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FONTE DELLA GIUMENTA – FONTE DEL SAMBUCO – PORCHE DI VALLINFANTE; ancora effetti del terremoto dell’Ottobre 2016

Gli effetti delle forti scosse di terremoto dell’Ottobre 2016 nei Monti Sibillini non finiscono mai di stupirci.

Poco tempo fa, dalla Forca di Gualdo, avevo individuato una zona situata a metà costa nel versante ovest di Cima di Vallinfante, presso le cosiddette  “Porche di Vallinfante”, fortemente fratturata dal terremoto dell’Ottobre 2016.

La zona è visibile solo dal versante di fronte (Forca di Gualdo – Monte Prata) mentre risulta invisibile sia dalla cresta di Cima di Vallinfante che dal fondo valle e quindi risulta nascosta e difficilmente osservabile.

Il 10 ottobre 2018 abbiamo raggiunto tale zona, posta sotto ad una zona rocciosa denominata “Scoglio della Volpe”, scomoda ed impervia ed abbiamo osservato altri devastanti e spaventosi effetti provocati dal terremoto.

Il versante è attraversato da un vecchio sentiero che inizia a Fonte della Giumenta, sale per la Fonte del Sambuco per condurre fino alla sella di quota 2010 m. situata poco a sud di Cima di Vallinfante.

Un secondo sentiero diventato ormai una lieve traccia prosegue in piano dalla Fonte del Sambuco, attraversa in quota le “Porche di Vallinfante” più in alto della zona fratturata, sopra allo Scoglio della Volpe,  per proseguire fino al Poggio della Croce e scendere infine a Macchie di Vallinfante.

Nessuno dei due sentieri, come ormai per la maggior parte dei sentieri dei Monti Sibillini, è segnalato ne descritto nella bibliografia ufficiale dei Monti Sibillini.

Il raggiungimento della zona fratturata descritta è consigliato solo ad escursionisti esperti in quanto si trova su un terreno molto ripido, con un lungo tratto senza tracciato e con l’attraversamento di canali detritici e rocciosi insidiosi.

A quanto mi risulta la zona fratturata esplorata non è stata monitorata ne documentata da altri.

Anche se  la qualità delle immagini riportate è scadente, in quanto per motivi di tempo abbiamo raggiunto la zona, esposta ad ovest, con il sole mattutino che non riesce ad illuminare il versante, l’importante per noi è aver documentato l’evento.

Accesso: 

L’itinerario inizia dalla Fonte della Giumenta che si raggiunge a piedi in circa 30  minuti per la strada sterrata che parte dal Parcheggio di Monte Prata dove si lascia l’auto.

Non sussistono divieti di transito a piedi nella zona.

Descrizione salita:

Dalla Fonte della Giumenta si prende a sinistra il classico sentiero che sale per il Monte Porche. 

Dopo circa 30 metri, nel ghiaione, si nota con difficoltà una traccia prosegue in piano, si lascia quindi il sentiero in salita per il Monte Porche e si continua in piano su terreno degradato dal transito delle greggi di pecore che popolano d’estate gli stazzi della Fonte (Foto n.1).

  Dopo circa 15 minuti si raggiunge il primo inciso canalone delle Porche di Vallinfante che si supera con attenzione per il fondo detritico (foto n.4; 354540,4 E – 4748871,8 N; 1850 m.).

Si prosegue in lieve salita su terreno erboso aggirando un ampio costone fino a raggiungere un secondo canale anch’esso molto inciso e con passaggi su roccia e detriti che richiedono ancora più attenzione (354618 E – 4749170,7 N; 1815 m.). 

Quindi su prati in salita, in altri 15 minuti, si raggiunge una conca erbosa dove è presente la captazione di acqua della Fonte del Sambuco (354734,4 E – 4749301,6 N; 1845 m.).

Dalla Fonte si nota, a sinistra sul versante opposto, una cresta rocciosa in discesa, denominata lo “Scoglio della Volpe”.

Ci si dirige senza tracciato verso la parte centrale dello scoglio traversando in quota su terreno erboso alternato a tratti rupestri.

In 15 minuti si raggiunge la parte centrale della cresta rocciosa (354495,6 E – 4749530,7 N; 1800 m.) che scende ripidamente verso la Valle Infante.

Si scende lungo la cresta rocciosa nella parte sinistra tra roccette ed erba fino al suo termine.

Quindi si gira nettamente oltre la cresta rocciosa per immettersi nel versante opposto.

In questo tratto il terreno è molto ripido, con tratti erbosi e rupestri a 40 – 45° di pendenza che richiedono molta attenzione per cui il proseguimento è consigliato solo ad escursionisti esperti.

Appena aggirato lo spigolo (354382,4 E – 4749513,3 N; 1755 m.) si notano subito le prime fratture nel terreno che aumentano di numero ed in altezza man mano che ci si dirige in quota verso il canale che scende oltre la cresta.

Si entra così nella ampia zona fortemente fratturata di seguito documentata.

 La zona è percorsa da una grande scarpata cosismica, di altezza paragonabile a quella documentata sul “Cordone del Vettore”, alta anche oltre 2 metri e lunga circa 300 metri che termina in corrispondenza di una fascia rocciosa al centro di un ampio canale.

In questa fascia rocciosa con l’abbassamento del terreno si sono aperte delle cavità alte poco più di 1,5 metri ed una alta e profonda spaccatura che prosegue a monte all’interno della montagna (foto n.15-16) per un centinaio di metri come visibile anche dall’immagine satellitare.

La sua larghezza ci ha permesso di entrare all’interno per una decina di metri e di scoprire che ha formato perfino una cavità sotterranea oltre la quale abbiamo interrotto l’esplorazione per alto rischio di crolli, questa spaccatura che rimarrà come segno indelebile nella montagna l’abbiamo battezzata il “crepaccio 30 ottobre 2016”.

Nel pendio a monte e, soprattutto a valle, si sono aperte numerose spaccature nel terreno, alcune delle quali profondissime, non si tocca il fondo con un bastoncino da sci e si sono formate già delle frane di detriti e terra.

In particolare, a causa della forte pendenza del pendio, il terreno abbassatosi di livello sotto alla scarpata, è scivolato verso valle di alcuni metri (foto n.8 e n.11) aprendo delle trincee e facendo pressione su uno scoglio isolato (foto n.12-13) distaccandolo dalla sua sede e facendolo piegare pericolosamente a valle.

Questo scivolamento non l’abbiamo notato al Cordone del Vettore dove il terreno è rimasto aderente alla scarpata senza aprire trincee in quanto nel versante ovest della Cima del Redentore il pendio è meno ripido di questo sito visitato.

 Tutta la zona estremamente instabile ed a probabile alto rischio di smottamenti ma per fortuna non è percorsa da sentieri frequentati ed a valle ci sono solo boschi popolati da coppie di cervi come ci è capitato di osservare e ascoltare i bramiti dei maschi.

Discesa:

Si ripercorre l’itinerario di raggiungimento. 

GIANLUCA CARRADORINI – STEFANO CIOCCHETTI 10 OTTOBRE 2018 

1- Il versante ovest delle “Porche di Vallinfante”  dalla Cima di Vallinfante a M. Porche con il percorso descritto fino alla zona fratturata, visto da Monte Prata.
2- La zona fratturata vista dalla Forca di Gualdo.
3- Panoramica della zona fratturata vista dalla Forca di Gualdo.
4- La stessa zona fotografata nel 2015 senza scarpata cosismica
5- La stessa zona ingrandta fotografata nel 2015 senza scarpata cosismica
6- Il primo canale attraversato dal sentiero dopo la Fonte della Giumenta, visto dallo Scoglio della Volpe.
7- La zona fratturata con la imponente scarpata cosismica, in alto la Cima di Vallinfante.
8- La scarpata cosismica con il pendio erboso sottostante fratturato e lo scoglio in bilico.
9- Uno dei punti di maggiore altezza della prima parte della scarpata cosismica.
10- La trincea apertasi alla base della scarpata cosismica per lo scivolamento del terreno sottostante
11- Una delle tante profondissime fessure, questa si è aperta proprio sul bordo della scarpata cosismica, non si vede il fondo !!!
12- La seconda parte della scarpata cosismica verso il canale, ancora più alta, oltre i due metri.
13- La trincea apertasi anche alla base della seconda parte della scarpata cosismica per lo scivolamento del terreno sottostante.
14- Il masso in bilico sotto alla scarpata piegato verso valle dalla sua sede per lo scivolamento del terreno sovrastante.
15- La parte sommitale del masso in bilico della foto n.14, si nota la zona che stava sotto al terreno (più bianca) e che adesso dimostra che è stato spostato in avanti.
16- Il canale roccioso con le due piccole cavità (a destra) aperte dall’abbassamento del terreno. La cavità più grande a sinistra era esistente prima del terremoto.
17- La profondissima fessura aperta nella fascia rocciosa del canale, denominata “crepaccio 30 ottobre 2016”, prosegue a monte per circa cento metri.
18- L’interno del “crepaccio 30 ottobre 2016” dove più avanti si è formata anche una cavità, abbiamo interrotto l’esplorazione per le evidenti condizioni di rischio di caduta di pietre.
17-18 – Le condizioni del ripido pendio a valle della scarpata cosismica, ad alto rischio di frane.
19-20 – Le condizioni del ripido pendio a valle della scarpata cosismica, ad alto rischio di frane.
21 – Un imponente maschio di Cervo con due femmine al pascolo sotto alla zona fratturata. 

CARTE SATELLITARI DEL PERCORSO CON:

GIALLO: Percorso di avvicinamento 

ROSSO: Percorso proposto 




MONTI SIBILLINI POST SISMA : NUOVE INCREDIBILI IMMAGINI : VALLE DELLE FONTI – PIANO GRANDE DI CASTELLUCCIO DI NORCIA

Il 30 agosto 2017, partendo dalla strada alla base della discesa da Castelluccio per il Piano Grande (sentiero n.2) e ritornando da un giro al Monte Argentella,  abbiamo percorso in discesa la Valle delle Fonti per andare a vedere la scarpata cosismica provocata dal terremoto del 30 ottobre 2016 che, dall’imbocco della valle, sale verso i Colli Alti e Bassi, in direzione del Monte Abuzzago.

Molti escursionisti non sapranno neppure dove è situata la Valle delle Fonti in quanto nella bibliografia dei Monti Sibillini in commercio non vi è descritto nessun itinerario che la percorre e a malapena è riportata nella cartografia ufficiale.

Inoltre essendo coperta e perfettamente mimetizzata dai Colli Alti e Bassi non è neppure visibile da Castelluccio e sembra non essere addirittura esistente.

La si nota solo percorrendo la strada che dal Piano Grande conduce verso Forca di Presta.

Eppure da li parte un bellissimo itinerario che permette di raggiungere Forca Viola e quindi sia il Monte Argentella che soprattutto il Lago di Pilato per Forca di Pala, più corto e comodo di quello che, partendo sempre dalla base della collina di Castelluccio, si dirige per Capanna Ghezzi per poi proseguire verso Forca Viola, metà molto più conosciuta e percorsa.

La Valle delle Fonti inizia a 1650 metri circa alla base del versante sud del Monte Argentella e ad ovest sotto a Forca Viola, con un andamento da “S” è formata alla sua sinistra orografica, dalle pendici ovest di Quarto S. Lorenzo e alla sua destra orografica dalle pendici est dei Colli Alti e Bassi, termina nei campi coltivati del Piano Grande nella zona denominata “le pratarelle” a circa 1400 metri di altezza.

Nel suo imbocco, nel versante di Quarto S. Lorenzo è presente un grande fontanile (355319,3 E – 4743927,6 N; 1420 m.) posto sopra un poggio che delimita la vallata e da cui scende il sentiero che la percorre.

La valle si raggiunge prendendo la strada sterrata che inizia dalla strada alla base della discesa da Castelluccio per il Piano Grande e che conduce a Capanna Ghezzi.

Dopo circa 200 metri ad un bivio anziché andare a sinistra per Capanna Ghezzi si prende la comodissima deviazione a destra addirittura completamente percorribile in auto senza divieto, al contrario della degradatissima strada per Capanna Ghezzi, che in 10 minuti in auto o 30 minuti a piedi porta fino al grande fontanile.

Poco prima di raggiungere il fontanile non si può fare a meno di vedere la netta spaccatura nel terreno del colle posto di fronte, la grande scarpata cosismica dei Colli Alti e Bassi (foto n.1- 2).

Abbiamo quindi raggiunto ed osservato la scarpata cosismica che, nel tratto descritto e più volte osservato anche in televisione, presenta i dislivelli più alti misurati (355302,4 E – 4744166 N; 1440 m.),  come nel Cordone del Vettore nei pressi dello Scoglio dell’Aquila, partendo dalla parte più in quota con un dislivello di 40-50 centimetri, arriva a misurare fino ad oltre 1,8 metri di altezza nei pressi del fondovalle.

Dopodichè siamo scesi nella parte terminale della Valle delle Fonti per raggiungere la strada sotto a Castelluccio da dove eravamo partiti.

Qui, nel fondovalle, abbiamo iniziato a notare nel terreno delle aree (una decina) con zolle erbose fortemente fratturate dai visibili effetti del terremoto e mancanti per diversi metri quadri di superficie di cotica erbosa, infatti, come visibile nelle foto n.13-14 emergevano i sassi e la ghiaia sottostanti la cotica erbosa.

Dapprima non abbiamo dato molta evidenza al fenomeno già visto in altre zone, poi abbiamo iniziato a domandarci dove fossero finite tutte le zolle erbose cha mancavano nelle aree fratturate.

Abbiamo iniziato quindi a girare intorno a queste aree trovando qualche piccola zolla, come visibile nella foto n.15  ma mancavano all’appello molti metri quadri di cotica erbosa.

Ci siamo quindi avvicinati al poggio dove sta il grande fontanile e, alla base della scarpata ghiaiosa, abbiamo iniziato a trovare decine e decine di zolle erbose, con la cotica erbosa ormai secca rivolta verso terra e le radici dell’erba inglobanti la ghiaia del fondo della valle rivolte verso l’alto (foto n.17-19).

La cosa che ci ha impressionato maggiormente è che queste zolle erano distanti anche 20 – 30 metri dalle aree in cui erano state distaccate.

La domanda che ci è venuta spontanea è stata: ma è stato il terremoto a staccarle e a catapultarle fino a quella distanza ? Non penso che nessuna persona si sia divertita a trascinare le zolle, alcune pesanti anche 10-20 Kg, fino a quella distanza, che fatica avrebbe fatto.

Ebbene si è stato il terremoto, avuta conferma anche dal mio amico Pietropaolo, geologo UNICAM, le onde sismiche talmente potenti proprio in questa zona dove corre la faglia, hanno compresso il terreno facendo esplodere la cotica erbosa fratturandola in zolle, anche del peso di 10-20 Kg, quindi sparandole verso l’alto in aria per farle ricadere al contrario, con l’erba rivolta verso terra, perfino a diverse decine di metri di distanza.

Allora la seconda domanda spontanea è stata: E se eravamo lì nel momento in cui si verificava la scossa di terremoto che ha provocato questo fenomeno cosa avremmo visto ? e soprattutto saremo ritornati a casa o ci avrebbe preso un infarto ? 

Ancora a stento riesco ad immaginare lo spettacolo, se così si può chiamare, di un tale fenomeno, davvero impressionante, zolle erbose che si staccano a seguito delle onde sismiche e che volano in aria ricadendo a decine di metri di distanza !!!

Ho cercato di ricostruire la sezione della vallata per far comprendere meglio la grandezza del fenomeno.

Comunque credo che le immagini rendono chiaro l’ulteriore incredibile fenomeno provocato dal terremoto del 16 e 30 ottobre 2016 che abbiamo osservato.

Al ritorno abbiamo visitato anche il grande Sinkhole che si è aperto nel Piano Grande, nei pressi dell’inghiottitoio del Fosso Mergani, a seguito del terremoto.

GIANLUCA CARRADORINI, DAVIDE ANSOVINI, LEONARDO CAPPANNINI

30 AGOSTO 2017.

1- Il Monte Argentella e la Valle delle Fonti ai suoi piedi, vista da Monte Ventosola.
2- La scarpata cosismica dei Colli Alti e Bassi vista dall’imbocco della Valle delle Fonti. 
3- La scarpata cosismica dei Colli Alti e Bassi nel punto più in quota ma di minore dislivello , 40-50 centimetri.
4-5 La scarpata cosismica nella zona più spettacolare, alta già più di 50 centimetri, la roccia mostra la parte superiore esposta agli agenti atmosferici più grigia e quella che una volta stava sottoterra protetta dalla terra, più bianca, qui si vede nettamente lo stravolgimento compiuto.
4-5 La scarpata cosismica nella zona più spettacolare, alta già più di 50 centimetri, la roccia mostra la parte superiore esposta agli agenti atmosferici più grigia e quella che una volta stava sottoterra protetta dalla terra, più bianca, qui si vede nettamente lo stravolgimento compiuto, la roccia ha impresso la forma del cespuglio sceso più a valle.
6- La scarpata cosismica misurata dai geologi è già oltre i 50 centimetri, resiste solo un Eryngium amethystinum indicato dalla freccia.
7- Qui la roccia è incredibilmente liscia, l’azione millenaria dei terremoti con lo scontro tra placche tettoniche e lo sprigionarsi di enormi forze l’ha levigata in modo perfetto.
8-9 In questo tratto, scendendo verso la Valle delle Fonti, la scarpata supera già il metro di dislivello.
8-9 In questo tratto, scendendo verso la Valle delle Fonti, la scarpata supera già il metro di dislivello.
10- Qui la cotica erbosa originaria è appoggiata ancora sopra alla roccia che si è completamente scoperta dopo il sisma
11- Il dislivello massimo della scarpata in questo punto supera 1,8 metri (Leonardo, che funge da paragone, è alto 1,96 m.) 
12- La scarpata cosismica dei Colli Alti e Bassi con le placche riportate nelle immagini precedenti vista dall’imbocco della Valle delle Fonti.
13- Una delle prime zone del fondovalle fratturate e mancanti di cotica erbosa con in evidenza la breccia sottostante.
14- Un’altra area di cotica erbosa fratturata, chi immaginava che le zolle mancanti erano in fondo alle nostre spalle !!!! (zona indicata dalle frecce)
15- Il ritrovamento di una prima zolla caduta vicino all’area dove è stata staccata e perfettamente combaciante, con l’erba secca verso l’alto dopo essere stata raddrizzata.
16- Un’altra estesa area quasi totalmente priva di cotica erbosa ma nessuna traccia di zolle nei paraggi.
17- Una panoramica di alcune delle aree di cotica erbosa fratturata (indicate dalle frecce rosse) e le prime zolle erbose ritrovate capovolte (con la breccia verso l’alto) a decine di metri di distanza (indicate dalle frecce gialle).
18- Sotto alla scarpata sovrastata dal fontanile la lunga scia di decine e decine di zolle rovesciate (con la breccia verso l’alto) catapultate a decine di metri di distanza !!!!
19- L’ultimo tratto della Valle delle Fonti, in fondo si vede il primo campo coltivato, e la lunga scia di zolle erbose catapultate con la ghiaia all’insù.
20- La scarpata cosismica nel versante ovest di Monte Porche visibile anche da Castelluccio.
21- Il grande Sinkhole del Piano Grande, sullo sfondo la Cima del Redentore con il Cordone del Vettore che rappresenta la faglia che ha provocato il terremoto dell’ottobre 2016.
22- Il grande Sinkhole del Piano Grande, profondo circa 6 metri.
PANORAMICA SATELLITARE DELLA PARTE TERMINALE DELLA VALLE DELLE FONTI CON LE AREE DI COTICA ERBOSA FRATTURATA E LA ZONA DI RITROVAMENTO DELLE ZOLLE ERBOSE
PANORAMICA SATELLITARE DELLA PARTE TERMINALE DELLA VALLE DELLE FONTI CON LE AREE DI COTICA ERBOSA FRATTURATA E LA ZONA DI RITROVAMENTO DELLE ZOLLE ERBOSE



MONTI SIBILLINI POST SISMA. VAL DI PANICO: FOSSO DI S. SIMONE – AI PIEDI DELLE PARETI DEL MONTE BOVE NORD

Il 16 ottobre 2017 abbiano finalmente raggiunto in auto la frazione di Casali di Ussita completamente abbandonata, ci hanno accolto “solo” ben 9 cani da pastore.

Da Casali siamo saliti per il Fosso di San Simone descritto nel mio itinerario n.13(itinerario del ferro intorno a Casali di Ussita) per andare a vedere gli effetti post-sisma in quanto il canale è formato nel lato sinistro da Scaglia Rossa frantumata in appoggio per faglia diretta sulla Maiolica e sul Calcare Massiccio de “Le Cute”,  che, da notizie ricevute, si era mossa a seguito del terremoto del 26 ottobre 2016.

Il Fosso di San Simone è completamente stravolto dall’ultima volta che lo avevo visto, nel 2015.

Quindi siamo saliti ai Campi di Casali per osservare più da vicino le ferite della parete nord del Monte Bove.

Qui, nel bosco alla base delle pareti e precisamente sotto allo spigolo nord-est, abbiamo notato un grande e ben visibile intaglio, ciò lasciava presumere che qualche grossa frana era arrivata fino allo stradone che sale da Calcara di Ussita per Poggio Paradiso e si era aperta un varco nel bosco.

Abbiamo quindi deciso di dirigerci alla base dello spigolo nord-est da dove parte la via di roccia Alletto-Consiglio per osservare cosa era successo.

Dalla strada che sale verso la Val di Panico, prima della fonte omonima, abbiamo seguito il tratturo che scende verso Poggio Paradiso – Calcara, dopo circa 500 metri degli enormi massi bianchissimi , grandi come un’auto, giunti fino alla strada posta 250 metri di dislivello più in basso dello spigolo, ci hanno indicato la posizione dell’intaglio che avevamo visto.

Siamo quindi saliti nel bosco in direzione delle pareti lungo la striscia di alberi abbattuti e grandi crateri di impatto intervallati, segno del rotolamento dei massi osservati.

L’immagine dell’intaglio nel bosco è anche ben visibile su Google Earth  in quanto acquisita il 07/08/2017 quindi dopo il terremoto del 26-30 ottobre 2017 che ha provocato le grandi frane del Monte Bove. 

Siamo giunti quindi fino all’attacco della via Alletto-Consiglio alla base dello spigolo nord-est del Monte Bove Nord, purtroppo le immagini sono scure perché il sole, a metà ottobre, non arriva più ad illuminare la base della parete nord ma la distruzione che abbiamo visto è evidente ed impressionante.

GIANLUCA CARRADORINI, ANDREA CARRADORINI, 16 OTTOBRE 2017.

1-L’accoglienza a Casali di Ussita, che non si dica che non è rimasto un cane dopo il terremoto !!!!!
2-Il fosso di San Simone nel maggio 2015.
3- Il Fosso di San Simone il 16 Ottobre 2017, il fosso è pieno di detriti di frana, qui è ben visibile la friabile Scaglia Rossa a sinistra e la Maiolica e le grandi placche di Calcare Massiccio molto più compatti a destra, la faglia in appoggio al centro del fosso è creata dal contatto dei due tipi di rocce.
4-La faglia in appoggio, ben visibile, formava una caratteristica strettoia al centro del fosso di San Simone (maggio 2015, foto storica). 
5-Ora la caratteristica strettoia non c’è più, completamente sommersa da metri di detriti caduti dalla friabilissima parete di scaglia rossa di sinistra
6- Le grandi placche di calcare massiccio ed al centro a sinistra la strettoia del fosso della foto n.4
7- Stessa immagine della foto n. 6 ma scattata il 16 ottobre 2017 dopo il sisma.
8- Il Monte Bove Nord con i suoi tre Spalti, maggio 2015
9- Il Monte Bove Nord con i suoi tre Spalti e le sue grandi “ferite” del terremoto, 16 ottobre 2017
10- Ingrandimento dello Spalto Orientale (sinistra) e centrale (destra) con le grandi frane.
11- Lo spigolo Nord-Est con grandi frane ed il visibile intaglio nel bosco sottostante. 
12- Il netto intaglio all’interno del bosco, sullo sfondo lo Spalto Orientale del Monte Bove Nord.
13- Grandi faggi abbattuti e crateri di impatto lungo il percorso dei massi caduti a valle.
14- Uno dei primi grandi massi incontrati salendo verso le pareti rocciose dello Spigolo Nord Est.
15- Giunti ormai in prossimità delle pareti la distruzione si fa indescrivibile.
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16 – 17-Giunti sotto alla parete dello Spigolo Nord-Est ci sono massi ovunque e di tutte le dimensioni

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18 – Alla base del colatoio della Via della Pera un enorme ghiaione, sulla destra, si è formato dopo il 26 e 30 ottobre 2016. 
19- Ancora enormi massi alla base della parete.
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20 -21 – massi enormi sparsi alla base dell’intaglio nel bosco, a più di 250 metri di dislivello più in basso della base delle pareti rocciose.

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22- Uno dei grandi massi scesi più a valle, sopra si nota il netto intaglio nel bosco provocato dalla caduta di questi massi.
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23 – 24- I massi scesi più a valle, in quello sopra si nota una faccia grigia (a sinistra dei bastoncini) che era quella esterna esposta agli agenti atmosferici, il masso sotto da un calcolo approssimativo (dalle dimensioni e peso del calcare) pesa più di 15 tonnellate !!!.

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25- Ormai giunti al fronte della frana, alle spalle l’intaglio nel bosco, netto e lunghissimo.
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26 – 27-Lo stradone che dalle Sorgenti di Panico scende verso Poggio Paradiso – Calcara con i grandi massi arrivati fino lì.

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28- Immagine satellitare da Google Earth acquisita il 07/08/2017 dove si nota in netto intaglio dalla base delle pareti all’interno del bosco provocato dai massi franati.

29- La chiesina di Casali distrutta. 



MONTI SIBILLINI POST SISMA : MONTE PORCHE E MONTE PALAZZO BORGHESE

Il 6 ottobre 2017, partendo dal parcheggio di Monte Prata riaperto al traffico veicolare in quanto la strada di accesso è stata attraversata dalla scarpata cosismica del terremoto del 30 ottobre 2016, abbiamo raggiunto il Monte Porche e il Monte Palazzo Borghese per il classico sentiero da Fonte della Giumenta.

Di seguito ciò che abbiamo osservato.

GIANLUCA CARRADORINI, ANDREA CARRADORINI, DAVIDE ANSOVINI 

6 OTTOBRE 2017.

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1-2  La faglia cosismica nelle placche rocciose (chiazza bianca a contatto con l’erba) e nel pendio erboso (frattura) sotto alla strada di Monte Prata poco prima del parcheggio

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3 – 4- Le condizioni della strada per il Monte Prata 100 metri prima del parcheggio dei campi da sci (che si vede sullo sfondo).

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5- La strada del Monte Prata, sullo sfondo la Cima del Redentore.
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6 – 7- Il versante ovest del Monte Porche con la scarpata cosismica, in due situazioni di illuminazione diverse, sopra al mattino presto, sotto al pomeriggio

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8- La scarpata cosismica nella cresta sud del Monte Porche
9-Il Sasso di Palazzo Borghese visto dalla cresta sud del Monte Porche e la scarpata cosismica che sale dalla valletta sottostante.
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10 – 11- Le “modeste” dimensioni (rispetto allo Scoglio dell’Aquila) della scarpata cosismica del Monte Porche.

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12- Stazione di Mirtillo (Vaccinium myrtillus) in versione autunnale nel versante nord del M. Palazzo Borghese.
13- Il versante sud del Monte Porche con la frattura, visto dal Monte Palazzo Borghese.
14- Versante sud del Sasso di Palazzo Borghese con frane (chiazze bianche) e conoidi detritiche nel canalone sottostante, 6 ottobre 2017.
15- Versante sud del Sasso di Palazzo Borghese senza frane, 15 ottobre 2013.
16- L’intera parete sud del sasso di Palazzo Borghese con frane e grandi conoidi detritiche di frana nel fosso sottostante, documentato come prima salita effettuata da noi il 15 aprile 2016 (itinerario n.11) ed ormai irripetibile per molti anni a causa della pericolosità dei detriti ancora mobili. 
17- Grandi massi staccati dalla parete ed in parte ancora in bilico nel canalone sottostante
18- L’attacco della nostra via di roccia (descritta nel mio libro I MIEI MONTI SIBILLINI Anno 2011) ed il canale di accesso pieno di detriti.
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19 – 20- Grandi frane ovunque sulla già friabile parete sud del Sasso di Palazzo Borghese.

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21- La parete sud di Sasso di Palazzo Borghese vista salendo verso la cima di M. Palazzo Borghese.
22- Il versante nord-ovest del Monte Argentella, sullo sfondo a destra la Cima del Redentore, al centro il Monte Vettore.
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23 – 24- Le due “piccole” scarpate cosismiche del Monte Argentella, che salgono dalla Valle delle Fonti (vedi itinerario n.34). Nella foto sotto sono indicate delle stazioni di piante alpine molto rare (foto 25-26)

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25- Papaver alpinum subsp. ernesti-mayeri presente nei Monti Sibillini solo al Lago di Pilato e M. Argentella.
26- Geranium argenteum presente nei Monti Sibillini solo nella stazione indicata nella foto n.24.



VAL DI BOVE –MONTE BICCO – PASSO CATTIVO REPORTAGE DALL’INFERNO

Il 17 giugno 2017, ottenuto un pass per raggiungere Frontignano, abbiamo percorso l’anello classico: Parcheggio Hotel Felicita – Val di Bove – Canale est del Monte Bicco – Monte Bicco – Monte Bove Sud – Passo Cattivo  e siamo scesi per la strada sterrata fino al canalone dei campi da sci di Frontignano quindi velocemente fino all’auto.

A parte la desolazione dei paesi attraversati in auto dopo oltre 7 mesi dal sisma, Visso, Ussita, Frontignano dove regna il totale silenzio, tutto si è fermato alla sera del 26 ottobre 2016, le macerie ancora sono tutte lì, non si incontra nessuno, non c’è assoluto movimento, non c’è nessuno che lavora, eppure il da fare non manca con centinaia di case crollate o lesionate di lavoro ce n’è per anni eppure nessuno sta facendo qualcosa.

Paesi nel più totale stato di abbandono, nelle macerie stanno crescendo le piante e forse presto saranno sommerse dal verde e nascoste dalla natura così saremo dimenticati ancora di più al nostro destino.

Che qualcuno abbia il coraggio di dirci che lo Stato è totalmente impotente di fronte a questa catastrofe e almeno ci metteremo al lavoro con le nostre forze a ricostruire anziché aspettare che la disperazione forzata ci porti alla stessa conclusione.

Al ritorno solo a Pievetorina abbiamo visto gente al lavoro forse nella nuova lottizzazione fuori del paese dove credo dovranno realizzare le prime casette di legno.

A Visso invece c’era una sola ruspa al lavoro nella demolizione di una abitazione parzialmente crollata prospiciente la strada principale, almeno qui l’hanno demolita anziché spendere dei soldi per la messa in sicurezza (facendo anche degli ulteriori danni) per poi demolirla tra qualche mese o forse qualche anno come hanno fatto in altri paesi !!!!

Tralasciando le mie considerazioni riporto di seguito le immagini in ordine cronologico dell’inferno che abbiamo visto, nonostante la pessima qualità delle foto a causa della giornata nebbiosa ed afosa, pensavamo di aver visto già molta distruzione  nelle precedenti uscite ma il peggio non l’avevamo ancora visto.

GIANLUCA CARRADORINI – FAUSTO SERRANI – STEFANO CIOCCHETTI – DAVIDE ANSOVINI 17 GIUGNO 2017

1-Primi massi ed alberi abbattuti nel fondo della Val di Bove, sulla verticale de “Le Quinte”.
2-La base de “Le Quinte” con la grande conoide detritica prodotta dalle numerose frane, ma la grande frana ancora non era visibile.
3-Val di Bove, versante sud de “le Quinte” con la grande frana del camino centrale. 
4- Parete nord del Monte Bicco con la grande frana dello spigolo est.
5- Le proporzioni della frana in confronto con Stefano, in basso a destra.I massi grigi sono vecchi    crolli.
6- Il grande masso dove sta Stefano si è fermato sul sentiero Val di Bove – Forcella Passaiola.
7- Anthocharis belia euphenoides, esemplare maschio di una rara farfalla di montagna in Val di Bove.
8- Camoscio curioso sulla cresta est del Monte Bicco.
9- Camosci sulla cresta est del Monte Bicco.
10-Parete nord del Monte Bicco, un camoscio al pascolo 10 metri sotto di noi tra decine di fiori alpini.
11- la scarpata cosismica alta circa 50-60 centimetri all’inizio del sentiero che dai campi da sci di  Frontignano (termine sciovia Jacci di Bicco) sale verso il Monte Bove Sud.
12- La scarpata cosismica continua per altri 500 metri nel versante sud di Monte Bove Sud in direzione di Passo Cattivo.
13- Il Passo Cattivo con tre enormi frane cadute dal versante ovest verso la valle di Macchie di Vallinfante.
14- Una grande frattura profonda diversi metri taglia tutta la strada al Passo Cattivo, preludio della distruzione che segue.
15- La prima di decine di fenditure aperte nei prati di Passo Cattivo, si nota il taglio ed il distacco nelle due parti di roccia al lati della spaccatura. 
16- In questa spaccatura profonda oltre due metri sembra che le onde sismiche hanno schizzato i sassi ai lati del cratere.  
17- Uno dei torrioni che caratterizzano il versante ovest del Passo Cattivo parzialmente franato, sullo sfondo il paese di Castelsantangelo sul Nera.
18- Un’altra fenditura in prossimità della cresta di Passo Cattivo, ci entrano i bastoncini per tutta la loro lunghezza !!!
19- Salendo per il sentiero verso Cima di Vallinfante le fenditure sono ovunque, saliamo con attenzione con il timore di sprofondare anche noi.
20- Quel che rimane di uno dei torrioni di Passo Cattivo spaccati e franati, la prossima volta che ripasseremo forse anche questa foto sarà cambiata.
21- Sul bordo della seconda frana, di fronte i torrioni spaccati della foto n. 20.
22-La cima sovrastante Passo Cattivo, che precede la Cima di Quota 2065 m., con il versante ovest completamente franato.
23- Il pendio sottostante la cima della foto n.22. Al centro il Colle la Croce ed il camping M. Prata, a destra l’abitato di Vallinfante.
24- Veduta verticale sotto alle pareti di Passo Cattivo con le grandi conoidi detritiche prodotte dalle tre frane fermate dal bosco sottostante, sullo sfondo l’abitato di Macchie di Vallinfante.
25- La Cima senza nome che precede quella di quota 2065 m. franata e percorsa da una profonda fenditura.
26- La incredibile e profonda fenditura che percorre tutta la cima sovrastante Passo Cattivo, qui la montagna si è separata e divisa in due, la cotica erbosa caduta al suo interno ha ripreso vita.
27- Nella fenditura la roccia mostra la parte superiore esposta agli agenti atmosferici più grigia e quella che una volta stava sottoterra più bianca, qui si vede nettamente lo stravolgimento compiuto dal terremoto.
28- La parte finale con sorpresa della fenditura delle foto n.26-27.
29- La sorpresa finale , la fenditura termina in prossimità della cresta con un profondissimo e strettissimo taglio, Stefano scende per oltre un metro sottoterra, sullo sfondo la Cima di Quota 2065 m. che precede la Cima di Vallinfante.
30- Il solco si fa sempre più stretto scomparendo apparentemente oltre la cresta, qui il bastoncino non toccava il fondo, più avanti si.
31- Nigritella widderi a quota 1700 metri nel canalone dei campi da sci del Monte Cornaccione, non l’avevo mai vista così in basso.
32- Con questa immagine di un coleottero alpino, il  Trichius fasciatus su Anthemis usciamo dall’inferno con la speranza di non dover vedere più altre distruzioni.

Autorizzazione giornaliera per l’escursione.




MONTI SIBILLINI POST SISMA : NUOVE INCREDIBILI IMMAGINI : CORDONE DEL VETTORE – FAGLIA DEL TERREMOTO DEL 30 OTTOBRE 2016

Il 23 settembre 2017, partendo dalla strada Castelluccio – Forca di Presta, percorrendo l’itinerario n. 6 riportato nel mio libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” anno 2014, che conduce alla Cima del Redentore, passando per la zona dei cosiddetti “frammenti metallici”, abbiamo raggiunto il Cordone del Vettore e lo Scoglio dell’Aquila , situati nel versante ovest della Cima del Redentore.

Non descrivo la salita in quanto banale anche se priva di tracciato.

Durante la salita si attraversa una seconda scarpata cosismica formatasi dopo il terremoto del 30 ottobre 2016 seppure più bassa ma che percorre praticamente tutto il versante ovest della Cima del Redentore ad una quota di 1500 – 1600 metri.

In circa 1,40 ore si raggiunge la base rocciosa del Cordone del Vettore che rappresenta la millenaria faglia cosismica che si è abbassata con il terremoto del 24 agosto 2016 di 30-40 centimetri, che ha subito un ulteriore spaventoso abbassamento con il terremoto del 30 ottobre 2016 e che successivamente ha continuato ad abbassarsi ulteriormente fino agli attuali quasi 2 metri !!!!.

In questa fascia rocciosa l’abbassamento di livello del terreno verso il Piano Grande è indicata da una netta fascia bianca alla base delle rocce, la parte superiore esposta agli agenti atmosferici è più grigia e quella che una volta stava sottoterra protetta dalla terra, più bianca.

Avevamo già osservato l’analogo fenomeno alla Valle delle Fonti il 30 agosto 2017 ma con altezze inferiori. Al Cordone del Vettore invece il dislivello è veramente eccezionale e visibile anche dal Castelluccio come una netta riga bianca che corre alla base delle pareti circostanti lo Scoglio dell’Aquila. Penso che a memoria d’uomo non si sia mai ricordata una scarpata cosismica così imponente. Non aggiungo altro, le immagini parlano da sole.

GIANLUCA CARRADORINI, ANDREA CARRADORINI, DAVIDE ANSOVINI, SERRANI FAUSTO  23 SETTEMBRE 2017.

1-La seconda scarpata cosismica posta a metà altezza lungo la salita per il Cordone del Vettore e prosegue come visibile a sinistra per tutto il pendio.
2- Il punto di maggiore dislivello della seconda scarpata cosismica.
3- Lo scoglio dell’aquila, già si nota la scarpata cosismica ai suoi piedi e nelle pareti laterali.
4- Dicembre 2016, il pendio oggetto della salita per lo Scoglio dell’Aquila, si nota la scarpata cosismica a metà altezza e quella del Cordone del Vettore ma non presentavano il dislivello attuale.
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5-6 La scarpata cosismica del Cordone del Vettore visibile come una lunga fascia bianca alla base delle rocce che diventa sempre più netta man mano che ci si avvicina .

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7-In questo punto si nota il distacco della cotica erbosa ancora aderente alla parete mentre quella più a valle è sprofondata.
8-Proseguendo verso nord-ovest la scarpata si fa sempre più netta e alta.
9- Una data, 4/10/2016, scritta da qualche geologo, indica l’abbassamento di 20 centimetri successivo al terremoto del 24 Agosto 2016, il bastoncino indica il successivo abbassamento dopo il 30 ottobre 2016.
10-Lo spostamento delle placche tettoniche  ha levigato le rocce in modo incredibile, pensate a quali forze sono in gioco.
11-Qui il calcare massiccio sembra marmo tanto è levigato dallo scorrimento delle placche tettoniche a seguito del sisma.
12- Un’altra vecchia data, 5/9/2016, nella parte più alta della scarpata cosismica, più di 2 metri di abbassamento totale !!!!
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13- 14 Nel punto più alto e più levigato della scarpata.

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15- Percorrendo la scarpata cosismica.
16- I miei amici se la ridono , non è il posto migliore per fare una sosta, basta vedere il masso caduto sotto ai piedi di Andrea !!!
17- Nel Cordone del Vettore senza scarpata cosismica, 12 luglio 2015, confrontate la freccia con la foto seguente.
18- lo stesso punto della foto n.17,  23 settembre 2017, il punto segnato dalla freccia si è innalzato di oltre un metro.
19- Cordone del Vettore, 12 luglio 2015.
20- Cordone del Vettore, 23 settembre 2017.
21- Un masso di distacco (colore bianco puro) a causa del sisma rotolato dallo Scoglio dell’Aquila fin quasi alla strada per Forca di Presta, oltre 600 metri di dislivello.
22- Al pomeriggio abbiamo visitato anche la Portella del Vao tra il Pian Perduto e il San Lorenzo, interessata da un’altra scarpata cosismica.
23- Grandi massi caduti dalle pareti sovrastanti la Portella del Vao intorno alla scarpata cosismica.
24- La scarpata in questa zona è alta circa 70 centimetri.
25- Il sentiero che attraversa la Portella del Vao costellato di grandi massi franati dalle pareti che la circondano.
26- Il caratteristico ingresso della Portella del Vao, sulle rocce in alto sullo sfondo si vedono delle grandi chiazze bianche di frane.



LAGO DI PILATO DA FOCE PER IL FOSSO DELLA TAGLIOLA (Evitando Le Svolte). 

Il presente itinerario è proposto per raggiungere il Lago di Pilato partendo da Foce di Montemonaco risalendo per un vecchio sentiero per il Fosso della Tagliola al fine di evitare le pericolosissime Svolte che a causa del terremoto dell’ottobre 2016 sono interdette alle escursioni in quanto sono state interessate da frane e smottamenti che hanno fortemente danneggiato il classico sentiero di accesso alla Valle del Lago di Pilato rendendo molto pericolosa la risalita. 

Ricordo che la il Lago di Pilato può essere raggiunto facilmente sempre evitando le Svolte per l’itinerario Foce – Fonte della Cerasa – Fonte Fredda – Fonte Matta, riportato nella bibliografia ufficiale.

L’itinerario proposto, percorso il 27 maggio 2017, descritto di seguito invece non è riportato nella bibliografia ufficiale, la variante di salita per la cresta nord-ovest del Monte Torrone e la traversata del versante ovest fino al Lago di Pilato senza scendere nella valle è consigliata solo ad escursionisti esperti.

Le successive immagini testimoniano ciò che abbiamo osservato nella valle dopo il sisma dell’ottobre 2016, abbiamo assistito ad un cambio epocale del paesaggio dei Monti Sibillini. 

Premetto che il Lago di Pilato non è asciutto, come visibile nelle foto seguenti,  nonostante le forti nevicate invernali, come invece affermato da degli idioti sul web (vedi cronache maceratesi del 16/05/2017) seppure almeno 4 -5 metri sotto al livello massimo dell’invaso, anche se negli anni ’90 la situazione fu molto più grave con addirittura il prosciugamento estivo dello specchio d’acqua.

E neppure il Pizzo del Diavolo si è sbriciolato, anche se presenta numerose frane, come affermato da chi non è mai andato in montagna e non sa che ai piedi delle sue pareti i ghiaioni di erosione sono presenti da millenni.

Anche le voci della possibile estinzione del Chirocefalo del Marchesoni (il crostaceo endemico del Lago di Pilato) sono false in quanto chi ha divulgato tali notizie ha visitato il Lago nel periodo in cui il crostaceo non è ancora nato, il periodo vitale annuale inizia verso metà giugno per terminare con i primi freddi, ho visto dei Chirocefali nuotare ancora a metà ottobre con la superficie del lago ricoperta di ghiaccio.

Accesso: 

Si raggiunge in auto la frazione di Foce di Montemonaco quindi si parcheggia al termine del paesino a causa di una grossa valanga che ha bloccato la strada per il Piano della Gardosa con una quantità enorme di tronchi di alberi abbattuti.

Descrizione salita percorso integrale:

Si risale a piedi per 2,5 km la strada del Piano della Gardosa fino a raggiungere (30 minuti) sulla sinistra l’ampio canalone che scende dal Monte Torrone, 300 metri prima di iniziare la salita per Le Svolte (358073,2 E – 4746426,8 N; 1140 m.).

Si risale il canalone detritico (Fosso della tagliola) senza itinerario poi per tracce di sentiero a tornanti fino a delimitare completamente il bosco situato alla vostra destra.

Si raggiunge in circa 30 minuti uno slargo detritico (358668,5 E – 4746284,5 N; 1390 m.) dove confluiscono due fossi, risalendo ancora per 100 metri si raggiunge una cascata alla base del Fosso della Tagliola, deviando invece verso destra alla base di una scarpata, si individua una traccia di sentiero che inizia una traversata in salita tra bosco e scarpata. Dopo circa 100 metri la traccia si biforca, la più bassa entra nel bosco, l’altra risale ancora il margine superiore del bosco.

Si consiglia di prendere la traccia superiore in quanto, essendo il sentiero non più frequentato da anni, la traccia nel bosco si perde e si individua difficilmente l’uscita.

La traccia in salita porta brevemente ad un grande faggio isolato (cerchiato con (1) nella foto n. 1) tra il bosco sottostante e la scarpata a monte (358574,5 E – 4746084,7 N; 1465 m.).

Si risale la ripida scarpata a monte del faggio senza traccia fino a portarsi nei prati sommitali.

 Dai prati si traversa in salita verso destra, si scavalca un canale e ci si dirige verso un faggio isolato (358482,1 E – 4745899, 8 N; 1545 m.; 30 minuti) nel prato sopra al bosco (cerchiato con (2) nella foto n. 1).

Sotto al  faggio, nei pressi di un tratto detritico, si nota la traccia di sentiero a tornanti che sale dal bosco, (traccia più bassa sconsigliata) e si ricollega al sentiero raggiunto.

Si continua in salita per altri 50 metri e si raggiunge il comodo sentiero che proviene da Fonte Fredda e si addentra nella Valle del Lago di Pilato.

Per chi vuole raggiungere il Lago di Pilato più facilmente e comodamente si segue il sentiero che scende da Fonte Fredda, scavalca la cresta nord-ovest del Monte Torrone e si collega al sentiero che sale dalle Svolte nei pressi di Fonte Matta (1560 m).

Per gli escursionisti esperti si consiglia di risalire la ripida cresta nord-ovest del Monte Torrone in corrispondenza di un canalone detritico posto sulla verticale del punto di incontro con il sentiero che scende da Fonte Fredda.

Raggiunta la cresta (358502, 6 E – 4745740 N; 1630 m. foto n.10-11) si risale per circa 200 metri per il suo ripido filo roccioso fino a quota 1770 m. (358657,8 E – 4745595,5 N) dove si intercetta una lieve traccia proveniente sempre dal sentiero di Fonte Fredda.

La salita integrale della cresta nord-ovest del Monte Torrone dal Piano della Gardosa è stata effettuata da Serrani Fausto nel 2015. 

La traccia scavalca a destra la cresta e traversa in quota il ripidissimo versante ovest del Monte Torrone in direzione della Valle del Lago di Pilato, questo è il tratto più impegnativo della salita (foto n.4).

Traversando in piano per circa 250 metri (foto n. 12-13) si superano alcuni canali con tratti rocciosi su terreno molto ripido per dirigersi sempre in piano verso i meno ripidi pendii erbosi di Costa Bella, nel versante ovest dell’Anticima Nord del Monte Vettore (45 minuti).

Raggiunti i prati a cotica erbosa chiusa di Costa Bella si continua una lunga ma comoda traversata in quota, in lieve salita, della sponda destra orografica della Valle del Lago di Pilato evitando due tracce che scendono, la prima verso il diroccato casaletto di Monte Rotondo e la seconda a metà valle.

Dopo circa 1 ora si raggiunge la sommità una fascia rocciosa che incombe sulla sponda sinistra (salendo) del Lago di Pilato da cui si gode di una imponente ed insolita visione del Pizzo del Diavolo.

Al centro della fascia rocciosa un corridoio ( 358368,1 E – 4743599,7 N; 1965 m. foto n. 17-18) con tracce di sentiero porta, in breve ma ripida discesa, direttamente alla conca del lago di Pilato.

Discesa:

Dal Lago di Pilato si consiglia di scendere per l’itinerario che conduce da Fonte Matta a Fonte Fredda – Fonte della Cerasa e quindi scende a Foce riprendendo in parte in sentiero usato per la salita a monte delle Svolte.  E’ vietato ed assolutamente sconsigliato percorrere il sentiero di discesa che attraversa Le Svolte per l’elevato pericolo di caduta massi.

GIANLUCA CARRADORINI – FAUSTO SERRANI 27 MAGGIO 2017 

1-Il versante nord-est del M. Torrone visto dalla base del Fosso della Tagliola con il bosco e la cresta di risalita, individuati dai cerchi il grande faggio (1) ed il faggio isolato nel prato (2).
2-L’itinerario di salita Fosso della Tagliola – Cresta nord-ovest Monte Torrone visto da Forca Viola.
3- Immagine satellitare della parte di itinerario nel Fosso della Tagliola 
4- L’itinerario di salita della Cresta nord-ovest del Monte Torrone e la successiva traversata con la traccia  appena accennata (frecce rosse) verso Costa Bella visto da Forca Viola.
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5 – 6- L’itinerario di salita e la traversata fino al Lago di Pilato.

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7- Lo Scoglio del Miracolo con una frana con la sottostante conoide di detriti che ha distrutto il “sentiero del Frate” (frecce), a sinistra la grande frana del Fosso del Miracolo.
8- Le frane dello Scoglio del Miracolo (destra) e del Fosso del Miracolo (sinistra) viste dall’itinerario di salita all’ombra del faggio (n.2) isolato nella traccia di sentiero fuori del bosco. 
9- L’imponenza delle frane dello Scoglio del Miracolo (destra) e del Fosso del Miracolo (sinistra).
10- Verso la cresta nord-ovest del Monte Torrone (di fronte in ombra)  si scopre già la Valle di Pilato con il Pizzo del Diavolo.
11- Risalita della cresta nord-ovest del Monte Torrone.
12- Inizio della traversata su terreno molto ripido del versante ovest del Monte Torrone su tracce di sentiero, alle spalle il Monte Sibilla. 
13- Il termine del tratto più ripido della traversata, in basso a sinistra il paese di Foce, punto di partenza dell’itinerario.
14- Il versante est del Quarto S. Lorenzo che incombe sulla Valle di Pilato anche qui con grandi frane.
15- La facile traversata della Costa Bella con il Pizzo del Diavolo sulla destra.
16- Giunti nei pressi del Lago di Pilato nel tratto di discesa dove si nota la traccia di sentiero, di lato l’imponente parete est del Pizzo del Diavolo vista da una posizione insolita.
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17 – 18- Il ripido tratto di discesa da Costa Bella al Lago di Pilato.

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19- Il Lago di Pilato il 27 maggio 2017, (primo laghetto) 4-5 metri sotto il livello massimo ma almeno c’è acqua.
20 Il Lago di Pilato il 30 maggio 2015 al massimo dell’invaso (foto inedite dell’autore dopo la pubblicazione del secondo libro “IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI” Anno 2014). 
21- Il Lago di Pilato il 27 maggio 2017 con la superficie ancora parzialmente gelata dal freddo della notte.
22- Il Lago di Pilato il 30 maggio 2015, si notino le dimensioni con le persone sopra la sponda opposta.
23- Il Lago di Pilato il 30 maggio 2015, rivedremo questa quantità di acqua e questi colori ?
24- Il Lago di Pilato il 27 maggio 2017
25- Il Lago di Pilato il 30 maggio 2015
26 – Il lago di Pilato il 27 maggio 2017 ancora parzialmente gelato
27 – Il lago di Pilato il 27 maggio 2017 (secondo laghetto) ancora quasi completamente gelato, si notino nella sponda destra i massi più chiari caduti dal Pizzo del Diavolo con il sisma dell’Ottobre 2016.
28- Un grande masso caduto dal Pizzo del Diavolo ed arrivato, dopo vari salti (cerchi) fino all’isoletta centrale del Lago.
29- La sponda destra del secondo laghetto con i nuovi massi caduti a seguito del terremoto.
30- I Pizzo del Diavolo con i segni bianchi delle cadute di massi nel “Fiasco” , nel “Portico” e nella Punta Cichetti e con le alte conoidi detritiche fresche sottostanti (più chiare).
31- La Punta Cichetti con una grande frana ed un masso arrivato fino alle sponde del Lago, 27 maggio 2017.
32- La Punta Cichetti al centro ed il Castello a sinistra, 30 maggio 2015.
33 La sponda meridionale del Lago di Pilato il 27 maggio 2017 con i nuovi massi caduti dal Pizzo del Diavolo in confronto con Fausto e, più in alto (cerchio rosso) i vecchi massi del bordo massimo dell’invaso. 
34- La sponda meridionale del Lago di Pilato il 30 maggio 2015 con il lago che lambiva il masso della foto 33.
35- Il Lago di Pilato il 30 maggio 2015 con il masso delle foto 33-34.
36- Il Lago di Pilato il 27 maggio 2017 con i nuovi massi caduti dopo il sisma.
37- Il Lago di Pilato il 27 maggio      2017 con il masso( in primo piano a sinistra) delle foto 33-34-35 e quello della foto n.27 caduto con il terremoto al centro del lago con Fausto sopra.
38- Il Lago di Pilato il 30 maggio 2015, in primo piano il masso delle foto 33-34-35-37 lambito dalle acque.
39- Il Lago di Pilato il 30 maggio 2015 sempre con il masso delle foto 33-34-35-36-37.
40- Gentiana verna nei rilievi erbosi attorno alla parte meridionale del Lago di Pilato. 
41- La parete nord del Pizzo del Diavolo con grandi frane e grandi conoidi detritiche fresche (più chiare) alla base delle pareti dove è presente una delle due stazioni dei Monti Sibillini del rarissimo Papaver alpinum subsp. ernesti-mayeri.
42- La parete nord del Pizzo del Diavolo il 30 maggio 2015.
43- La parete nord del Pizzo del Diavolo il 27 maggio 2017 con ancora più visibile le grandi frane (chiazze bianche sulla parete) e le nuove conoidi detritiche anch’esse più chiare alla base delle pareti.
44- La grande frana del Fosso del Miracolo vista dal pianoro sopra Le Svolte.
45- La discesa de Le Svolte è stata sempre scomoda ma attualmente è vietata e pericolosissima ed implica di non sbagliare assolutamente a mettere un piede per non far rotolare i grandi massi a valle che hanno coperto completamente il sentiero.
46- Grandi massi franati anche nel tratto iniziale del Piano della Gardosa.
47- Infine per non farsi mancare niente, una grande valanga ha chiuso la strada per il Piano della Gardosa subito dopo il paese di Foce portando a valle centinaia di alberi.
48- E per chiudere con un po’ di colore : Gentiana utriculosa nel Piano della Gardosa

CARTE SATELLITARI DEL PERCORSO CON:

GIALLO: Percorso di avvicinamento 

ROSSO: Percorso proposto 

VERDE: Percorso di discesa                   




LA GRANDE FRANA DELLA VALNERINA

Questo che propongo non è, come di mio consueto, un itinerario escursionistico o alpinistico ma un pellegrinaggio alla scoperta di una delle maggiori manifestazioni di distruzione che ha prodotto il terremoto del 26 ottobre 2016 nella Vallata di Visso e credo che non ci sia mai stata una manifestazione simile in tutta Italia.

La grande frana della Valnerina si apre agli occhi del visitatore in tutta la sua spaventosità dopo circa 800 metri dall’ultimo edificio di Visso, un ex ristorante costruito sotto una parete strapiombante a destra della strada e chiuso da anni dopo un incendio.

Percorrendo la strada (sbarrata e con divieto di accesso ma senza presidio di forze dell’Ordine come per l’ingresso a Visso) si arriva in 10 minuti sotto alla parete rocciosa da dove si è staccata una massa di roccia enorme e incredibile .

Del resto non è possibile non vederla, la strada scompare sotto un verde lago formato dallo sbarramento di metri e metri di rocce e massi grandi come un’auto caduti a valle che ne interrompono il percorso.

Ci accorgiamo che altri prima di noi si sono avventurati ai piedi della frana, numerose tracce di stivali si perdono più avanti nel fango della strada, probabilmente pescatori che hanno approfittato del lago che si è formato per andare a pesca.

Un altro aspetto che mi ha colpito è stata la quantità di polvere ancora attaccata alle piante nella parte di tronco rivolta verso la frana , nonostante sono passati quasi 5 mesi invernali, con pioggia e neve, pensate con quale onda d’urto la polvere prodotta dalla caduta della frana si era attaccata tenacemente ai tronchi.

L’itinerario finisce qui, ma si sta dei minuti a guardare tale spettacolo, se lo vogliamo chiamare così, in totale silenzio, non si riesce a parlare, a dire nulla, si osserva la distruzione che il sisma ha creato senza avere la forza di fare commenti.

Poi quando si è leggermente assimilato lo shock si pensa a chi poteva passare in auto di li l’attimo in cui è crollata la parete o semplicemente essere li durante la scossa come spettatori di questa catastrofe della natura nel punto dove ho immortalato il mio incredulo amico Fausto.

Solo chi osserva questi terribili spettacoli prodotti dalla natura riesce a capire che significa subire un terremoto.

Forse sarebbe opportuno portare li qualche nostro politico per farlo rendere conto in che stato di disagio ed abbandono viviamo.

Poi piano piano riusciamo a muoverci, ci guardiamo intorno, saliamo un costone roccioso per vedere dall’alto il lago che si è formato, è addirittura bello, di un colore verde smeraldo.

Dallo sperone roccioso ci rendiamo ancora di più conto della distruzione operata, la strada scompare sotto a qualche metro di verde acqua e a forse una decina di metri di rocce.

Vedere il guard-rail, l’asfalto e il muro di contenimento laterale che, come in una prospettiva pittorica, convergono e si inabissano nel lago per scomparire nel nulla è una immagine che non dimenticherò mai.

Chissà quando potremo ripercorrere la strada con le auto, forse mai.

Poi lentamente, e confesso, con una certa commozione, ci incamminiamo verso Visso.

Nonostante è mattino presto, lungo la strada ci vengono incontro due Vigili del Fuoco, con timore ci prepariamo a confessare il nostro incauto gesto e ad una eventuale multa se non addirittura ad una denuncia, da buoni Italiani cerchiamo di trovare un compromesso…. gli regaliamo uno dei miei libri o che altro………….

I due Vigili si avvicinano e con nostro stupore ci chiedono “dov’è la frana?”, erano due Vigili del Nord Italia che volevano vedere anche loro questo terribile spettacolo della natura.

Così, senza dirci altro, noi, trattenendo a stento una risata liberatoria, ritorniamo verso Visso e loro scendono la strada verso la frana.

Termina così questa nostra mattinata di sgomento.

Anche per divagare un po dai drammi del terremoto è interessante è sapere che nella prima parte della valle attraversata a piedi cresce una rarissima pianta, la Ephedra nebrodensis, una pianta antichissima relitto dell’era terziaria caratterizzata da lunghi rami senza foglie.

Descrizione:

EPHEDRA NEBRODENSIS 

Famiglia: Ephedraceae

Descrizione: Piccolo arbusto dioico alto 20-150 cm. I rami sono legnosi, contorti, con corteccia roseo-bruna, desquamante a foglietti. I rami sono verdi e striati, con articoli di 4-6 cm e un diametro di 0,5-1 mm in quelli più estremi. Le foglie sono ridotte a guaine triangolari, brune di 0,6-0,8 X 1-1,5 mm. L’infiorescenza femminile è uniflora, mentre quella maschile è un glomerulo di 2-4 paia di fiori con 3-5 stami. L’infiorescenza femminile origina la tipica infruttescenza globulosa della famiglia, di colore rosso intenso. 

Fiorisce tra maggio e giugno, velenosa, contiene efedrina.

Ecologia: Vegeta su rupi calcaree montane (1100-1900 mslm).

Corologia: S.-Mediterranea. (Tenerife, Francia, Spagna, Nord Africa, Italia, Balcani, Grecia e Turchia).

Distribuzione nazionale: Rara e localizzata sull’ Appennino (a N sino a San Marino), in Sicilia e Sardegna, in circa 35 stazioni di cui alcune con numero di esemplari molto limitato.

Distribuzione nelle Marche: Molto rara, si trova al M. Catria, Gola di Frasassi, Valle Scappuccia, M. Nerone, nella nostra zona si ritrova una stazione nei pressi di Camerino a Valpovera nel basso versante est del Monte Montigno, altra stazione nei pressi di Visso (foto) in particolare nella zona cerchiata della foto satellitare nella zona rocciosa più in alto e con un maestoso esemplare centenario sul prato ad est del promontorio roccioso (tracce di sentiero) situato poco più a valle dell’ex ristorante inoltre diversi esemplari sono visibili addirittura sulla rupe che sovrasta l’edificio stesso.

GIANLUCA CARRADORINI – FAUSTO SERRANI Marzo 2017




INFERNACCIO – MAI PIU’ COME PRIMA MAGGIO 2017

Vi avevo lasciato alle belle immagini delle cascate delle “Pisciarelle” illuminate dal sole al tramonto e alle forti immagini di distruzione delle frane sulla strada di accesso provocate dal terremoto del 30 ottobre 2016 e della grande slavina nel piazzale delle “Pisciarelle”  ma non ci eravamo addentrati all’interno della valle dell’Infernaccio e non immaginavamo mai di vedere ancora più distruzione, quello che avevamo visto ad aprile non era nulla.

Muniti prima di tutto di casco !!! e di identificazione del Club Alpino Italiano per il monitoraggio di sentieri di montagna, essendo membro della commissione scientifica e sentieri della Delegazione CAI Marche, siamo entrati nella valle dell’Infernaccio percorrendola fino a Capotenna.

Di seguito il reportage fotografico cronologico di ciò che abbiamo visto.

Confesso che le immagini, pur essendo reali, non danno idea di ciò che tra ottobre 2016 e febbraio 2017 è accaduto in questa martoriata valle.

In 40 anni di mie salite nei Monti Sibillini non ho mai visto nulla di simile.

La risalita della valle presenta difficoltà, già per arrivare alle Pisciarelle, come fatto osservare nel precedente reportage, grandi frane sulla strada rendono faticosa e pericolosa la discesa, poi nel piazzale, non essendoci più il ponte di cemento, occorre guadare il fiume su tronchi instabili e scivolosi. Poi bisogna superare la grande slavina con ghiaccio scivoloso e tronchi in grande quantità, ma d’estate dopo lo scioglimento non crea più difficoltà.

Giunti prima della forra dell’Infernaccio il fiume ha cambiato percorso e bisogna di nuovo attraversarlo su massi e tronchi scivolosi.   Giunti poco prima del ponticello metallico, che si è danneggiato di lato ed è senza protezioni laterali ma ha tenuto, un grande masso rende faticoso il percorso (foto n.1). Nella gola, prima di giungere all’uscita della galleria, un grande accumulo di neve ostruisce il sentiero e bisogna salirci sopra per ridiscendere in un tratto di ghiaccio liscissimo, ma anche questa difficoltà sparirà entro l’estate (foto n. 2).

Poco dopo aver superato l’uscita della galleria ed il ponticello con il caratteristico masso piramidale, sulla sinistra scende il fosso di Mèta, qui si nota sul torrione roccioso di fronte la grande frana (foto n.3) staccatasi a seguito del terremoto del 30 ottobre 2016 che ha formato il laghetto situato più in avanti nella vallata, in questo punto un tratto di 150 metri di strada è totalmente sommerso da alberi abbattuti di una valanga scesa dai torrioni dei Grottoni della Priora, la valanga ha superato il fiume ed ha travolto anche gli alberi dell’altra sponda del fiume ma in questo tratto non rimane alcun accumulo di neve (foto n.4) .

In questo punto è caduta una valanga di neve polverosa che essendo meno compatta si allarga di più nello spazio rispetto ad una slavina a lastroni (come quella caduta nel piazzale delle Pisciarelle) per cui si distribuisce in uno spessore minore su una superficie più ampia e quindi essendo anche meno compatta si scioglie prima dell’accumulo molto più compatto della slavina e quindi non lascia tracce più a lungo.

Quindi si percorre la strada di fondovalle senza difficoltà fino a poco prima dell’ampio slargo del Fosso Le Vene dove grandi quantità di pietre bianche indicano la grande frana.

La grande frana (foto n. 5 – 6) si apre alla visione nella sua spettacolare conoide di rocce bianchissime attaccata alla parete rocciosa del lato sinistro della valle.

Anche in questo punto occorre guadare il fiume e raggiungere la base della grande frana per costeggiarla fino al suo termine dove ci si affaccia nel laghetto di acqua azzurra formato dallo sbarramento della frana sul fiume Tenna (foto n. 7 – 8 – 9).

Pur nella spaventosità delle forze della natura che hanno creato questa frana tutto sommato il laghetto è anche un bello spettacolo della natura.

Si costeggia faticosamente tutta la sponda sinistra del laghetto, alla base della frana, su massi e rocce molto instabili e con rischio di caduta di massi dall’alto.

Un fenomeno strano che mi ha colpito è che prima della frana, anche a distanza di circa 100 metri e nel laghetto, come osservabile nelle foto, ci sono dei tronchi di alberi che seppure danneggiati in modi diversi e con i rami totalmente o parzialmente rotti, sono rimasti piantati nel terreno ma praticamente nessuno di essi ha messo le foglie, sembra che anche gli alberi siano rimasti impauriti dalla frana e che non si sono ripresi dallo stato di shock.

In genere gli alberi hanno una grande vitalità ed ho visto più volte che anche se rotti, spezzati o piegati con le slavine riescono comunque a rimettere foglie e nuovi getti.

Si giunge così al Fosso Le Vene e si prosegue sulla strada ancora intatta fino a raggiungere la deviazione per la Forra della Sibilla dove abbiamo trovato uno strano masso descritto di seguito (foto n.10).  Risalendo ancora la strada dopo circa 400 metri ci si imbatte in un altro tratto interessato da un’altra valanga, qui la distruzione è totale, abbiamo impiegato 10 minuti per percorrere solo 200 metri di strada tra alberi abbattuti di tutte le dimensioni (foto 12 – 13).

Percorriamo l’ultimo tratto di strada ancora integro prima di Capotenna quindi speravamo di aver finito di vedere distruzione. Giunti alla spianata di Capotenna invece lo scenario che ci si è aperto davanti è qualcosa di incredibile. La valle è stravolta da piante abbattute di tutte le dimensioni, da semplici arbusti alti un metro a piante ultracentenarie alte decine di metri; tutto a terra nel caos più totale, nella Valle Lunga grosse frane si sono staccate dal versante est di Cima Cannafusto (foto n.14); grandi porzioni di bosco totalmente abbattute ai piedi del versante sud del Pizzo Berro.

Ci guardiamo intorno increduli, ci domandiamo ma che cosa è successo quassù questo autunno e questo inverno.  Osservando la zona dall’alto della collina di sinistra di Capotenna notiamo che sicuramente tale distruzione è causata da almeno tre grandi valanghe di neve polverosa in quanto non vi è praticamente più traccia di accumuli di neve scese dal versante est di Cima Cannafusto per la Vallelunga, dal canale del versante sud di Pizzo Berro e dal Fosso della Cerasa del Pizzo Regina che ha scavalcato anche la sponda del canale stesso scendendo verso Capotenna.

Anche qui notiamo qualcosa di strano come osservabile nelle foto n.17, 24 e 25, generalmente quando cade una valanga gli alberi abbattuti e sradicati sono rovesciati con le cime verso valle nella direzione presa dallo spostamento d’aria e della massa nevosa e con le radici verso monte.

A Capotenna molti alberi abbattuti mostrano tale posizione e molti altri addirittura adiacenti si trovano esattamente nella posizione opposta.

Da questi segni e dalla distruzione osservata sono tentato di supporre che le valanghe che hanno colpito questa vallata siano cadute contemporaneamente forse lo stesso 18 gennaio 2017 (valanga di Rigopiano) in occasione delle tre scosse di magnitudo superiore a 5 che si sono registrate nel corso di una sola mattinata e che lo spostamento di aria generato sia stato talmente elevato che gli alberi si sono mescolati tra di loro, chi cadeva in un verso e chi cadeva nel verso opposto. 

Analizzando la zona con le immagini satellitari di Google Earth ho ipotizzato i percorsi delle tre valanghe che si sono abbattute a Capotenna (foto n. 30) ed ho notato che tutte e tre hanno raggiunto la zona di fondovalle nei pressi della captazione dell’acquedotto dove abbiamo notato la maggiore concentrazione di alberi abbattuti posizionati in versi opposti.

Girovaghiamo un po’ nella zona, ci imbattiamo in una roulotte di pastori (foto n.27) sventrata dalla furia di una valanga, nella sommità del colle che sovrasta a sinistra il lungo muro della captazione in muratura dell’acquedotto del Tenna troviamo addirittura un sinkhole (foto n. 23) ossia una voragine circolare sul terreno profonda 4 metri e larga circa 6 metri di come quelle che si sono aperte nel Piano Grande di Castelluccio prodotta dal crollo del tetto di una cavità sotterranea a seguito dei vari terremoti. 

Quest’anno la natura si è proprio accanita con i nostri meravigliosi Monti Sibillini.

L’Infernaccio non è più la meta estiva domenicale di centinaia di persone, di intere famiglie, l’Infernaccio non sarà mai più come prima.

Ricordo che attualmente la strada per l’Infernaccio è sbarrata dopo circa un chilometro da Rubbiano quindi il parcheggio di Valleria non è raggiungibile in auto e vige il divieto assoluto di accesso su tutta la valle.

A causa dei pericoli oggettivi che ancora gravano nell’intera valle e delle grosse difficoltà di percorrenza del sentiero (strada) Pisciarelle – Infernaccio – Capotenna è assolutamente sconsigliato percorrere tale itinerario.

1 – Il “piccolo” masso nel sentiero dell’Infernaccio poco prima di scendere al ponte di metallo

2 – Accumulo di neve di slavina che occupa il sentiero e parte del torrente, ci obbliga a passare sopra.

  1. Il torrione destro orografico del Fosso Le Vene con la grande frana che ha formato il laghetto.

4-Il tratto di strada dopo la galleria interessato dalla slavina, alberi abbattuti a destra e sinistra del fiume.

5-La frana del torrione destro orografico de Le Vene, sullo sfondo il torrione sinistro.

  1. Le proporzioni della frana.

7 – 8 – Il laghetto dell’Infernaccio formato dalla frana del terremoto del 30 ottobre 2016.

9 – Il laghetto con i tronchi degli alberi spogli rimasti piantati nel terreno.

Ad un certo punto, nella biforcazione della strada che va a Capotenna con il sentiero  che scende verso la Forra della Sibilla o Arcofù,(foto n.11) abbiamo notato un grande masso appoggiato a dei faggi proprio di lato della strada che a mia memoria non c’era prima.

Osservando bene il grande masso, delle dimensioni di circa 1,7 x 1,2 e 1,5 metri di altezza, esso presentava un evidente lato grigio e con licheni  esposto agli agenti atmosferici e gli altri cinque lati di colore bianco chiaro con tracce di polvere bianca che indicavano che erano i lati non esposti agli agenti atmosferici e quindi interni alla parete rocciosa da cui si è staccato di cui uno con della terra nera fortemente attaccata, il lato che aveva toccato terra nella caduta.

Ci siamo domandati : 

  • da dove era caduto il masso se verso valle le pareti rocciose distano circa 50 metri e siamo a 10 metri sopra il livello del fiume e verso monte ci sono 300 metri di bosco fitto ?
  • aveva compiuto un salto nel vuoto fino a quella distanza dalle pareti ?

Verso valle (verso il fiume), ad un dislivello dal fiume di circa 10 metri, ad una distanza dal masso  di circa 1,5 metri abbiamo trovato un grande cratere di impatto della profondità di circa 1 metro e della larghezza di circa 2,5 metri, parzialmente sommerso dalle foglie secche, che indica che il masso è caduto dalle pareti di lato del fiume, sicuramente a causa del terremoto dell’ottobre 2016.

Non è quindi possibile che, cadendo dalle pareti,  ha rotolato dal fiume ed è risalito di 10 metri sulla sponda opposta ma è arrivato fino a quel punto per caduta libera nel vuoto dall’alto delle pareti e che toccando terra alla velocità di caduta è rimbalzato arrivando nella posizione attuale.

Ho stimato che il masso di calcare (carbonato di calcio con densità di 2.4 – 2.7 t/m3), delle dimensioni di circa 3 metri cubi, ipotizzando una densità media di 2,5 t/m3 ,pesa circa 7,5 tonnellate 

Tramite Google Earth ho ritrovato la zona e per curiosità ho ricostruito graficamente la sezione della valle e la traiettoria di caduta del masso. Ho visto che in quel punto le pareti rocciose sono alte circa 250 metri ipotizzando che il masso si è staccato da quell’altezza anche se credo abbia rotolato da molto più in alto, mi sono divertito a calcolare la velocità nel momento dell’impatto, il calcolo, seppure approssimato, mi ha portato ad una valore di circa 250 km/h. 

Pensate di essere nel sentiero e che d’un tratto dal cielo vi cade davanti un masso di 7,5 tonnellate  alla velocità di 250 km/h …….. che bella esperienza !!!

10 – il grande masso caduto ai lati della strada

11- Forra della Sibilla o Arcofù, per la presenza di un arco di roccia (in alto), anch’essa interessata da conoidi di frane (in basso).

12 – 13 – Il secondo tratto di strada distrutto da una valanga; per percorrere 200 metri abbiamo impiegato 10 minuti !!!

14- Il versante est di Cima Cannafusto con alcune grandi frane prodotte dal terremoto in alto e le conoidi di detriti in basso, nella fascia mediana di ginepri segnata dalle frecce corre il sentiero descritto nell’itinerario n.9 dopo l’uscita del mio secondo libro .

15- La spianata di Capotenna, è rimasto un solo albero !!!!

16- Le dimensioni dell’ultimo albero di Capotenna.

17 – 18- La spianata di Capotenna con alberi secolari abbattuti dalle valanghe, alcuni posizionati in versi opposti

19 – 20- Capotenna vista dalla collina a sinistra della captazione .

21- La parte terminale del canale del versante sud di Pizzo Berro con gli evidenti segni della valanga.

22- Il bosco sottostante il versante sud di Pizzo Berro “tagliato” dalla valanga.

23- Il Sinkhole profondo circa 4 metri e del diametro di 6 nella sommità della collina sopra a Capotenna.

24-25- esempi di alberi abbattuti dalle valanghe e posizionati in versi opposti.

26- Il casale Rosi con le pareti crollate con il terremoto.

27- La roulotte dei pastori sventrata dalle valanghe.

28- Difficili passaggi tra le centinaia di alberi abbattuti di tutte le dimensioni

29- Quel che rimane della fontanella di Capotenna, rovesciata e spostata ma almeno il tubo ancora porta acqua.

30- Il percorso ipotizzato delle tre grandi valanghe che hanno colpito Capotenna.

In rosso la valanga del versante est di Cima Cannafusto, in Giallo la valanga del canale sud di Pizzo Berro ed in verde la valanga del canale della Cerasa del Pizzo Regina (Monte Priora), tutte e tre convogliano a Capotenna da direzioni diverse.

GIANLUCA E FAUSTO  MAGGIO 2017




GIRO DEL MASSICCIO DEL MONTE VETTORE PER IL “CANALE DEL TERREMOTO” DEL 24 AGOSTO 2016.

In data 3 settembre 2016 è stato risalito il monte Vettoretto per il canale situato nel suo versante sud ribattezzato “Canale del terremoto” che, dalla strada che scende da Forca di Presta verso Pretare, sale verso la cima del monte e che rappresenta la proiezione sulla superficie terrestre della faglia, che prosegue poi nel cosiddetto “cordone del Vettore” nel versante ovest della Cima del Redentore, come ben visibile da Castelluccio, il cui movimento ha scatenato il violento sisma del 24 agosto 2016.

 A seguito del sisma in tutta la faglia ed in particolare nel canale di salita si è aperta una continua e spaventosa fenditura nel terreno che, dalla strada, giunge fino al sentiero per il Monte Vettore praticamente in corrispondenza della Croce di Tito Zilioli per continuare visibile a tratti per altri chilometri lungo il “Cordone del Vettore” praticamente fino a Forca Viola.  

Tale itinerario non è attualmente consigliato percorrerlo, almeno fino a che non si placa lo sciame sismico ancora in atto anche se comunque non ci sono espliciti divieti nella zona e il canale è privo da pericoli oggettivi nel tratto dalla strada Forca di Presta-Pretare fino alla Croce di Zilioli e alla cima del Monte Vettoretto salendo nel canale per la sua sponda sinistra dopodiché, nel caso, è assolutamente da evitare nel tratto dallo Scoglio dell’Aquila fino a tutto il Cordone del Vettore per il pericolo evidente di caduta di massi che si possono verificare in caso di scosse.

Durante la salita il mio pensiero non è potuto che andare agli oltre 290 morti e a tutte le persone che hanno perso affetti, abitazioni, attività e suppellettili, sparsi nei vari paesi che si vedono, ai piedi del M. Vettore, salendo nel canale.

Tra qualche tempo, con la neve e la pioggia, la frattura nel terreno prodotta dal sisma si ricoprirà ma la più profonda frattura prodotta nelle vite delle moltissime persone che abitano la zona colpita rimarrà per sempre.

L’itinerario proposto dovrà essere un ricordo nel tempo di queste tristi giornate per chiunque lo percorrerà, nella speranza che tali disastrosi eventi non si verifichino mai più .

Accesso: 

L’itinerario prevede come base di partenza una piazzola di parcheggio raggiungibile in auto dalla strada che da Forca di Presta scende verso Pretare-Montegallo.

La piazzola si trova a sinistra scendendo a circa un chilometro da Forca di Presta, ricavata su un tratto ghiaioso del versante del monte (358092,3 E – 4739649,8 N; 1480 m.). 

Duecento metri più a valle si nota l’inizio del canalone di salita.

1- Il versante sud del M. Vettoretto con la piazzola di parcheggio (auto nera) e l’inizio del canale di salita (auto bianca).

Descrizione salita percorso fino alla cima del M. Vettoretto:

Dalla piazzola di parcheggio si sale il pendio per ampio evidente tratturo deviando al primo tornante verso il canale ghiaioso che sale a destra. (foto n.1; 358197,7 E- 4739800 N; 1490 m).

Oppure si scende a piedi per un centinaio di metri sulla carrozzabile (auto bianca nella foto n.1) dove si nota la fenditura che ha inciso la strada asfaltata e la si segue in salita verso il canale sovrastante (foto n.2).

Raggiunto il canale ci si innalza, senza itinerario tracciato, tenendosi nella sponda di sinistra più sicura da eventuali cadute di massi in quanto il pendio sovrastante è completamente erboso.

Già in questo tratto è visibile nel terreno erboso nella sponda di destra la profonda fenditura. 

Risalendo il canale la fenditura si fa più netta nel terreno ghiaioso dove è presente pochissima vegetazione.

A tratti è possibile scendere all’interno del canale in particolare nei pressi di alcune placche rocciose dove la fenditura si fa molto più evidente e profonda.

Quindi si risale completamente il canale ed un successivo tratto erboso dove la fenditura scompare, in circa 1,5 ore dall’auto si raggiunge quindi una vecchia fontana apparentemente secca (aprire la valvola nel tombino a terra per avere acqua e farla scorrere per alcuni minuti) posta in un ripiano erboso (358085 E – 4740591 N; 1825 m).

2- La fenditura, provocata dal terremoto, che ha inciso la strada asfaltata che da Forca di Presta raggiunge Pretare, sullo sfondo alcune frazioni di Arquata del Tronto colpite dal sisma.
3- La fenditura subito a monte della strada, in alto, sullo sfondo Arquata del Tronto e alcune sue frazioni distrutte dal sisma.
4- La fenditura lungo il canale visibile di continuo per un tratto di alcune centinaia di metri.
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5- 6 – Uno dei tratti più profondi ed evidenti, un dislivello di oltre 20 centimetri. 

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7-8 Risalendo il canale nel tratto più roccioso.

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9- Il sentiero per il M. Vettore nei pressi della “Croce di Tito Zilioli”, 30 metri più avanti si ritrova la fenditura nel terreno, in questo punto è profonda più di 50 centimetri. In alto a sinistra il proseguimento dell’itinerario integrale più impegnativo.
10- Il sentiero per il M. Vettore 30 metri dopo la croce di Tito Zilioli tagliato dalla faglia

Dalla fontana per tracce di sentiero che sale in verticale nel sovrastante pendio erboso, in altri 15 minuti si raggiunge la sella e si intercetta il sentiero che sale da Forca di Presta verso il M. Vettore in corrispondenza della “Croce di Tito Zilioli” (357990,2 E – 4740941 N; 1960 m).

Risalendo il sentiero per il M. Vettore, dopo circa 30 metri dalla croce metallica si ritrova di nuovo, nella sua spaventosa spettacolarità, la fenditura nel terreno dove, in questo tratto, rende ancora più evidente lo spostamento di circa 20 centimetri in altezza delle due placche poste ai lati della faglia (foto n. 9).

Dalla croce di Zilioli per ampio sentiero si prosegue per altri 15 minuti fino alla cima del M. Vettoretto e volendo fino alla Forca delle Ciaole e Monte Vettore.

Qui termina il tratto di itinerario più sicuro e facile, per il ritorno all’auto si ripercorre lo stesso itinerario di salita.

Descrizione salita percorso integrale (ASSOLUTAMENTE DA NON EFFETTUARE IN QUESTO PERIODO con sciame sismico in atto) :

Dal ripiano del Monte Vettoretto anziché proseguire il sentiero per il Monte Vettore ci si sposta in lieve discesa sulla sinistra verso un canalino erboso fino a raggiungere la base della rocciosa cresta sud della Punta di Prato Pulito (357988,8 E – 4741212,3 N; 2010 m.).

Qui si ritrova la faglia che rappresenta la prima parte del cosiddetto “Cordone del Vettore” e che si fa sempre più evidente man mano che ci si avvicina allo Scoglio dell’Aquila che si nota molto più in avanti.

La traversata di questo tratto risulta impegnativa per la pendenza del terreno e la presenza di tratti erbosi alternati a ghiaioni, questo percorso è consigliato ad escursionisti esperti.

Costeggiando sempre la base del cambio di pendio, in circa 40 minuti si arriva alla base dell’imponente scoglio dell’Aquila, con le sue alte pareti di calcare massiccio punteggiate da diverse vie di roccia (visibili spit).

A quanto ci hanno riferito dei geologi UNICAM la fenditura alla base del Cordone del Vettore è visibile a tratti e percorre praticamente tutto il lungo versante ovest del massiccio fino all’altezza di Forca Viola.

Quindi sempre in piano costeggiando il “Cordone del Vettore” si superano i vari canali che scendono dal versante ovest della Cima del Redentore.

Successivamente il cordone si innalza fino a raggiungere un inciso canale denominato “La virgola” per il suo andamento sinuoso, questo tratto risulta faticoso ed impegnativo per la presenza di ghiaioni e roccette.

Quindi superato il canale la faglia si innalza e la si segue fino alla cresta tra il M. Quarto S. Lorenzo e la Cima dell’Osservatorio. 

Dalla cresta si risale alla Cima del Redentore e quindi, sempre per cresta, si raggiunge la Cima del Lago, la Punta di Prato Pulito e quindi si scende al Rifugio Zilioli ed al M. Vettoretto per il classico sentiero chiudendo l’anello di salita. 

11– Il netto cambio di pendio del “cordone del Vettore” rappresenta la proiezione della faglia sulla superficie terrestre, sullo fondo a sinistra Castelluccio ed i campi in fiore (foto del 2014). 
12– Il versante ovest dello Scoglio dell’Aquila, secondo quanto ci hanno riferito la fenditura corre alla sua base. (foto del 2014)

Discesa:

Dalla cima del Monte Vettoretto per il sentiero si raggiunge la croce di Tito Zilioli e alla sella sottostante nel versante sud ci si immette nel pendio erboso dove è presente la fonte e quindi al canale sud di salita, in circa un’ora e mezza si raggiunge l’auto.

Variante:

Per evitare invece tutto il pericoloso Cordone del Vettore, in caso di scosse, è possibile traversare il pendio sud del massiccio montuoso 200 metri più in basso per il cosiddetto  “sentiero delle fate” ormai in stato di totale abbandono e praticamente sconosciuto dalla bibliografia ufficiale dei Monti Sibillini.

Solo il primo tratto di tale sentiero è visibile ed è possibile prenderlo dall’inizio quando si è giunti alla sella poco prima della Croce di Tito Zilioli dove si nota, nel pendio sottostante, la traccia che attraversa la Valle Santa e prosegue nel pendio opposto tra la Punta di Prato Pulito e la Cima del Lago (foto n.14) dopodiché più avanti si perde tra l’erba per poi ritrovarsi a tratti oltre la verticale della Cima del Redentore.

Il sentiero corre pressoché in quota attraversando tutti i vari canali che scendono dalle cime soprastanti ed arriva a congiungersi con il sentiero che da Forca Viola sale al Quarto S. Lorenzo (foto n.15).

Quindi giunti alla cresta la si segue in direzione opposta raggiungendo la Cima del Redentore e scendendo per le classiche creste fino al Rifugio Zilioli ed al M. Vettoretto per “comodo” sentiero.

Quindi si riprende l’itinerario di discesa (canale di salita) per raggiungere l’auto.

14– Le levigatissime placche del versante sud dello Scoglio dell’Aquila (foto del 2014).
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14-15 Il versante sud (sopra) e ovest (sotto) della Cima del Redentore con i percorsi proposti.

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GIANLUCA CARRADORINI – ANTONIO GALDI 3 SETTEMBRE 2016 

CARTA SATELLITARE DEL PERCORSO CON:

GIALLO: Percorso di avvicinamento in auto

ROSSO: Percorsi proposti 

VERDE: Percorso di discesa