta con le pendici Sud del Monte Val di Fibbia con la fascia di rocce a monte dei Cascinali.
23- Veduta dall’interno della grotta con la cima del Monte Val di Fibbia e la punta rocciosa de ” il Sasso” a destra.
24 – 25 – La parete laterale ovest che forma la grotta mette in evidenza la sua altezza.
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26 – Veduta del versante Sud-est del Monte Val di Fibbia dalla grotta.
27- Veduta del versante Sud del Monte Val di Fibbia dalla grotta con la zona dei Cascinali nel vertice in basso a sinistra.
28- Veduta dello Scoglio della Grotta della Rosa dall’inconfondibile interno della Grotta dello Scortico posta di fronte ma più a bassa quota.
29- A sinistra l’evidente Scoglio della Rosa situato a circa metà della faglia che scende dal versante Nord del M Cacamillo visto da Sasso di Monte Val di Fibbia, da sinistra il M. Cacamillo, M. Pietralata e M. Rotondo
30- L’itinerario di salita alla Grotta della Rosa visto da Sasso di Monte Val di Fibbia.
31- Pianta satellitare del solo percorso di salita, in rosso
32- Pianta satellitare dell’intero percorso di raggiungimento + salita.



VALLE DI RIO SACRO e IMBUTO DEL MONTE CACAMILLO

Tra Lookdown, neve fresca e vento forte, non siamo riusciti a fare delle uscite in quota ma ci siamo limitati a fare qualche giro classico in vallate riparate.

La prima escursione si è svolta nella Valle di Rio sacro dove abbiamo percorso con le ciaspole tutta la valle e visitato la zona dei Cascinali con i ruderi della vecchia Badia di Rio Sacro e la Grotta dello Scortico.

Vorrei sottolineare che, come anche indicato nel mio libro IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI, i Cascinali sono delle piccole costruzioni che costituiscono un villaggio realizzato ed usato anticamente d’estate dai pastori di Acquacanina e non è l’unico nel suo genere perché un villaggio simile fu realizzato anche a Prato Porfidia nella Valle dell’Ambro.

Altri colleghi indicano invece erroneamente, nella bibliografia ufficiale, che il villaggio di pastori di Prato Porfidi è l’unico del suo genere dei Monti Sibillini.

La seconda escursione si è svolta nella parte mediana del Monte Cacamillo dove, dalla Centrale idroelettrica di Bolognola, siamo saliti per un comodo sentiero a tornanti poco conosciuto che costeggia la condotta forzata fino al canale di alimentazione della centrale (Casetta Piemà) e all’imbuto del versante Nord del Monte, denominato localmente “Buggero” ad osservare il grande accumulo di neve che si è formato a causa delle numerose slavine distaccate dal rialzo delle temperature provocato dal forte vento.

La terza escursione l’ho effettuata dopo diversi mesi, a Maggio per osservare la trasformazione che subisce con il tempo l’accumulo di neve nell’imbuto Nord del Monte Cacamillo visitato tra un Lookdown e l’altro.

RIO SACRO (Si veda anche il reportage fatto nella primavera del 2020)

1- La Grotta dello Scortico con il grande muro a secco di cinta.
2- Foto di gruppo davanti alla Grotta dello Scortico
3- Finalmente si è riformata la sorgente dentro alla grotta, erano anni che era asciutta.
4- E anche la sorgente situata all’esterno della grotta, nei pressi del suo ingresso.
5- L’ingresso della grotta posto di lato al grande muro a secco di cinta esterno costruito nei secoli dai pastori che frequentavano la grotta.
6 – 7- Senza le sterpaglie che crescono d’estate abbiamo anche ritrovato due cascinali ancora integri.
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8- I ruderi di un cascinale sopra al poggio costruito sui ruderi della millenaria Badia di Rio Sacro.
9- La porta del cascinale della foto n.8, liberato dai rovi, reca ancora, a sinistra, il ricordo della chiesa di Rio Sacro.
10- La parte più stretta della Valle di Rio Sacro, poco dopo i Cascinali.
11- In alto il caratteristico scoglio denominato La Balza dell’Aquila.
12- Lo slargo del tratto finale della strada di fondovalle prima della deviazione per il Poggiolo ed il Casale Gasparri.

IMBUTO DI MONTE CACAMILLO DALLA CENTRALE DI BOLOGNOLA

1- La centrale idroelettrica di Bolognola e la condotta forzata, al lato sinistro sale il sentiero per Buggero.
2- Il sentiero oltre la Centrale.
3- Il primo tratto gelato del canale di alimentazione della centrale.
4- Il tratto mediano del canale più assolato e libero dal ghiaccio
5- L’ultimo tratto scoperto di canale, oltre questo punto passa sotto terra.
6- Prime slavine nel canale del versante Nord di Monte Cacamillo.
7- Ramarro (Lacerta viridis) congelato
8 – 9- L’imbuto di Buggero con un enorme accumulo di oltre 30 metri di neve.
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10- Anche la cascata di oltre 20 metri che si trova proprio dentro all’imbuto è coperta dalle slavine, erano diversi anni che non si vedeva un accumulo simile.
11- Alcune delle slavine che si sono staccate dal versante Nord di Monte Cacamillo.
12- Il Monte Coglia, versante del Rio Sacro, visto dal canale della centrale.

Sono ritornato nell’imbuto del Monte Cacamillo (Buggero) nel mese di Maggio a vedere lo strano fenomeno di trasformazione che subisce il nevaio con il tempo dove emerge lentamente in superficie tutta l’erba, foglie, rami e tronchi, aventi meno densità della neve compatta, trascinati d’inverno, dalle numerose slavine fino a ricoprire totalmente l’accumulo di neve. Scavando sotto lo strato di erba secca superficiale è presente neve pura totalmente bianca senza alcuna traccia di erba o foglie secche.

13- Il nevaio di Buggero a Maggio nel suo completo visto dal canale della centrale.
14- Il canale della centrale visto dal nevaio
15 – 16- Sulla sommità del nevaio è emerse la cascata.
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17 – 18 – 19- La parte mediana del nevaio
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20 – Sotto l’erba neve bianchissima.
21- Dettaglio dell’accumulo superficiale di erba secca.
22 – 23- La parte superiore della cascata si inabissa in un pauroso crepaccio dentro al grande nevaio.
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UN ASSURDO GIRO A MEDIA QUOTA NEL MONTE COGLIA

Premessa: Il percorso descritto di seguito, effettuato il 14 luglio 2018, è destinato esclusivamente ad escursionisti molto esperti che conoscono già la zona.

E’ un percorso che
presenta difficoltà di percorrenza in alcuni tratti ripidi rocciosi ed erbosi ma
soprattutto è un itinerario che mette a dura prova le capacità di orientamento
di coloro che avranno il coraggio di ripercorrerlo, si svolge per gran parte
attraversando tratti arbustivi intricati, in molti tratti bisogna andare “a
senso” senza alcun itinerario tracciato, si trova in una zona selvaggia e di
difficile raggiungimento che metterebbe in difficoltà anche eventuali
soccorritori.

Insomma non è un
itinerario dove si va “tanto per provare” le proprie capacità ma necessita di
una adeguata preparazione preventiva.

Con ciò riporto la
descrizione di tale itinerario solo a titolo di cronaca esonerandomi dalla
responsabilità nei confronti di chiunque voglia ripeterlo senza la dovuta
esperienza mettendosi in condizioni di difficoltà e rischio, per questo motivo
e perché qualcuno (senza fare polemiche o nomi) non gradisce  che si aprano nuovi percorsi per far
conoscere più approfonditamente i Monti Sibillini, abbiamo deciso di non
lasciare alcuna segnalazione lungo il percorso, ne ometti di pietre ne bolli di
vernice o altri segnali indelebili che possano facilitarne la percorrenza.

            Soprattutto
l’intenzione principale è quella di dimostrare agli appassionati che la
montagna è un mondo difficile e rischioso, dove bisogna mettere in gioco le
proprie capacità psichiche e fisiche e la dovuta esperienza, anche negli
itinerari, come questo che si svolge su pendii mediani della montagna, e non
sulle alte cime e creste, che a prima vista sembrano banali e senza alcun senso
e quindi senza alcun rischio.

            La
montagna è un mondo che necessita di persone disposte all’impegno mentale e fisico
prolungato  e soprattutto che hanno una
immensa voglia di scoprire ed esplorare questo meraviglioso pianeta che abbiamo
a disposizione anche a costo di sacrifici fisici e anche di mettersi di fronte
a dei rischi.

            Uno
dei motivi per cui abbiamo percorso questo itinerario selvaggio e di difficile
percorrenza è, oltre alla nostra esigenza di confrontarci con le difficolta
della montagna, di interesse botanico.

Durante il tragitto
abbiamo infatti trovato delle stazioni di due specie botaniche piuttosto rare.

1- Allium flavum

Accesso: L’itinerario prevede come base di partenza
la frazione di Meriggio di Acquacanina, posta sul versante orografico sinistro
del fiume Fiastrone, dove è presenta anche la Abbazia di Santa Maria di Rio
Sacro attualmente gravemente danneggiata dal terremoto dell’ottobre 2016.

La frazione si raggiunge
dal Capoluogo del Comune di Acquacanina, Pie di Colle, seguendo le indicazioni,
mediante la strada che scende al fiume per poi risalire nel versante opposto.

 Raggiunto il nucleo abitato (si fa per dire,
gran parte delle abitazioni sono danneggiate) si parcheggia l’auto in uno
spiazzo in corrispondenza di una fontana sulla destra (350935,3 E – 4765380,5
N; 705 m.).

Descrizione: Si percorre la strada interna che
attraversa la frazione e 100 metri prima di arrivare all’ultima casa si prende
un tratturo sulla sinistra che in lieve discesa, si dirige verso sud (351006,8
E – 4765350,4 N; 715 m).

Si segue il tratturo
superando alcuni tratti franati dove si trasforma in un sentiero.

Dopo circa 700 metri il
tratturo devia verso ovest entrando nel versante nord-est del Monte Coglia.

Dopo altri 150 metri si
incontra una deviazione (351315,1 E – 4764958, 8 N; 715 m) , a destra si sale
verso il cosiddetto “Casco di Coglia” o “Balzo Pisciatore” una piccola cascata
che si raggiunge in 10 minuti di salita.

A sinistra invece ci si
addentra nel boscoso fosso, si supera un piccolo torrente e si risale il
versante opposto, attraversando con attenzione un ennesimo tratto franato fino
a raggiungere un campo sottostrada ormai incolto caratterizzato all’ingresso da
un grande palo di legno forato che formava probabilmente un lato di un
cancello.

            Si
segue sempre l’evidente tratturo che lentamente, in costante salita, e sempre
all’interno di tratti boschivi,  passa di
fronte alla frazione di Vallecanto (fontana di Acquacanina) nella zona
denominata “Cocorozzo” e gira versante immettendosi in quello della Valle di
Rio Sacro.

2- La Fonte della Pernice con i depositi travertinosi laterali ormai asciutti.

            In altri 30 minuti si raggiunge una zona aperta caratterizzata da tratti rocciosi ripidi con vegetazione arbustiva alternata a tratti erbosi aridi, in questa zona abbiamo ritrovato una rigogliosa stazione di Allium flavum dalla corolla gialla piuttosto raro nel gruppo dei Monti Sibillini.

Si rientra nel bosco ed in altri 10
minuti si raggiunge un luogo storico e magico, la “fonte della Pernice”, già
descritta nel mio libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” Anno 2014, itinerario
n.1, riportata anche in alcune carte topografiche ma non raggiunta da alcun
itinerario descritto nella bibliografia ufficiale dei Monti Sibillini (351430,5
E – 4763461,8 N; 960 m.).

Non ci si immagina che in
un luogo cosi isolato e dimenticato e di alcun interesse ci possa essere una fontana
così  grande.

Basta conoscere la storia
della valle per capire il motivo della presenza di una così importante fontana,
essa si trova nel sentiero percorso per centinaia di anni che da Acquacanina
conduceva nella  valle di Rio Sacro dove era
presente fin dall’anno 1100 un monastero Benedettino di cui rimangono ancora
dei ruderi ma ormai totalmente ricoperti dalla vegetazione  e dove, fino a 60 anni fa questo tratturo era
percorso dai pastori di Acquacanina che d’estate conducevano le loro greggi nei
cosiddetti “cascinali” casette estive di ricovero (assimilabili ad un locale
alpeggio) anch’esse ormai ricoperte dalla vegetazione e dall’ignoranza di chi gestisce
queste zone che probabilmente non sa neppure della loro esistenza.

            La
fonte, ormai asciutta, è caratterizzata ai lati da grandi depositi travertinosi
di calcare detto localmente “pietra spugna” ad evidenziare l’elevata quantità
di calcare disciolto nell’acqua.

            Questo tratto di
percorso descritto non presenta alcuna difficoltà , anzi, considerata la sua
importanza storica, è consigliato e può essere percorso da chiunque, volendo,
dalla fonte,  si prosegue l’evidente
sentiero per scendere, con alcuni tornanti, fino al torrente di Rio Sacro. (vedi
descrizione riportata nel mio libro come indicato sopra).

3- Il tratto nella zona rocciosa di scaglia rossa scivolosa con Lecci.

Raggiunta la strada di
fondovalle che costeggia il fiume si consiglia di ritornare indietro per lo
stesso itinerario in modo da non allungare di troppo il tragitto.

Per chi invece ha
veramente tanta voglia di mettere alla prova le proprie capacità tecniche e di
orientamento in montagna (rileggere attentamente la premessa), dalla fontana si
ritorna indietro per circa 200 metri (351557 E – 4763627,5 N; 985m.) fino a
raggiungere la zona rupestre erbosa aperta, qui si lascia il sentiero e si sale
in verticale in direzione delle rocce rosse poste circa 200 metri di dislivello
sopra al sentiero e che diagonalmente, dalla valle di Rio Sacro, salgono verso
il versante est della montagna.

Faticosamente, senza
tracciato, in circa 30 minuti, superando ripide zone rocciose e tratti
arbustivi,  si intercetta una traccia di
sentiero (vedi descrizione riportata nel mio libro come indicato sopra) ma che
si ignora, tuttalpiù va tenuta in considerazione come possibile via di ritorno
in caso di difficoltà.

Proseguendo ancora per
intricati tratti alberati si raggiunge la fascia rocciosa di scaglia rossa che
in realtà rappresenta una faglia geologica che ha generato anche alcune scosse
sismiche di magnitudo non superiore al 4 durante la crisi sismica dell’Ottobre
2016, da dove iniziano le difficoltà tecniche (351168 E – 4763694,4 N; 1190 m.).

Qui, alla base delle
rocce, si individua una lievissima traccia probabilmente prodotta dal transito
di animali (dubito che negli ultimi 20-30 anni sia passato qualcuno) che segue
fedelmente la faglia, dapprima salendo ripidamente nel pendio roccioso quindi
in piano, attraversando tratti rocciosi e alberati molto ripidi, giunge nella alberata
cresta est che dalla Punta (o Sasso) di Coglia scende verso Vallecanto di
Acquacanina denominata “Costa Acquarda”.

La traccia gira oltre la
Costa Acquarda per immettersi nel boscoso versante del grande imbuto est del
Monte Coglia, ad una quota di circa 1200 m.

Qui, oltre alle
difficoltà tecniche, iniziano anche quelle di orientamento (N.B.)

Infatti, ben presto,
all’interno del bosco, la traccia scompare totalmente in corrispondenza di
tratti erbosi ripidissimi (falasco) ad alto rischio di scivolamento, è consigliabile
l’uso di una piccozza.

Nella zona è presente una
stazione di Dictamnus albus, specie botanica rara nei Monti Sibillini.

Si traversa il ripido
pendio nord – est alternando tratti alberati con tratti erbosi scendendo di
pochi metri fino ad intercettare un canale aperto il cui bordo opposto è
formato da una fascia rocciosa diagonale che obbliga a scendere fino alla sua
base dove si ritrova la lieve traccia di percorso (350806,6 E – 4763851 N, –
1195 m.), fino a questo punto è possibile una scappatoia verso l’alto (vedi
foto n.6-7).

La traccia prosegue in un
tratto boscoso caratterizzato dalla presenza di Lecci costeggiando pareti di
scaglia rossa, (foto n.3) qui è necessario fare molta attenzione in quanto il
ripidissimo terreno trattenuto dalle piante non è compatto ed è molto scivoloso
ed una perdita di equilibrio in questo tratto potrebbe mettere in serio
pericolo l’escursionista e non vi è possibilità di scappatoie di emergenza.

La traccia quindi scende
e continua per altri 300 metri in quota sempre tra alberi e tratti rocciosi fino
ad uscire dalle difficoltà, in breve ci si addentra in un ripido bosco misto caratterizzato
dal fondo detritico, con alberi sempre più alti tra cui Tigli oltre a grandi
esemplari di Taxus baccata.

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4 – 5 Il versante est del Monte
Coglia – M. Val di Fibbia con, in rosso, il percorso effettuato.

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Osservando bene nel bosco
si nota una vecchissima traccia di sentiero che, con numerosi tornanti, scende
collegando tra loro numerose piazzole di antiche carbonaie dove è possibile
trovare ancora del carbone, nel bosco si ha di nuovo una scappatoia verso
l’alto in caso di difficoltà (vedi foto n.6-7).

Sempre in discesa si
raggiungono le ultime due piazzole e, dal bordo di quella di sinistra, parte in
piano un sentiero molto più evidente.

(Più in basso di questo
punto dovrebbe trovarsi l’imbocco di un sentiero che scende verso il Colle di
Meriggio e quindi alla frazione dove si è lasciata l’auto ma nel giorno della
traversata non è stato ritrovato, sarà nostra cura in futuro percorrere in
salita il sentiero che parte dal cimitero di Acquacanina nei pressi della
frazione di Meriggio e sale al Colle di Meriggio per trovare il punto di
collegamento).

Lo si percorre in lieve
discesa fino ad un cambio di versante dove si scopre il vallone che scende dal
Monte Val di Fibbia denominato Valle Trocca ed in alto il rimboschimento a
conifere della cesta sommitale del  Monte
Coglia.

Il sentiero si trasforma
in breve in un tratturo, si dirige verso la Valle Trocca e, dopo aver superato una
piazzola con addirittura una panchina realizzata con un grande tronco di legno,
percorre tutto il lungo versante opposto denominato “Le Coste”, ed in 30 minuti
si intercetta la strada che da Fiastra sale verso il ripetitore del M. Coglia
nella zona denominata “Coldefora”.

Dalla strada si scende in
breve alle prime case e quindi all’abitato di Trebbio di Fiastra (altri 20
minuti).

Da Fiastra si scende per
la strada che porta al Lago e subito al termine dei giardini pubblici si scende
a destra per un tratturo sconnesso fino ad intercettare la strada asfaltata in
prossimità della frazione Boccioni.

Quindi percorrendo sempre
la strada asfaltata in 30 minuti si raggiunge la frazione di Meriggio di
Acquacanina.

L’intero giro è lungo
poco più di 12 chilometri e con “soli” 500 metri di dislivello in salita.

(N.B.) In caso di difficoltà di
orientamento o di traversata salire in verticale il pendio alternato a bosco ed
erba o il bosco successivo fino a raggiungere la sommità della Punta di Coglia
anche se allungherete di molto il tragitto almeno uscirete su pascoli erbosi
aperti dei Piani di Coglia (350311,1 E – 4763461,3 N; 1500 mJ che
vi permetteranno la visione del tragitto di uscita.

Dai Piani di Coglia a qui
si scende in direzione nord per prati caratterizzati da numerosi alberi isolati
al Casale di Coglia (349667,5 E – 4764044,6 N; 1245 m.) nei pressi di Fonte
Trocca da cui per comoda strada in piano sempre in direzione nord conduce in 30
minuti alla Fonte Pozzo di lato alla strada Fiastra – Monte Coglia.

Percorrendo in discesa la
strada si raggiunge, in 40 minuti, l’abitato di Fiastra.

Evitare Assolutamente di scendere istintivamente all’interno dell’imbuto perché il terreno è troppo ripido e scivoloso e poche centinaia di metri sotto al percorso ci sono alte pareti rocciose.

GIANLUCA CARRADORINI, FAUSTO SERRANI.  14 Luglio 2018

6

6 – 7- Il versante nord- est
del Monte Coglia con  il percorso
effettuato in rosso e quello da seguire in caso di difficoltà in arancio.

7
8- Il versante nord- est del Monte Coglia con  il percorso effettuato in rosso e quello da seguire in caso di difficoltà in arancio.