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LA GRANDE FRANA DELLA VALNERINA

Questo che propongo non è, come di mio consueto, un itinerario escursionistico o alpinistico ma un pellegrinaggio alla scoperta di una delle maggiori manifestazioni di distruzione che ha prodotto il terremoto del 26 ottobre 2016 nella Vallata di Visso e credo che non ci sia mai stata una manifestazione simile in tutta Italia.

La grande frana della Valnerina si apre agli occhi del visitatore in tutta la sua spaventosità dopo circa 800 metri dall’ultimo edificio di Visso, un ex ristorante costruito sotto una parete strapiombante a destra della strada e chiuso da anni dopo un incendio.

Percorrendo la strada (sbarrata e con divieto di accesso ma senza presidio di forze dell’Ordine come per l’ingresso a Visso) si arriva in 10 minuti sotto alla parete rocciosa da dove si è staccata una massa di roccia enorme e incredibile .

Del resto non è possibile non vederla, la strada scompare sotto un verde lago formato dallo sbarramento di metri e metri di rocce e massi grandi come un’auto caduti a valle che ne interrompono il percorso.

Ci accorgiamo che altri prima di noi si sono avventurati ai piedi della frana, numerose tracce di stivali si perdono più avanti nel fango della strada, probabilmente pescatori che hanno approfittato del lago che si è formato per andare a pesca.

Un altro aspetto che mi ha colpito è stata la quantità di polvere ancora attaccata alle piante nella parte di tronco rivolta verso la frana , nonostante sono passati quasi 5 mesi invernali, con pioggia e neve, pensate con quale onda d’urto la polvere prodotta dalla caduta della frana si era attaccata tenacemente ai tronchi.

L’itinerario finisce qui, ma si sta dei minuti a guardare tale spettacolo, se lo vogliamo chiamare così, in totale silenzio, non si riesce a parlare, a dire nulla, si osserva la distruzione che il sisma ha creato senza avere la forza di fare commenti.

Poi quando si è leggermente assimilato lo shock si pensa a chi poteva passare in auto di li l’attimo in cui è crollata la parete o semplicemente essere li durante la scossa come spettatori di questa catastrofe della natura nel punto dove ho immortalato il mio incredulo amico Fausto.

Solo chi osserva questi terribili spettacoli prodotti dalla natura riesce a capire che significa subire un terremoto.

Forse sarebbe opportuno portare li qualche nostro politico per farlo rendere conto in che stato di disagio ed abbandono viviamo.

Poi piano piano riusciamo a muoverci, ci guardiamo intorno, saliamo un costone roccioso per vedere dall’alto il lago che si è formato, è addirittura bello, di un colore verde smeraldo.

Dallo sperone roccioso ci rendiamo ancora di più conto della distruzione operata, la strada scompare sotto a qualche metro di verde acqua e a forse una decina di metri di rocce.

Vedere il guard-rail, l’asfalto e il muro di contenimento laterale che, come in una prospettiva pittorica, convergono e si inabissano nel lago per scomparire nel nulla è una immagine che non dimenticherò mai.

Chissà quando potremo ripercorrere la strada con le auto, forse mai.

Poi lentamente, e confesso, con una certa commozione, ci incamminiamo verso Visso.

Nonostante è mattino presto, lungo la strada ci vengono incontro due Vigili del Fuoco, con timore ci prepariamo a confessare il nostro incauto gesto e ad una eventuale multa se non addirittura ad una denuncia, da buoni Italiani cerchiamo di trovare un compromesso…. gli regaliamo uno dei miei libri o che altro………….

I due Vigili si avvicinano e con nostro stupore ci chiedono “dov’è la frana?”, erano due Vigili del Nord Italia che volevano vedere anche loro questo terribile spettacolo della natura.

Così, senza dirci altro, noi, trattenendo a stento una risata liberatoria, ritorniamo verso Visso e loro scendono la strada verso la frana.

Termina così questa nostra mattinata di sgomento.

Anche per divagare un po dai drammi del terremoto è interessante è sapere che nella prima parte della valle attraversata a piedi cresce una rarissima pianta, la Ephedra nebrodensis, una pianta antichissima relitto dell’era terziaria caratterizzata da lunghi rami senza foglie.

Descrizione:

EPHEDRA NEBRODENSIS 

Famiglia: Ephedraceae

Descrizione: Piccolo arbusto dioico alto 20-150 cm. I rami sono legnosi, contorti, con corteccia roseo-bruna, desquamante a foglietti. I rami sono verdi e striati, con articoli di 4-6 cm e un diametro di 0,5-1 mm in quelli più estremi. Le foglie sono ridotte a guaine triangolari, brune di 0,6-0,8 X 1-1,5 mm. L’infiorescenza femminile è uniflora, mentre quella maschile è un glomerulo di 2-4 paia di fiori con 3-5 stami. L’infiorescenza femminile origina la tipica infruttescenza globulosa della famiglia, di colore rosso intenso. 

Fiorisce tra maggio e giugno, velenosa, contiene efedrina.

Ecologia: Vegeta su rupi calcaree montane (1100-1900 mslm).

Corologia: S.-Mediterranea. (Tenerife, Francia, Spagna, Nord Africa, Italia, Balcani, Grecia e Turchia).

Distribuzione nazionale: Rara e localizzata sull’ Appennino (a N sino a San Marino), in Sicilia e Sardegna, in circa 35 stazioni di cui alcune con numero di esemplari molto limitato.

Distribuzione nelle Marche: Molto rara, si trova al M. Catria, Gola di Frasassi, Valle Scappuccia, M. Nerone, nella nostra zona si ritrova una stazione nei pressi di Camerino a Valpovera nel basso versante est del Monte Montigno, altra stazione nei pressi di Visso (foto) in particolare nella zona cerchiata della foto satellitare nella zona rocciosa più in alto e con un maestoso esemplare centenario sul prato ad est del promontorio roccioso (tracce di sentiero) situato poco più a valle dell’ex ristorante inoltre diversi esemplari sono visibili addirittura sulla rupe che sovrasta l’edificio stesso.

GIANLUCA CARRADORINI – FAUSTO SERRANI Marzo 2017