I TERRAZZI DA BRIVIDO DEI MONTI SIBILLINI – Parte 4 – I TORRIONI NORD-EST DI PIZZO DI META

La cresta Nord-est del Pizzo di Méta precipita verso la vallata sottostante per circa 800 metri di dislivello, dai 1556 metri della cima ai 737 metri di Piobbico, se si prende come riferimento l’inizio della strada che da Sarnano sale a Sassotetto costeggiando la cresta, ed è formata da una serie di imponenti torrioni molto diversi tra di loro in quanto formati da rocce distinte.

Si parte dallo spettacolare Balzo Rosso, (foto n.1-4, da non confondere con il Balzo Rosso a Sud-est del Monte Amandola) che incombe sulla vallata tra Terro e Piobbico, due frazioni di Sarnano, formato da calcare rosso (scaglia rossa) da cui il nome, a quello centrale denominato dagli arrampicatori “Il Duomo”, (foto n.14-16) formato da placche di calcare disposte in strati verticali, palestra di arrampicata attrezzata dal CAI Sarnano, al torrione finale, posto un centinaio di metri sotto la cima del Pizzo di Mèta, a cui ho attribuito il nome del “torrione dell’altare” per la presenza di un grande masso perfettamente piatto simile ad un altare sulla sua sommità (foto n. 36-38).

Da un pò di tempo si osserva sui social l’abitudine di attribuire nomi di fantasia a cime del Monti Sibillini come le inesistenti Pizzo Pae e Cima Felix, vista la mia frequentazione dei Monti Sibillini, con oltre 1100 ascensioni, mi sono permesso di denominare, ma non di scrivere il nome con il pennarello sul posto come fanno alcuni di cui non faccio commenti, questo singolare masso “l’altare “, visto che poco al di sotto è presente un torrione denominato in zona “Il Duomo”.

Le sommità dei tre torrioni possono essere raggiunte in una unica ascensione e permettono di affacciarsi da dei terrazzini da brivido e godere di una visione aerea delle vallate sottostanti fino alla costa.

Il Torrione dell’Altare è interessante anche perché nelle rocce della sommità si trovano delle mineralizzazioni a Ossidi di ferro e Quarzo, altrimenti molto rare o forse uniche nel resto della Catena dei Monti Sibillini.

L’itinerario descritto non è particolarmente lungo e faticoso ma comunque consigliato ad escursionisti esperti in quanto si devono salire alcuni tratti piuttosto ripidi.

Se poi si vuole salire il torrione del Duomo per una delle sue vie alpinistiche si deve disporre di esperienza di salita su roccia e del materiale necessario quale corda, rinvii e chiodi.

ACCESSO: L’itinerario che descrivo per salire la cresta Nord-est del Pizzo di Mèta parte dalla strada Sarnano-Sassotetto. Da Sarnano si prende la Strada Provinciale n.120 che sale verso la frazione di Piobbico e quindi prosegue per Sassotetto. Dopo Piobbico, giunti al quarto tornante in salita, proprio di fronte all’imponente Balzo Rosso, è presente una piccola area pic-nic (con un solo tavolo) e una fontanella, ormai quasi asciutta, dove si parcheggia, considerare che al massimo ci sono due posti auto (357254,6 E – 4764376,4 N; 1105 m.).

DESCRIZIONE: La salita prevede nella prima parte, per raggiungere la sommità di Balzo Rosso, due possibilità (foto n. 64 e 66):

1A- Dall’area pic-nic si sale su traccia di sentiero il pendio di fronte in direzione del Balzo Rosso, arrivati fin quasi alle falde rocciose si sale al margine del bosco su pendio molto ripido e quindi usciti dal bosco si devia verso destra fino a raggiungere la cresta rocciosa, poco sopra la cima del Balzo Rosso, che si deve scendere per affacciarsi dalla sua sommità (10 minuti).

2A- Dall’area pic-nic a piedi si ritorna indietro per la strada per circa 200 metri fino a raggiungere il canalone boscoso che scende dalla curva della strada, sotto strada si trova una traccia di sentiero che, dirigendosi verso sinistra, inizia a costeggiare la base dell’imponente muraglione roccioso strapiombante che termina con il Balzo Rosso, ignorare la traccia che scende a valle ma mantenersi a ridosso della parete, al di sotto della quale è presente anche una vecchia vasca di raccolta delle acque di stillicidio che cadono dalla parete stessa. Si prosegue faticosamente sotto alle rosse pareti su pendio ripido alternato ad erba e roccette per circa 600 metri, si supera la base del torrione e si continua a costeggiare la parete fino a che il bosco dirada e ci si trova su un pendio erboso molto ripido che forma un imbuto tra due cime. Si sale direttamente il pendio con alberi isolati al centro dell’imbuto con attenzione deviando leggermente verso sinistra fino a raggiungere il dosso erboso che sovrasta la cima del Balzo Rosso, quindi scendendo la cresta erbosa si raggiunge la cima del Balzo Rosso (45 minuti dall’area pic-nic). Questa variante, effettuata per la prima volta diversi anni fa, è consigliata solo ad escursionisti esperti.

Una volta raggiunto il Balzo Rosso (357353,3 E – 4764623,6 N; 1170 m.) ed essersi affacciati, con molta cautela, dalla sua cima, si deve risalire la cima erbosa sovrastante per facile cresta (5 minuti, 357308,7 E – 4764776,2 N; 1280 m.).

Dalla cima si trova una traccia di sentiero che scende in direzione opposta, verso Sud-ovest, fino ad una forcella, (357198,4 E – 4764696.3 N; 1265 m.) qui il tracciato, il cosiddetto “Sentiero della Fienara”, (foto n.7 e 10), riportato in bibliografia si fa più netto e continua in piano sotto alla cresta ma, giunti in questo punto conviene ignorarlo in quanto più avanti porterebbe fuori obiettivo, inoltre la zona, essendo rimboscata, presenta numerosi ripiani confondibili con sentieri e che inducono facili in errori.

Dalla forcella si lascia il sentiero a sinistra e si riprende invece la ripida cresta che si presenta di fronte, evitando un primo salto roccioso. Proseguendo, la cresta si fa rocciosa in leggera salita e costeggia nel versante destro (Nord) il bosco. Quindi con un ultimo tratto all’interno di un boschetto si raggiunge la base del secondo imponente torrione detto Il Duomo (30 minuti, 356957 E – 4764542,5 N; 1320 m.).

Anche qui si hanno due possibilità (foto n.67-68).

1B- Si costeggia a sinistra tutto il torrione passando alla sua base boscosa fino al termine delle rocce oltre il quale si apre un ripidissimo canalone (356886 E – 4764367,8 N,1315 m.), boscoso nella prima parte, che si risale, passando al di sotto di curiose formazioni rocciose (foto n.17), e, con una ultima risalita su ripida erba e facili roccette, conduce alla sommità del torrione stesso (20 minuti, 356859,7 E – 4764483,2 N; 1360 m.) da cui potersi affacciare e ridiscendere.

2B- Chi arrampica può salire la cresta nord-est del torrione su una via di roccia chiodata che presenta passaggi di IV grado su placche alternate a fessure erbose, che ho risalito molti anni fa ma di cui non ricordo dettagliatamente al punto tale da riportarne la descrizione per non indurre errori ai ripetitori, nel Duomo sono presenti 4 vie di IV-VI grado di due tiri ciascuna di cui però purtroppo non si trova descrizione neppure in bibliografia, comunque costeggiando la base del torrione si scorgono le chiodature.

Una volta giunti al termine della base del Duomo (oppure raggiunta la cima si deve ridiscendere alla sua base per il canalone descritto al punto 2A) si inizia a traversare verso sinistra su pendio ripido in lieve salita seguendo in quota la linea di boschetti isolati presenti in zona passando alla base di formazioni rocciose fino ad una parete rocciosa caratterizzata da due piccole cavità (15 minuti, foto n.18, 356799 E – 4764253,6 N; 1360 m.). Aggirando a destra lo spigolo della parete si apre un ripido canalone erboso dove in alto si notano le formazioni paravalanghe presenti poco sotto la cima del Pizzo di Mèta . Si risale con attenzione il ripido pendio erboso fin quasi a raggiungere le barriere metalliche quindi deviare nettamente a destra per raggiungere il primo torrione dove è presente una mineralizzazione ad Ossidi di ferro e Silice. Dal torrione (20 minuti, 356720,1 E 4764386,8 N; 1425 m.)si osserva, verso Nord, la cima leggermente più bassa del torrione parallelo, il Torrione dell’Altare (356659,5 E – 4764478,2 N: 1415 m.), dove è presente il masso che appunto sembra un altare.

Nelle rocce dei due torrioni paralleli si trovano gli affioramenti mineralizzati a ossidi di Ferro con noduli di Calcedonio e cristallini di Quarzo, come riportato nelle foto n. 43-55

Dal torrione dell’Altare si risale il ripido pendio erboso sovrastante fino alla cima del Pizzo di Mèta caratterizzato da una croce metallica (10 minuti, 356502,2 E – 4764308,5 N; 1556 m.).

DISCESA: Dal Pizzo di Mèta si può ridiscendere per la strada sterrata del versante Ovest fino ai campi da sci di Sassotetto, il classico itinerario di raggiungimento alla cima, quindi proseguendo la strada asfaltata in discesa per almeno 5 chilometri in direzione di Sarnano si raggiunge il tornante con l’area pic-nic di fronte a Balzo Rosso dove si è parcheggiato l’auto.

Oppure, per chi conosce la zona, si scende liberamente nel versante Est senza tracciato fino ad un pianoro sottostante (foto n.60-62) dove si scorge un sentiero, seguendolo fedelmente si scende sulla strada Sassotetto-Sarnano, sulla verticale di Fonte Lardina.

1- Il Balzo Rosso nel versante Nord-est del Pizzo di Mèta, dalla sommità si osservano tutte le Marche fino alla costa.
2- Il Balzo Rosso con i due tratti boscosi paralleli di raggiungimento proposti.
3- L’imponenza del terrazzo del Balzo Rosso co la sua base strapiombante.
4- Il Balzo Rosso visto dalla frazione di Brilli di Sarnano.
5- Veduta aerea dal Balzo Rosso
6- Veduta della strada Sarnano-Sassotetto dalla sommità di Balzo Rosso.
7- Il sentiero della Fienara nel pendio erboso in primo piano, a sinistra Il Duomo e il Torrione dell’Altare in successione uno dietro l’altro.
8- La cima erbosa a monte del Balzo Rosso, al lato destro il pendio di risalita proposto nella variante 2A.
9- Ed il Balzo Rosso visto dalla cima erbosa sovrastante.
10- La forcella a monte del Balzo Rosso ed il sentiero della Fienara a sinistra che occorre evitare e proseguire per la cresta rocciosa sovrastante
11- Il selvaggio e roccioso versante Est del Monte Ragnolo, nulla a che fare con i più conosciuti ed erbosi piani omonimi del versante Ovest.
12- La valle del Rio Terro e la zona delle Grotte di Soffiano.
13- Il Balzo Rosso visto dalla cima del Duomo, sullo sfondo l’abitato di Terro.
14- Il secondo torrione della cresta, il cosiddetto “Duomo”, più in alto il torrione dell’Altare con le barriere antivalanghe poste sotto alla cima del Pizzo di Mèta.
15- La base del Duomo
16- Il lato Est del Duomo con, a sinistra, il canalone boscoso di risalita per raggiungere la cima, sulla cresta alla sinistra le strane formazioni rocciose che si incontrano durante la salita.
17- Le strane formazioni rocciose a strati verticali poste sulla cresta a monte del Duomo.
18- La parete con le grotticelle posta prima del canalone (a sinistra) di risalita al Torrione dell’Altare.
19-Il canalone erboso visto dal suo termine e il Torrione dell’Altare in alto a sinistra con la prima barriera antivalanghe, in basso il Duomo e l’inconfondibile Balzo Rosso..
20-Il canalone erboso finale e il Torrione dell’Altare
21- La bellissima farfallina Nemophora metallica
22- E la Inachis Io o Pavone di giorno.
23-28 Mentre ero intento a fotografare le mineralizzazioni un camoscio ignaro della mia presenza mi è giunto fino ad una decina di metri.
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29- Il Balzo Rosso e il Duomo visti dal Torrione dell’Altare.
30- Il gruppo Nord dei Monti Sibillini visti dal Torrione dell’Altare, da sinistra il M.Castel Manardo, Pizzo Regina, Pizzo Berro, M.Acuto, Pizzo Tre Vescovi e M.Rotondo nel margine destro.
31- La cima del Torrione dell’Altare vista dal torrione della mineralizzazione.
32- La forcella tra i due torrioni finali con vista sulla valle di Rio Terro.
33- 35 Veduta in verticale dal Torrione dell’Altare sulla valle di Rio Terro sottostante.
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36- Il Torrione con il masso che sembra un Altare a destra.
37-38- L’Altare
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39- Il Monte Ragnolo con il pendio erboso a sinistra che degrada verso i Piani omonimi.
40- L’ultimo pendio erboso prima di raggiungere la croce della cima del Pizzo di Mèta, nelle rocce di fronte è presente una interessante mineralizzazione a Ossidi di Ferro e Silice.
41- Le rocce del torrione presentano u filone mineralizzato fino sotto al Faggio
42- Il filone della mineralizzazione dove si notano le rocce di colore marrone ad Ossidi di Ferro.
43-44- Le spalmature ad Ossidi di Ferro dal caratteristico colore ruggine.
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45-50- I noduli di Calcedonio con cristallini di Quarzo inglobati nel calcare .
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51-54- Geodi di cristallini di quarzo evidenziate mediante acidatura della roccia che sciogliendo il calcare mette in risalto i noduli silicei insolubili nell’acido.
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55- Ed addirittura un cristallo centimetrico di Quarzo
56- Il Torrione dell’Altare visto dalla cima del Pizzo di Mèta.
57- L’altare a sinistra con lo sfondo del paese di Terro.
58-59- La croce della cima di Pizzo di Mèta.
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60- Il pendio Est del Pizzo di Mèta con l’abitato di Sassotetto in alto a destra, da cui si può scendere per raggiungere più rapidamente la strada Sassotetto-Sarnano prendendo il sentiero che si nota nel pianoro in fondo, poco più in basso dell’abitato.
61- Il Pizzo di Mèta visto dal sentiero che scende verso Sassotetto, con il profilo del Torrione dell’Altare e, più in basso, il Duomo.
62- Il Monte Sassotetto devastato dai ripetitori e dalle pisce da sci, visto dalla valletta da cui si può scendere per abbreviare il percorso del ritorno all’auto.
63- L’itinerario proposto visto dal pendio Est del Pizzo di Mèta in una splendida alba di alcuni anni fa con un mare di nebbia sottostante.
64- L’itinerario proposto visto dalla frazione Brilli (strada Sarnano-Piobbico) di Sarnano.
65-L’itinerario proposto vista dalla strada Piobbico-Sassotetto
66-La prima parte dell’itinerario proposto vista dalla strada Piobbico-Sassotetto.
67-68- La seconda parte dell’itinerario proposto vista dalla strada Piobbico-Sassotetto.
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69- Il particolare dell’ultimo canalone da risalire per raggiungere il Torrione dell’Altare e quindi la cima del Pizzo di Mèta.
70- Pianta satellitare del percorso proposto, in giallo le due varianti 1B e 2B ed in verde gli itinerari di discesa all’area pic-nic indicata come punto di partenza.



PIANI GRA – IL ROSETO DEI MONTI SIBILLINI

Questa che descrivo è, contrariamente alla maggior parte degli itinerari che propongo, una facilissima escursione adatta a tutti e anche alle famiglie e a chi ama la natura ed in particolare le rose e che permette di immergersi nel più grande roseto dei Monti Sibillini.

Il periodo migliore per l’escursione va da metà giugno ai primi dieci giorni di luglio a seconda delle temperature della stagione ma consiglio di effettuare due escursioni ai margini del periodo proposto in quanto le fioriture delle varie specie di rose non avvengono contemporaneamente.

Inoltre consiglio di ripetere l’escursione verso la fine di agosto dove si possono osservare le, non meno belle, diverse infruttescenze dei vari tipi di rose che compongono il roseto, dette Cinorroidi.

I Piani Gra si trovano nel versante Sud del Monte Valvasseto, nel gruppo Nord dei Monti Sibillini, ad una quota media di 1400 metri, facilmente raggiungibili a piedi dalla Pintura di Bolognola proseguendo la strada sterrata che sale verso le case più alte.

Le rose che crescono nei piani sono di diverse specie, a fiori bianchi, rosa chiaro, rosa scuro e rossi e con relativi frutti, detti Cinorroidi, diversi, sferici di colore rosso scuro, sferici con spine, allungate rosso chiaro e rosso scuro, la cui distinzione botanica, non facile, lascio agli esperti.

Il roseto, sicuramente il più esteso e ricco che abbia mai visto nell’intero gruppo dei Monti Sibillini, presenta una alta concentrazione di piante, di specie diverse, per ettaro, come visibile dalle foto n.1-2 del 23 agosto 2021, si è sviluppato rigoglioso grazie al pascolo estivo di bovini ed equini nella zona che provvedono alla loro concimazione, inoltre essendo spinose, non vengono brucate dagli animali.

Dal roseto poi si può salire facilmente, per traccia di sentiero, al sovrastante Monte Valvasseto da cui si può ammirare la sua estensione.

D’inverno la zona è conosciuta come la pista di sci di fondo della Pintura di Bolognola.

Nei pressi, al lato destro dei Piani, è presente la bellissima faggeta di Macchia Tonda e il faggio secolare già descritta in diversi articoli nel mio sito:

-Monte Valvasseto e Macchia Tonda con Galaverna, articolo del Gennaio 2022 e del Febbraio 2021.

– Il Faggio di Macchia Tonda, articolo del Novembre 2020.

Di seguito le immagini del roseto della primavera del 2022 e dell’estate 2021.

12 GIUGNO 2022

1- I Piani Gra con il versante Est del Monte Rotondo sullo sfondo
2- I Piani Gra con il versante Nord del Monte Castel Manardo.
3- Il Monte Valvasseto ed i Piani Gra con cavalli al pascolo.
4- Le grandi Rose canine al margine sud dei Piani Gra
5- Alcune piante di rose canine sono sicuramente secolari.
6-10- Le rose bianche, le prime a fiorire
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11- Le rose rosse
12- 14- E le rose in diverse tonalità di rosa
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15- 16- E le rose canine, le ultime a fiorire
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17- In zona è presente abbondante anche la Genista tinctoria, usata anticamente per la tinta dei tessuti ed in particolare della lana.
18. Dianthus deltoides
19. Il particolarissimo fiore della Polygala.
20- In zona è presente anche il raro Lepidottero Anthocaris euphenoides
21- il Coleottero Neoclytus acuminatus
22- E la rarissima Adela reamurella, una piccolissima farfallina di colore grigio metallizzato, lunga alcuni centimetri con antenne lunghe oltre il doppio del proprio corpo, ci vogliono buoni occhi per vederla.
23- In volo anche se sfuocata, le dimensioni delle antenne sono ben visibili.
24-25- Quando volano in gruppo si assiste ad una danza anche se con la fotocamera, viste le loro dimensioni, è impossibile metterle a fuoco ma l’immagine rende l’idea.
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26-29- Da posata già è più facile immortalarla.
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23 agosto 2021.

1- I Piani di Grà visti dal Monte Valvasseto.
2- Le chiazze verde scuro sono i vari roseti.
3- I cinorroidi rosso scuro
4-5- I Cinorrroidi spinosi
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6- I Cinorroidi sferici
7- I Cinorroidi oblunghi
8-9- I classici Cinorroidi della Rosa Canina, usati per la preparazione di ottime confetture.
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PUNTA BAMBUCERTA per la Cresta Nord-est dall’Efre.

La salita della cresta Nord-est della Punta Bambucerta si svolge in un ambiente grandioso e selvaggio, pochissimo conosciuto e frequentato, non a caso la zona è denominata localmente “l’Abbandonata”.

Addirittura il nome della cima non è neppure riportato in alcune carte e guide dei Monti Sibillini.

Sembra a tutt’oggi che solo io e i miei amici frequentiamo questa zona del gruppo Nord dei Monti Sibillini, caratterizzata da ripidissimi versanti che scendono verso le valli tra cui la Valle dell”Acquasanta.

Negli anni passati ho raggiunto la Punta Bambucerta percorrendo il sentiero dell’Efre e risalendo tutto il Fosso Sacraro fino alla cresta e ho salito due vie, di cui una invernale, sulla parete Nord della Punta Bambucerta, le cui descrizioni sono riportate a pagina 49 del mio libro I MIEI MONTI SIBILLINI del 2011 e una ulteriore via che dalla Val di Tela attraversa la testata dell’Acquasanta per risalire al M.Cacamillo, descritta a pagina 79 del mio libro IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI del 2014.

Inoltre in zona ho anche raggiunto le Grotte di Angilino, nella testata della Valle dell’Acquasanta, sotto al cosiddetto “Orto della Regina”, descritte a pagina 32 del mio libro I MIEI MONTI SIBILLINI.

Questo itinerario, salito il 21 Maggio 2022 con Federico, è assolutamente inedito, difficile e faticoso, lungo circa 14 chilometri e con più di 1100 metri di dislivello, la risalita della cresta Nord-est della Punta Bambucerta è consigliata solo ed esclusivamente ad escursionisti altamente specializzati su terreni ripidi, essa presenta una pendenza mai inferiore a 45° continui, non è insomma un percorso da fare “tanto per provare” perché anche una eventuale ritirata dalla cresta può rappresentare notevole difficoltà.

Si consiglia di percorrerlo salendo in piccoli tornanti utilizzando bastoncino a valle e piccozza a monte o in verticale anche con doppia piccozza per evitare assolutamente di scivolare.

ACCESSO: L’itinerario inizia dalla Villa da Capo di Bolognola, salendo da Fiastra per la strada Provinciale n.47, giunti 100 metri prima della piazza si scende a destra e si percorre la deviazione fino al termine, si raggiunge la chiesa di Santa Maria delle Grazie, attualmente inagibile, e si parcheggia in corrispondenza di un piazzaletto posto poco più avanti al termine dei caseggiati (355751,5 E – 4761020,3 N; 1040 m.).

DESCRIZIONE: Dal parcheggio si prosegue la strada sterrata alberata in discesa che scende verso il Fiastrone. Una nuova passerella (foto n.1) permette di continuare nel versante opposto per comodo sentiero di recente sistemazione (foto n.2-3) in continua salita, attraversando ripidi pendii boscosi e canaloni rocciosi, passando un tratto sopra al canale di adduzione della condotta forzata della centrale di Bolognola, questo tratto è ormai in secca in quanto attualmente preleva acqua dalla diga dell’Acquasanta in poi, fino a raggiungere la cresta erbosa dove si scopre la Punta Bambucerta (foto n.5) nel versante di risalita e la Valle dell’Acquasanta (30 minuti, 354427,4 E – 4761570 N; 1125 m) . La mulattiera prosegue nel versante Ovest passando qualche centinaio di metri sotto la cima del Balzo della Croce dirigendosi, sempre in salita, verso la Macchia dell’Aratro. Dai prati si attraversano dei nuclei boschivi dove si trova una netta deviazione a destra nel bosco che conduce alla Fonte Efre (foto n.6, 20 minuti, 355028,5 E – 4760427,6 N; 1385 m.) ma consiglio di proseguire ancora in salita per traccia di sentiero in direzione di Balzo Cancelliere per uscire da bosco ed attraversare la Macchia dell’Aratro più in alto.

Se si raggiunge la Fonte Efre (foto n.7) bisogna proseguire ancora per traccia di sentiero per entrare nel Fosso Sacraro ma qui le condizioni sono difficoltose in quanto sono presenti molti alberi e arbusti piegati dalle valanghe per cui occorre risalire il bosco sovrastante tenendosi nel bordo sinistro del fosso fino ad uscire sui ripidi prati dove, un centinaio di metri più in alto, si intercetta il sentiero che proviene in piano dalla Macchia dell’Aratro.

Nella zona di Fonte Efre sono presenti anche numerosi grandi esemplari di Abete di probabile rimboschimento ma anche con numerosi abetini che si stanno sviluppano sul posto.

Pertanto conviene evitare di raggiungere la Fonte Efre e proseguire salendo ancora seguendo la curva della montagna, si attraversa un primo nucleo di alta faggeta (355044,4 E – 4760136,6 N; 1420 m.), si esce su prati di falasco e si attraversa il secondo nucleo, più breve, (354821,1 E – 4798869,6 N; 1430 m.) della Macchia dell’Aratro quindi il sentiero attraversa in piano i ripidissimi pendii alternati a profondi canali erbosi della zona denominata Efre fino a confluire nel Fosso Sacraro caratterizzato dal fondo arbustivo dove si perde la traccia (foto n. 9-12, 30 minuti, 354220,2 E – 4759341,8 N; 1470 m.).

Si attraversa il fosso e si prosegue in lieve salita nel versante opposto, qui si inizia una traversata in quota verso Nord su pendii sempre più ripidi fino a prendere una ampia cresta erbosa che sale sulla verticale della Punta Bambucerta (353987,7 E – 4759687,6 N; 1485 m.).

Questo è il tratto più impegnativo del percorso, si sale in linea verticale verso la cima su pendii erbosi ripidissimi, mai inferiori a 45° di pendenza, ma per fortuna scalettati (foto n.13-18).

Se proprio si è in difficoltà non proseguire verso la cima ma traversare in lieve salita verso sinistra per riprendere il Fosso Sacraro da cui ridiscendere, anche se non agevolmente.

Con quasi 400 metri di dislivello di salita in verticale si giunge nella parte terminale della cresta Nord-est caratterizzata da alcune roccette e grandi arbusti nani di Uva orsina (Archtostaphylos uva ursi) e da questa, brevemente, si giunge sulla cima della Punta Bambucerta (foto n. 19-20, 1 ora, 353547,4 E – 4759461,7 N; 1869 m.). Il panorama dalla cima è grandioso perché, nel versante Ovest, si apre la bellissima Val di Tela altrimenti invisibile e tutto il versante Est del Monte Rotondo e, verso Nord, le cime del Monte Pietralata e Monte Cacamillo con i loro ripidissimi versanti che convogliano nella sottostante Valle dell’Acquasanta, in uno dei luoghi più selvaggi e sconosciuti dei Monti Sibillini.

DISCESA: Come già accennato, la discesa per la cresta proposta non è assolutamente consigliabile, neppure in caso di difficoltà. Pertanto una volta raggiunta la cima di Punta Bambucerta, si percorre tutta la cresta Sud in direzione della cima che sovrasta Forcella Cucciolara, che rappresenta il punto più alto del percorso (foto n.28, 353681,4 E – 4758668,1 N; 1950 m.).

Dalla cima, per traccia di sentiero, si scende a destra alla sottostante Forcella Cucciolara (foto n.33, 15 minuti, 353573,3 E – 4758548, 6 N; 1920 m.) e qui si prende il sentiero che scende a tornanti nel canalone erboso del versante Sud in direzione delle Sorgenti del Fiastrone poste nel fondovalle.

Raggiunto il Fiastrone lo si attraversa (40 minuti, 354075,1 E – 4757863,3 N; 1505 m.) e si prende il sentiero di fondovalle che scende verso Bolognola, attraversando nella prima parte un restringimento formato da alte pareti di scaglia rossa. Dopo circa 2 chilometri di sentiero si raggiunge la strada sterrata di fondovalle che si prosegue fino all’area pic-nic con fontana, posta all’imbocco della valle. Sottostante l’area si trova una comodissima mulattiera attrezzata con un percorso vita che conduce alle prime case di Villa da Capo quindi, in discesa fino all’auto (1 ora).

1- La passerella di recente realizzazione nel Fiastrone per la sistemazione dell’intero sentiero fino alle cascate dell’Acquasanta, reggerà alla prima piena ?
2- Opere di contenimento nel sentiero Bolognola-Cascate dell’Acquasanta realizzate con una semplice tavola in un ripido pendio soggetto a slavine.
3- Il sentiero attraversa il canale ormai asciutto che convoglia le acque fino ala condotta forzata della centrale di Bolognola.
4- La Valle dell’Acquasanta vista dai pressi del Balzo della Croce.
5- La Punta Bambucerta con la cresta Nord-est oggetto della nostra salita.
6- La bellissima faggeta di Macchia dell’Aratro nel tratturo che conduce a Fonte Efre (ph.Federico)
7- La Fonte Efre parzialmente ricoperta dai detriti cumulati dalle slavine invernali.
8- Alti abeti da probabile rimboschimento sono presenti nei pressi di Fonte Efre.
9- Il sentiero che taglia il pendio dell’Efre, a monte della Fonte.
10- Vecchi bolli di vernice rossa caratterizzano il sentiero che taglia la ripidissima zona denominata “Efre”, non che si abbia modo di sbagliare, si può passare solo lì.
11- Sul sentiero dell’Efre ci dirigiamo verso la cresta di salita posta di fronte a noi.
12- Il Fosso Sacraro dove termina il sentiero dell’Efre, visibile sopra all’ultimo lembo di bosco a sinistra.
13- Il primo tratto della cresta Nord-est di Punta Bambucerta, il pendio si fa subito ripidissimo, di profilo il Monte Cacamillo e sullo sfondo si vede una piccola porzione del Lago di Fiastra (sopra la testa di Federico) ed il Monte San Vicino..
14- Il pendio impenna ancora e si scopre la cima del Monte Cacamillo.
15- In basso il pendio erboso dell’Efre da cui proveniamo e sopra emerge il Monte Castel Manardo con la strada Pintura di Bolognola-Rifugio del Fargno.
16- Il pendio di salita, in basso l’imbocco della Valle dell’Acquasanta.
17- Il pendio di salita con la cima che sovrasta Forcella Cucciolara.
18- Salendo emergono dal Balzo della Croce anche le prime case di Villa da Piedi di Bolognola, di fronte il Monte Valvasseto a destra ed il Monte Sassotetto al centro con la punta di Pizzo di Meta., a sinistra invece il Monte Ragnolo.
19-20 L’ultimo tratto della cresta prima della cima, caratterizzato da grandi arbusti nani di Uva Ursina.
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21- La cima di Punta Bambucerta con il tratto di cresta che precipita sulla Forra dell’Acquasanta, di fronte il ripidissimo versante Sud di Monte Cacamillo con il Lago di Fiastra sullo sfondo, il canale ad “S” descritto nel mio libro IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI ed il Monte Pietralata a sinistra, Nel margine sinistro del M. Cacamillo si vede un tratto di strada Fiastra-Bolognola da cui è stata scattata la foto n.37.
22- Il Monte Pietralata e il sottostante Orto della Regina dove, nel boschetto laterale, si aprono le Grotte di Angilino descritte nel mio libro I MIEI MONTI SIBILLINI.
23- Il versante Est del Monte Rotondo, precipita nella sottostante incantevole e nascosta Val di Tela.
24- La Forcella Cucciolara da cui si accede alla Val di Tela sottostante.
25-Federico risale la cresta che scende verso la Forra dell’Acquasanta, di fronte il versante Sud del Monte Cacamillo ed il Lago di Fiastra.
26- Nel versante Sud del Monte Cacamillo si nota la lieve traccia del “sentiero perduto” descritto nel mio libro IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI.
27- La cresta di salita vista dalla cima di Punta Bambucerta, sullo sfondo la Pintura di Bolognola.
28- Iniziamo la discesa percorrendo la cresta che collega Punta Bambucerta a Forcella Cucciolara.
29- La Punta Bambucerta con i suoi due ripidissimi versanti, Est a destra oggetto della presente salita e Ovest a sinistra ancora non risalito.
30- L’intera cresta Nord-est di salita vista dalla cima che sovrasta Forcella Cucciolara.
31- Veduta verso Nord dalla Forcella Cucciolara, la Val di Tela con la Forra dell’Acquasanta in fondo e, da destra, la Punta Bambucerta, Monte Cacamillo e Monte Pietralata.
32- La cima di Costa Vetiche, non riportata sulle carte, la cui salita invernale è descritta nel presente sito, vista dalla cima che sovrasta Forcella Cucciolara.
33- Veduta verso Sud dalla Forcella Cucciolara, da destra il Pizzo Berro, Pizzo Tre Vescovi, Pizzo Regina e Monte Acuto con la strada Pintura di Bolognola-Rifugio del Fargno, in fondo le sorgenti del Fiastrone
34- Scendendo dal canalone sottostante la Forcella Cucciolara verso le Sorgenti del Fiastrone.
35- La cresta Nord del Monte Acuto, tagliata dalla strada per il Rifugio del Fargno.
36-37- Come sto già documentando da tempo, rifiuti abbandonati nel greto del Fiastrone forse dai pastori o da chi ha fatto dei lavori nella captazione dell’acquedotto.
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38- Le alte pareti rocciose che formano la strettoia del Fiastrone poco dopo le sorgenti, in corrispondenza della cresta Nord del Monte Acuto.
39- La cresta Nord-est di Punta Bambucerta vista dalla strada per Bolognola, circa 1 chilometro prima della Villa da Piedi.
40- La cresta Nord-est di Punta Bambucerta vista da Poggio della Croce.
41- Pianta satellitare dell’itinerario proposto.
ROSSO: Percorso di salita
GIALLO : Percorso di discesa
VERDE: Percorso di raggiungimento

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MONTE PALAZZO BORGHESE da San Lorenzo per la faglia del terremoto del 2016.

L’itinerario è particolare ed inedito, adatto a tutti coloro che sono in grado di muoversi su terreni sconnessi senza sentiero, permette di raggiungere la cima del Monte Palazzo Borghese dalla conca di San Lorenzo costeggiando la faglia che si è attivata nel 2016 e che corre in lieve salita nel versante Ovest proprio sopra alla conca stessa, anziché salire per la più comoda, conosciuta e frequentata “strada imperiale” che sale dal Colle Abieri.

La faglia è visibile sia dal salto di pendenza del pendio sia dalla differente vegetazione, più rigogliosa a valle.

ACCESSO: In auto si deve raggiungere la Madonna della Cona da Castelsantangelo sul Nera per la strada Provinciale n.136 che sale per Castelluccio. Raggiunto il valico dove è presente l’omonima chiesina con la fontana si scende ancora in direzione di Castelluccio e dopo il muraglione di cemento (352219,5 E – 4746665 N; 1495 m) si scende a sinistra per una comoda strada sterrata che si inoltra verso la conca del san Lorenzo. In 10 minuti si raggiunge la Fonte di San Lorenzo (354392,7 E – 4746413,7 N; 1405 m.) dove si parcheggia.

DESCRIZIONE: Dalla Fonte di San Lorenzo si si continua la strada sterrata verso il bosco soprastante che conduce ad una ampia radura nel bosco al margine superiore dell’ultimo campo coltivato della zona (355075,5 E – 4746967,3 N; 1610 m.). Qui si sale verso il bosco prendendo come riferimento il Canale di San Lorenzo situato verso sinistra (foto n.1, a destra si sale invece verso il canale Ovest del M. Argentella), si supera faticosamente l’ultimo lembo del bosco presente nell’inizio del canale e si esce su ripidi prati. Un centinaio di metri sopra al bosco si individua la linea di faglia che sale in diagonale verso sinistra e che divide in due zone distinte il versante della montagna. In corrispondenza di essa si notano dei singolari torrioni rocciosi isolati (foto n.2, 355327,4 E – 4747208,6 N; 1810 m.) e grandi e levigatissime placche rocciose (foto n.3-4) che si raggiungono facilmente (45 minuti dall’auto). Ora si segue fedelmente la base della faglia che crea anche un sentiero naturale in costante ma lieve salita in direzione Nord incontrando man mano altre placche alternate da pendii ghiaiosi (foto n.6), in questa zona la levigatezza delle placche rocciose è davvero impressionante. Giunti sulla verticale Ovest della cima di M. Palazzo Borghese si incontrano degli alti torrioni rocciosi che si superano salendo facili roccette con passaggi di I° grado (1 ora, foto n.17-18, 355164,8 E – 4747848,5 N; 18935 m.) fino a svalicare il versante Ovest raggiungendo la cresta erbosa che scende dal M. Porche (foto n. 19-20) e da qui, a destra, facilmente, in 10 minuti, si raggiunge la cima del M. Palazzo Borghese.

Dalla cima è d’obbligo salire anche al Sasso di Palazzo Borghese, molto più panoramico, con veduta verticale sul sottostante “laghetto” (foto n.25-26) e volendo, si può proseguire in direzione Nord fino al M.Porche o in direzione Sud fino al M. Argentella.

DISCESA: Dalla cima del M. Palazzo Borghese si scende per sentiero nella conca sottostante verso il M. Argentella, la cosiddetta “strada imperiale” che conduce alla forcella tra i due monti dove è presente la curiosa struttura rocciosa denominata “il cammello” o “la pecora” (foto n.32) e prosegue nel versante opposto in diagonale verso il canale Ovest del M. Argentella dove si può velocemente scendere fino ai boschi di San Lorenzo sottostanti, specie se c’è ancora neve come abbiamo trovato noi il giorno dell’escursione. Oppure si segue fedelmente il sentiero fino al Colle Abieri dove si scende alla Capanna Ghezzi sottostante, da questa per comodo sentiero verso Nord si ritorna alla Fonte di San Lorenzo (1,5 ore).

1- Il canale di San Lorenzo dove passa la “strada imperiale” da cui si accede alla conca tra M.Palazzo Borghese e il M. Argentella (vedi anche foto n.32),
2- I particolari torrioni presenti a circa metà del canale di San Lorenzo, in corrispondenza della faglia che corre nel versante ovest del M. Palazzo Borghese.
3 -4- Le liscissime placche della faglia con il lieve abbassamento del terreno visibile come linea bianca in corrispondenza del terreno
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5- Una piccola piantina di Iberis saxatilis nata dopo il 2016 in corrispondenza di una fessura nelle placche rocciose nella parte inferiore (più bianca in quanto stava sotto terra) scoperta dal terremoto.
6- La faglia è ben visibile dalla continuità di lisce placche rocciose e dal salto di pendenza del versante.
7 – 8 – 9- 10- La levigatura effettuata nei millenni dallo scorrimento delle due placche geologiche che qui si incontrano è impressionante.
8- Sullo sfondo il canale Ovest e l’anticima del M. Argentella.
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10 – 11- La faglia incombe sulla conca del San Lorenzo.
11- In alto al centro della foto il Pian Perduto e nel margine a sinistra il paese di Castelluccio
12- Dettaglio dell’abbassamento del terreno che si è verificato in questo tratto di faglia.
13- Ai piedi della faglia si è formato un sentiero naturale che permette di costeggiarla agevolmente.
14- Su un tratto di roccia scoperta dall’abbassamento del terreno qualche geologo ha staccato un provino per studio.
15- L’abbassamento del terreno è limitato rispetto ad altri siti che ho documentato (Cordone del Vettore, M.Porche, Valle delle Fonti ecc.) ma comunque nettamente visibile.
16- Giunti sulla verticale della cima del M. Palazzo Borghese sono presenti dei torrioni di roccia.
17 – 18- Saliamo per facili roccette verso la cresta soprastante sempre al cospetto di grandi placche.
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19- Un breve tratto innevato prima della cresta, sullo sfondo il Monte Prata a sinistra e strada che conduce alla Fonte della Giumenta a destra.
20- Il versante Sud del Monte Porche con la faglia ben visibile che prosegue sul pendio sotto la cima.
21- Un consistente accumulo di neve forma anche un piccolo laghetto sotto alla cima del Monte Porche.
22- La cima del sasso di Palazzo Borghese.
23- Il ripidissimo canale Est del Sasso di Palazzo Borghese, la cui salita è già descritta in questo sito.
24- La parete Sud del Sasso di Palazzo Borghese.
25 – 26- Veduta verticale dalla cima di Sasso di Palazzo Borghese sul “laghetto” sottostante
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27- La cima del Monte Palazzo Borghese vista dal Sasso.
28- La ripida uscita del canale della parete Nord del Sasso di Palazzo Borghese salita in prima assoluta con Stefano questo inverno. (SASSO DI PALAZZO BORGHESE Diretta Nord invernale)
29- salendo al M.Palazzo Borghese con alle spalle il sasso salito poco prima.
30- Sulla cima del M. Palazzo Borghese ancora effetti del terremoto, grossi blocchi di roccia sollevati e spezzati.
31- Scendendo per la “strada imperiale” poco prima del “cammello” incontriamo un lupo solitario.
32- Il caratteristico scoglio denominato “il cammello” o “la pecora” ai piedi del quale passa la “strada imperiale” e, nel versante Ovest, scende il Canale di San Lorenzo, conosciuto itinerario di salita invernale.
33- Discesa rapida scivolando sulla neve nella parte terminale del canale Ovest del. M.Argentella ci riporta brevemente alla conca del San Lorenzo.
34- Daphne mezereum profumatissima nel bosco di San Lorenzo.
35- L’itinerario di salita proposto, visto da M. Veletta
36- Pianta satellitare del percorso proposto.
ROSSO :Itinerario di salita
GIALLO: Itinerario di discesa.



CIMA DI VALLINFANTE Da Macchie per la Fonte delle Vene e le Porche di Vallinfante.

L’itinerario ad anello proposto, come di consueto, non è riportato nella bibliografia ufficiale dei Monti Sibillini ed è indicato solo in traccia senza numerazione in alcun carte del gruppo montuoso, è stato effettuato il 30 aprile 2022 con Federico, Alicia, Davide e Valentina.

E’ un itinerario lungo ed impegnativo, consigliato a buoni camminatori, presenta infatti uno sviluppo di più di 12 chilometri e oltre 1000 metri di dislivello in quanto si parte dai 1070 metri di Macchie di Vallinfante fino a raggiungere i 2113 metri di Cima di Vallinfante, attraversando un versante praticamente sconosciuto alla maggior parte degli escursionisti dei Monti Sibillini, la zona delle “Pianelle” fino alla Fonte delle Vene e proseguendo in quota per tutte le “Porche di Vallinfante” fino a raggiungere la cima omonima per poi scendere a Macchie per il Passo Cattivo e la Fonte del Lupo – Fonte Raiole.

Presenta qualche difficoltà di orientamento per uscire dall’ultimo tratto di bosco fino ai prati sommitali prima della Fonte delle Vene in quanto recenti slavine hanno degradato il sentiero che risulta poco visibile.

ACCESSO: Si raggiunge in auto il paese di Castelsantangelo sul Nera quindi si prosegue nel fondovalle in direzione di Vallinfante – Sorgenti del Nera, proseguendo in salita con due tornanti si raggiunge la frazione di Macchie dove si parcheggia su un prato in corrispondenza di uno slargo di una curva con muretto in cemento poco prima di ciò che rimane della frazione distrutta dal terremoto del 2016 (351725,3 E – 4750966,5 N; 1070 m.).

DESCRIZIONE: Dalla curva del parcheggio sale un tratturo in netta salita, dopo circa 50 metri, sotto ad uno stazzo recintato (foton.1), si dirama a destra un largo sentiero in piano in direzione Est aggirando a bassa quota il Colle la Croce (351797,3 E – 4750991,6 N; 1080 m.). Il comodo sentiero dapprima attraversa la zona denominata “Frascare” caratterizzata da resti di campi ormai incolti (foto n.2) e ricoperti da piante, divisi da vecchi muretti a secco e si inoltra in salita nel bosco. Ignorando alcune deviazioni sia a destra che a sinistra meno evidenti si aggira il costone della montagna nella zona denominata “Le Pianelle” caratterizzata da delle radure nel bosco che aprono la vista sul Monte Cardosa e sul Monte Prata. Dopo circa un chilometro di sentiero si raggiunge una radura nel bosco (foto n.5; 40 minuti, 352464,1 E – 4750374,4 N; 1260 m.) caratterizzata da un alto muretto a secco di contenimento dove forse erano presenti delle carbonare, qui il sentiero si fa meno evidente ma si prosegue sempre verso Est in netta salita fino a raggiungere in breve un tratto di bosco in media pendenza distrutto da recenti valanghe (foto n. 6-7) . Consiglio di salire il tratto costeggiando il bosco anziché raggiungere il tratto devastato senza alberi in quanto meno faticoso. In ogni caso bisogna raggiungere i prati sovrastanti meno ripidi dove, in corrispondenza di una cresta rocciosa in salita ed un grosso Faggio isolato si ritrova la traccia di sentiero (foto n. 8-9; 20 minuti, 352965,2 E – 4750571,6 N; 1485 m.). Da questo punto il sentiero si fa netto e taglia in salita un inciso canalone detritico con una piccola grotta posta una decina di metri sopra al sentiero (foto n.12-13; 353115,6 E – 4750615,2 N; 1510 m.) , si prosegue sempre in salita affacciandosi nel grande canalone detritico dove è presente la Fonte delle Vene provvista di ottima acqua (foto n. 14-15; 30 minuti, 353308,4 E – 4750640,2 N; 1530 m.). Si prosegue sempre verso Est prendendo sempre la traccia in salita più evidente in quanto la fonte, essendo frequentata d’estate da mandrie di bovini, presenta elevato degrado e numerose deviazioni che confondono le idee. In breve si raggiunge una spianata erbosa delimitata ad Est da un inciso fosso che a primavera porta acqua (10 minuti, 353468 E – 4750590,4 N; 1570 m.)

Dal pendio ghiaioso sovrastante scende da sinistra un sentiero che proviene da Colle La Croce che si deve ignorare, invece ci si addentra nel canale detritico a destra dove una traccia sale nel fondo risalendo il ramo sinistro, passando sotto ad un tratto di rimboschimenti a pini e larici fino ad uscire dal canale e raggiungere un prato a destra (foto n.18-20; 10 minuti, 353468 E – 4750590,4 N; 1570 m.) dove sopra si scorge un sentiero che sale in diagonale verso le Porche di Vallinfante (foto n.21-22). Si prende il sentiero e lo si segue in direzione del Monte Porche, ci si avvicina allo Scoglio della Volpe, caratterizzato da una profonda frattura del terreno prodotta dal terremoto del 2016 (foto n.26) già visibile dal sentiero (vedere articolo FONTE DELLA GIUMENTA – FONTE DEL SAMBUCO – PORCHE DI VALLINFANTE; ANCORA EFFETTI DEL TERREMOTO DELL’OTTOBRE 2016). Se si segue fedelmente il sentiero in costante ma lieve salita si attraversano i vari canali delle Porche di Vallinfante fino a giungere quasi sulla verticale dello Scoglio della Volpe dove un tornante (1 ora, 354636,7 e – 4749660,2 n; 1920 m.) sempre in netta salita fa cambiare direzione fino a raggiungere, in 20 minuti, la cresta tra il Monte Porche e la Cima di Vallinfante, da questa, proseguendo verso nord, si giunge in cima. Oppure se non si vuole allungare, giunti prima dello Scoglio della Volpe, sulla verticale della Cima di Vallinfante, (354377,5 E – 4750022,7 N; 1835 m.) si sale dritti su pendii ripidi ma caratterizzati da cotica erbosa scalettata che facilita la salita fino alla cima omonima (40 minuti, 354610,5 E – 4750517,6 N; 2113 m.).

DISCESA: Dalla Cima di Vallinfante si scende per ripida cresta in direzione Nord fino ad una sella che sovrasta la Valle Orteccia per poi risalire la Cima di Passo Cattivo (20 minuti). Si scende quindi per comodo sentiero al disastrato Passo Cattivo (20 minuti) mantenendosi verso il prato anziché percorrere la cresta resa pericolosa della frane prodotte dal terremoto del 2016 fino a raggiungere la strada che scende verso il Monte Cornaccione. Si percorre la strada fino a superare tutte le formazioni rocciose sottostanti che conformano il Passo Cattivo e dopo un lieve tratto in salita della strada essa ridiscende in corrispondenza di un canalone al termine del quale si raggiungono i pendii ghiaiosi del rimboschimento a pini dove si nota un evidente sentiero che scende a tornanti (20 minuti, 352822,8 E – 4752370,3 N; 1835 m.). In breve si raggiunge la Fonte del Lupo (foto n.48; 10 minuti, 352685,5 E – 4752169,8 N; 1700 m.), si continua la discesa verso sinistra in direzione di uno sperone roccioso (foto n. 51-52) al margine del rimboschimento oltre il quale si attraversa il canalone costeggiato in alto dalla strada. Si prosegue per evidente sentiero a volte addirittura segnalato che scende a tornanti verso la vallata sottostante. Si raggiunge un tratto boschivo sotto alle pareti del Passo Cattivo e continuando la discesa appena usciti dal bosco si intercetta la strada sterrata che in breve raggiunge la Fonte Raiole (40 minuti, 352056,3 E – 4751394,7 N; 1210 m.) e da qui in altri 30 minuti si giunge a Macchie dove si è parcheggiata l’auto

VARIANTE: E’ possibile anche una variante di salita anziché dal parcheggio deviare poco dopo a destra si continua a salire per la strada sterrata di fondovalle (che si percorre poi in discesa) si raggiunge Fonte Raiole e si continua la salita fino a raggiungere l’ampio bosco sotto al Passo Cattivo dove, con un po’ di fatica, si intercetta un sentiero sulla destra che si addentra nel bosco e risale con un lungo traverso fino a Colle la Croce. Dalla Croce si continua la traccia sul versante opposto che scende in diagonale in direzione del rimboschimento a pini a larici che si intercetta nell’itinerario di salita descritto, quindi si prosegue come descritto sopra, questo itinerario l’ho percorso molti anni fa. Da tenere conto che da Colle La Croce sale per il crestone erboso in direzione di Passo Cattivo un vecchio, ripido e impegnativo sentiero che, prima del terremoto del 2016, permetteva di raggiungere il Passo Cattivo in corrispondenza della cresta attualmente franata, tale sentiero è assolutamente da evitare per l’elevato rischio di frane e cadute di massi.

Consultare anche l’itinerario : PASSO CATTIVO, SOTTO ALLE PARETI DEL VERSANTE OVEST DA MACCHIE DI VALLINFANTE Giugno 2020.

PROPOSTA DI ESPLORAZIONE: Dal pendio sottostante il canale della Fonte delle Vene parte un sentiero in piano che si inoltra nella parte mediana delle Porche di Vallinfante e che conduce, secondo alcune carte, alla Fonte dell’Acero. Dalla Fonte la traccia sembra proseguire nella zona più ripida e selvaggia delle Porche di Vallinfante fino ad uscire sotto allo Scoglio della Volpe e ricongiungersi con il sentiero che proviene dalla Fonte della Giumenta, tale itinerario sarà oggetto di una prossima esplorazione ma nel frattempo se qualcuno lo percorre mi dia notizia ed immagini che provvederò pubblicarne la descrizione.

1- La deviazione a destra sotto allo stazzo recintato, a 50 metri dall’auto
2- I vecchi campi di Macchie delimitati da muretti a secco e ormai ricoperti da alberi
3- La prima radura nella zona “le pianelle” con vista sul Monte Cardosa.
4- Il sentiero nel bosco dopo “le pianelle”
5- La radura con il grande antico muro a secco prima del tratto degradato dalle slavine.
6- Il margine del tratto di bosco distrutto dalle slavine che bisogna risalire fino al prato sovrastante.
7- Il tratto di bosco degradato dalle slavine con il Monte Prata di fronte.
8- La cresta rocciosa sopra al tratto degradato dalle slavine con il grande faggio isolato sopra il quale si ritrova il sentiero, visibile alla sua destra.
9- Il grande faggio isolato con il camping di monte Prata di fronte.
10- Il sentiero si ritrova evidente oltre la cresta rocciosa, in alto la Cima di Vallinfante, mèta dell’itinerario proposto (ph. Alicia).
11- Il fondo il Monte Porche con i ripidi canali delle “Porche di Vallinfante”.
12- Il canale detritico con la grotticella, poco prima della Fonte delle Vene.
13- Il traverso fino alla Fonte delle Vene visibile nel canalone detritico.
14- La Fonte delle Vene.
15- L’antico muretto a secco della Fonte delle Vene.
16- Il traverso della foto n. 13 visto da oltre la Fonte delle Vene.
17- La spianata a monte della Fonte delle Vene, sul pendio di fronte sopra la canale detritico si nota il sentiero che sale in diagonale verso la Cima di Vallinfante in alto.
18- Il ramo sinistro del canale detritico che si deve risalire fino a sotto il rimboschimento di pini e larici visibile in alto.
19- ramo di pino finemente lavorato dai tarli.
20- Il ramo sinistro del canale detritico sotto al rimboschimento.
21- 22- La spianata erbosa di lato al rimboschimento dove sale il sentiero per le Porche di Vallinfante.
22- (ph. Alicia)
23- Il rimboschimento a pini e larici sotto alla Cima di Passo Cattivo visibile in alto.
24- Il rimboschimento della foto n.23 con il sentiero che proviene da Colle La Croce, visibile nel pendio a sinistra sullo sfondo.
25- Il canale detritico e la spianata erbosa con il sentiero sotto al rimboschimento delle foto n.20-21-22, viste dal sentiero che sale verso la Cima di Vallinfante
26- La zona fortemente fratturata dal terremoto del 2016 posta sopra allo Scoglio della Volpe, visibile nel margine destro della foto (vedere articolo: FONTE DELLA GIUMENTA – FONTE DEL SAMBUCO – PORCHE DI VALLINFANTE; ANCORA EFFETTI DEL TERREMOTO DELL’OTTOBRE 2016) .
27- Risalita del pendio sulla verticale della Cima di Vallinfante, in alto in corrispondenza degli accumuli di neve.
28- Il pendio di risalita nella zona delle Porche di Vallinfante.
29-Il Colle La Croce ed il rimboschimento delle foto n. 23-24.
30- Le rocce sotto alla Cima di Vallinfante, a sinistra la Cima di Passo Cattivo.
31- Discesa dalla Cima di Vallinfante con il ripido canalino Nord innevato salito in occasione dell’itinerario: LA GRANDE FRANA DI VALLE ORTECCIA – CIMA DI VALLINFANTE PER IL CANALE NORD.
32 – 33- la cresta dalla Cima di Vallinfante (a destra) che prosegue verso la Cima di Passo Cattivo.
33
34- La Valle Orteccia e la Cima Cannafusto.
35- Il Pizzo Berro a sinistra e il Pizzo Regina (o Monte Priora) a destra.
36- Il Passo Cattivo visto dalla cima omonima, a destra il Monte Bove Sud.
37- La Cima di Passo Cattivo con lo sfondo della Cima Cannafusto.
38- La zona denominata “Le Fosse” con il laghetto e la strada che da Passo Cattivo scende a Capotenna, sullo fondo il Monte Bove Sud.
39- L’uscita del ripido canale di salita invernale de “Le Fosse” descritto a pagina 98 del mio libro IL FASCINO DEI MONTI SIBILLINI.
40 – 41- I torrioni franati del Passo Cattivo, dalle foto fatte nel 2017 dopo il terremoto la situazione è sempre in peggioramento.
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42 – 43- Le grandi frane del Passo Cattivo.
43
44- Al Passo Cattivo, proprio nei pressi di una frana, una lapide ricordativa di un amante dei nostri Monti scomparso.
45- Scille (Scilla bifolia VELENOSA) al Passo Cattivo, sullo sfondo il Pizzo Berro ed il Pizzo Regina.
46- Una trincea prodotta dal terremoto del 2016, già fotografata nel 2017.
47- Il Passo Cattivo visto dal sentiero che dalla strada scende verso la Fonte del Lupo.
48- La Fonte del Lupo
49- Lo spuntone roccioso da cui si scende dalla Fonte del Lupo verso Macchie di Vallinfante (ph. Alicia).
50- Pini sradicati dalle slavine nel rimboschimento a valle della strada Cornaccione-Passo Cattivo
51 – 52- Lo spuntone della foto n.49
52
53- Dallo spuntone a valle della Fonte del Lupo si scende nel canalone che scende direttamente dalla strada soprastante.
54- Le frane del versante Ovest del Passo Cattivo.
55 – 56- Durante il tragitto dell’escursione abbiamo trovato due palchi di Cervo maschio.
56
PIANTA SATELLITARE DEL PERCORSO PROPOSTO
Rosso: Itinerario di salita
Giallo: Itinerario di discesa
DETTAGLIO SATELLITARE DI MACCHIE DI VALLINFANTE con inizio percorso di salita e fine discesa



LE GROTTE DI BUGGERO o “De Lu Purgiaru”.

Il 16 aprile 2022, con Alicia, Romina, Manuel, Federico, Davide, Francesco, Ivana e Luciano, abbiamo finalmente ritrovato le Grotte di Buggero o dette in zona anche “Grotte de lu Purgiaru” (forse perché usate da un pastore tirchio-pidocchioso o sporco), due cavità naturali non censite nel Catasto delle Grotte delle Marche (http://www.ambiente.marche.it/Ambiente/Natura/Turismosostenibile/CatastoGrotte.aspx) ma descritte nel libro “I SENTIERI DEL SILENZIO” di Andrea Antinori in un itinerario complesso, in modo vago e con un grave errore nella didascalia di una foto del luogo il che fa supporre che probabilmente non sono mai state raggiunte dall’autore ma conosciute solo grazie a indicazioni orali di anziani della zona. Sulla base delle informazioni ricevute da un anziano di Bolognola che ancora ricorda l’ubicazione delle grotte, abbiamo effettuato una ricerca nella zona che ci ha permesso di ritrovarle, tra l’altro anche abbastanza facilmente, grazie alla precisione delle indicazioni.

Dalla documentazione storica sembra che tali grotte siano state usate da frati eremiti nel XII – XIII secolo e sono sicuramente collegate al millenario sentiero che collegava l’Abbadia di Rio Sacro con Bolognola dove, il cui tragitto contemplava anche un rifugio in pietra posto poche centinaia di metri più a valle delle grotte ed indicato nel percorso descritto a Novembre del 2021 : MONTE CACAMILLO – SENTIERO PER I CAMPI DI BUGGERO – VECCHIO RIFUGIO DEI FRATI a cui rimando per la descrizione.

Si consiglia di ripetere l’itinerario in tardo autunno o ad inizio primavera, quando il bosco è spoglio in quanto permette cosi di identificare meglio la zona rocciosa con i Lecci (Quercus ilex) sempreverdi alla base della quale sono presenti le grotte.

ACCESSO: Come per l’itinerario sopra indicato: la centrale idroelettrica di Bolognola si raggiunge dalla Strada Provinciale n.47 che dal Lago di Fiastra sale verso Bolognola. Si raggiunge il comune di Acquacanina con le sue varie frazioni quindi dopo la frazione di Oppio si supera il fontanile presente al lato sinistro della strada e la frazione di Vallecanto, dopo circa 300 metri in una diretta si incontra il tratturo chiuso con sbarra che scende a destra con indicazione per la Valle di Rio Sacro, si prosegue per altri 400 metri fino a trovare una stretta deviazione asfaltata a destra che scende e la si segue fino ad un tornante con slargo a destra, prima del ponte della centrale, dove si parcheggia (352190,2 E – 4763361,8 N; 750 m.).

DESCRIZIONE: Dallo slargo si scende a piedi verso la centrale, al ponte si scende al fiume e si costeggia il perimetro del muro di cinta, con molta attenzione, fino al suo termine, nella parte posteriore ella centrale, dove, oltre la recinzione, parte un sentiero che sale nettamente nel bosco. Il comodo sentiero si snoda con 24 tornanti in salita fino alla casetta Piemà dove termina il canale di accumulo della condotta forzata della centrale (1 ora, foto n.1).

Si costeggia lungo la recinzione del canale fino al termine dove poi c’è una parte sotterranea e dopo alcuni centinaia di metri ritorna scoperto per un breve tratto. Terminata la parte di canale a vista si prosegue per circa 200 metri fino a vedere da lontano delle rocce sopra e sotto l’intaglio del canale con numerosi Lecci sempreverdi abbarbicati sui torrioni (gli unici della zona). Qui, (352591,4 E – 4762412 N; 1055 m.) a circa metà strada dal canale scoperto alle rocce, si scende liberamente nel bosco sottostante (30 minuti, bollo rosso in un grande albero), con attenzione, per circa 200 metri mantenendosi verso destra in corrispondenza della base delle rocce che caratterizzano questo tratto di montagna. Giunti alla base del torrione roccioso uno spigolo permette di aggirare il versante (30 minuti, 352629 E – 4762332 N; 995m.) e scoprire così la parete opposta al di sotto della quale sono presenti le due cavità.

La prima cavità che si incontra è parzialmente nascosta da un grosso albero che è cresciuto proprio nel suo ingresso, continuando altri 50 metri si scopre la seconda grotta, un po’ più piccola e nascosta da una lama rocciosa. Alla base del torrione roccioso che forma le due grotte si nota una traccia di una antico sentiero che si inoltra nel bosco sottostante e forse collegava le grotte alla chiesina di cui abbiamo ritrovato alcuni resti di muri, situata alcune centinaia di metri di dislivello più in basso.

RITORNO: Stesso itinerario fino al canale quindi si consiglia di proseguire il canale dove sono presenti il Fosso e le Cascate di Buggero (15 minuti) dove a primavera si può osservare un notevole accumulo di neve prodotto dalle slavine invernali che scendono dall’imbuto Nord del Monte Cacamillo, a circa metà strada, si può osservare sopra al canale un muretto a secco e uno scavo dove veniva preparata la calce per la costruzione del canale. Mentre ritornando indietro alla Casetta Piemà si può salire la cresta erbosa soprastante fino al Puntome Piemà per raggiungere la Cima del Monte Cacamillo per la ardita e rocciosa cresta della Costa dei Frati il cui itinerario è descritto a pagina 68 del mio libro “I MIEI MONTI SIBILLINI”.

1- La Casetta Piemà dove termina il canale di accumulo e inizia la condotta forzata della centrale di Bolognola (Ph. Manuel).
2- Il canale di accumulo nel tratto scoperto.(Ph. Manuel).
3- Il tratto di canale sotterraneo subito dopo il secondo tratto a vista, in fondo sulle rocce sopra la canale si vedono de Lecci sempreverdi, qui si scende nel bosco.
4- Oltre lo spigolo a destra si scopre la prima grotta, più ampia ma nascosta da un tronco di un grande albero e da un piccolo Leccio.
5- Dettaglio della prima grotta.(Ph. Alicia).
6- Le dimensioni della prima grotta.
7- Il fondo della prima grotta con le pieghe delle rocce che l’hanno formata, con un po’ di fantasia sembra vedere due busti umani con aureola. (Ph. Manuel).
8 – 9 – 10 – 11- La seconda grotta più piccola ma più profonda.(Ph. Romina).
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11- (Ph. Manuel).
12- Lo scavo presente a monte del canale, poco prima dell’imbuto di Buggero, dove probabilmente veniva preparata la calce necessaria per le opere murarie del canale .(Ph. Francesco)
13- Il muretto a secco che delimita lo scavo della foto n.12, visto dal canale.
14 – 15- L’imbuto di Buggero ricolmo di neve dalle slavine invernali, anche se di solito la neve in questo periodo supera la cascata.
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16- Il canale visto dalla sommità del cumulo di neve (Ph. Francesco).
17- Il piccolo tratto di cascata che non è stato sommerso dalla neve, qui il cumulo è alto circa 20 metri ed è MOLTO PERICOLOSO avvicinarso al bordo della cascata in quanto crea una galleria sotto alla neve che può sprofondare. (Ph. Alicia)
18- Dalla Casetta Piemà saliamo verso il Puntone Piemà da dove si ha una veduta centrale della Valle del Fiastrone da Bolognola al Lago di Fiastra.
19- Il versante Sud del Monte Coglia
20 -21 – Il “Termine” di Bolognola, cippo di calcare sulla cima del Puntone Piemà che segna il confine tra Bolognola ed Acquacanina.
21- Veduta di Bolognola
22- Il Puntone Piemà con il “Termine” di pietra.
23- Le pendici Nord del Monte Cacamillo dove addirittura nel bosco di fronte si osserva un vecchio sentiero che si dirige verso l’imbuto di Buggero che veniva usato anticamente per la raccolta della legna abbattuta dalle slavine.
24- La cresta rocciosa de La Costa dei Frati sale verso il Monte Cacamillo, per raggiungere la cima si deve salire per l’mbutino a destra della fascia rocciosa che chiude la cresta.
25- L’aerea cresta rocciosa di Scaglia Rossa de La Costa dei Frati, a sinistra si nota la strada di breccia che scende a Rio Sacro e quella sopra parallela asfaltata che conduce alla Centrale idroelettrica mentre sopra a tutte la strada Fiastra-Bolognola.
26- Veduta verso Nord con il Monte Fiegni a destra dei miei amici e sullo sfondo il Monte San Vicino a sinistra.
27- Le rocce da cui forse proviene il cippo del Puntone Piemà.
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29 (Ph. Romina)
30- Versante Est del Puntone Piemà con il percorso per il raggiungimento delle Grotte di Buggero, visto da Bolognola.
Pianta satellitare del percorso proposto.
ROSSO: Itinerario di accesso
ROSSO TRATTEGGIATO: Itinerari proposti per Buggero o per M. Cacamillo



MONTE CASTELLO E CASTELLACCIO. Altre cime poco conosciute che dominano il Piano Grande.

Anche questo itinerario proposto è poco frequentato, facile, adatto a tutti e permette di avere una visione aerea completa del Piano Grande dalla parte opposta del Monte Guaidone, il cui itinerario di raggiungimento è stato descritto in questo sito soltanto una settimana fa, in cui si è passati da condizioni invernali con innevamento seppure scarsissimo alle attuali condizioni di primavera inoltrata.

Tale cima, pur essendo alta solo 1588 metri, presenta un dislivello molto ripido di 300 metri dal Piano Grande in quanto propongo di partire direttamente dalla strada Castelluccio-Norcia in corrispondenza del temine del Piano ed inizio della salita per il Valico di Castelluccio .

Tale salita è sicuramente più impegnativa e interessante rispetto all’eventuale itinerario di raggiungimento alla cima che può essere effettuato più facilmente dal Valico di Castelluccio prendendo il sentiero per Costa Precino fino al Monte Ventosola per deviare a destra per il Castellaccio e quindi per il successivo Monte Castello ma con ritorno obbligato per lo stesso itinerario in quanto il Monte Castello è una cima separata che deve essere raggiunta appositamente.

Invece l’itinerario che propongo permette un giro ad anello scendendo direttamente per la bellissima Valle Caprelli o dal Malpasso fino al Casaletto Guglielmi, per una valletta laterale del Piano Grande che rimane invisibile dalla strada e quindi meno conosciuta, in quanto racchiusa tra il Monte Ventosola ed il Monte Castello, per poi raggiungere la strada nel punto in cui si è lasciata l’auto.

In ogni caso l’itinerario prevede anche la eventuale salita al Monte Ventosola 1718 m.

ACCESSO: Si raggiunge in auto il Piano Grande di Castelluccio tramite la strada provinciale n.477, se si proviene da Norcia, una volta raggiunto il Rifugio Perugia ed il Valico di Castelluccio si scende al Piano Grande, appena terminata la discesa si parcheggia dopo la curva di fianco alla strada (non sui prati, 351299 E – 4739559,8 N; 1285 m.), se si proviene da Castelluccio si scende dal paese e si prosegue in direzione Norcia, si percorre tutto il Piano Grande fino alla curva da dove inizia della salita dove si parcheggia.

DESCRIZIONE: Dall’auto si scende nel Piano Grande in direzione Nord-ovest in direzione della cresta sovrastante, dopo circa 200 metri ci si trova alla base della cresta caratterizzata da rocce affioranti che si sale direttamente senza itinerario, su pendii piuttosto ripidi, si supera un grande masso distaccato dal terremoto ed in circa 40 minuti dall’auto si raggiunge la cima del Monte Castello (350914,6 E – 4738708,7 N; 1588 m.) da cui si osserva la nascosta Valle Caprelli sottostante il versante Ovest della montagna e tutto il Piano Grande, dall’Ingiottitoio fino alla Cima del Redentore che lo chiude a Nord-Est.

Dal Monte Castello si scende per cresta rocciosa obbligata in direzione Sud fino alla sella a 1545 m. (350979 E – 4738198,5; 10 minuti) per poi riprendere la salita, sempre caratterizzata da rocce affioranti, fino al Castellaccio (15 minuti, 351126,3 E – 4737549,5 N; 1655 m.) da cui si apre la veduta verso il Valico di Castelluccio da cui si può provenire per chi non ama le salite ripide di montagna !!!

Da qui, se si vuole raggiunge la cima del Monte Ventosola che si innalza a destra, si scende la cresta in direzione Ovest, si risale la cima di quota 1660 m. (350865 E – 4737417,7 N), si ridiscende sempre verso Ovest fino al tratturo imbrecciato sottostante quindi si risale alla cima del Monte Ventosola direttamente per pendio erboso senza tracciato (30 minuti dal Castellaccio, 350358,2 E – 4737397,4 N; 1718 m.)

DISCESA: Dal Castellaccio si scende direttamente, senza itinerario, nella Valle Caprelli sottostante nel versante Nord-ovest costeggiando la faggeta presente nel fosso che scende dalla cima fino ad intercettare un sentiero di fondovalle che, in un’ora, riporta all’auto passando nei pressi del diroccato Casaletto Guglielmi che si osserva dall’alto durante la salita (350426 E – 4739358 N; 1309 m.) tenendosi sempre verso destra in direzione Est costeggiando sempre il Monte Castello.

Dalla cima del Monte Ventosola non si scende per l’itinerario di salita ma invece si scende liberamente verso Nord-ovest per raggiungere il tratturo che attraversa in quota il versante (attraversato durante la salita) fino al canalone che scende verso la Valle Caprelli, dove si intercetta un sentiero che scende a mezza costa del versante Est del Monte Callarelle fino al canalone del Malpasso e, sempre in discesa, fino al Casaletto Guglielmi (1 ora).

Dal Casaletto in altri 15 minuti tenendosi sempre alla base del Monte Castello si raggiunge la strada da dove è iniziata la salita.

Prima di andare via dal Piano Grande non poteva mancare un giro nei vari laghetti temporanei che, grazie alla limpida giornata, si sono trasformati in tanti specchi regalando fantastiche immagini delle cime del gruppo Sud dei Monti Sibillini (foto e video 43-56).

1- Il Monte Castello a destra con la cresta di salita caratterizzata da linee di neve quindi il Monte Ventosola al centro ed il Castellaccio a sinistra, a mezza costa la strada che sale dal Piano Grande a Norcia, visti verso Sud-ovest da Castelluccio.
2- La curva della strada del Piano Grande da cui inizia l’itinerario proposto al Monte Castello con, a destra, la cresta di salita con rocce affioranti.
3- In breve si guadagna quota sul Piano Grande, di fronte il Poggio di Croce,nel margine destro il Monte Porche in lontananza.
4- La ripida cresta di salita con rocce affioranti.
5 – 7- La strada del Piano Grande con il lungo rettilineo di 4 chilometri e la Cima del Redentore che troneggia sullo sfondo, nel piazzaletto prima della curva la mia auto.
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8- Foschia mattutina al Piano Grande.
9 – 10.- Un grande masso staccato dal terremoto dalla sua base incombe sul piano sottostante.
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11- Un continuo ripido pendio con lingue di neve (visibili nella foto n.1) caratterizza la cresta di salita.
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13- La cima del Monte Castello
14 – 15- L’immensa veduta aerea del Piano Grande con i tanti laghetti primaverili, dalla cima del Monte Castello.
15- Il Fosso Mergani e i Monti della Laga sullo sfondo
16- Dalla cima del Monte Castello, il Castellaccio a sinistra ed il Monte Ventosola a destra.
17- Primi fiori primaverili: Draba aizoides
18- Primi fiori primaverili: Iberis saxatilis
19- A sinistra la già verde Valle Caprelli nel versante Ovest del Monte Castello con il Casaletto Guglielmi., una settimana fa era tutto coperto dalla neve.
20- La mia ombra scende verso Valle Caprelli con il Casaletto Guglielmi
21- Zoom sul Casaletto Guglielmi frequentato da cavalli allo stato brado.
22 – 23- Buche di talpe nel Piano Grande, dall’alto si possono notare i loro tracciati sotterranei e soprattutto il numero della loro popolazione.
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24- Il lungo rettilineo della strada del Piano Grande con il Monte Argentella sullo sfondo.
25- La forcella tra il Monte Castello e Castellaccio a sinistra e il Monte Ventosola a destra, al centro il bosco di discesa verso Valle Caprelli
26- Il Monte Castello visto dal Castellaccio, a sinistra la Valle Caprelli.
27- La Valle Caprelli sottostante il Castellaccio
28- Veduta verso Sud dal Castellaccio con la strada per Norcia ed il Valico di Castelluccio da cui si può provenire in modo più banale.
29- 30- Il Monte Guaidone, il cui itinerario di accesso ho descritto per la cresta visibile a sinistra solo una settimana fa in condizioni invernali.
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31- Il Piano PIccolo ed il Laghetto.
32- Zoom sul Laghetto del Piano Piccolo visto dal Castellaccio
33- Veduta verso Nord, il Monte Argentella a sinistra con i canali gemelli e Cima di Forca Viola a destra.
34- La Cima di Passo Cattivo al centro , il PIzzo Berro che emerge dietro, il Monte Prata sottostante in primo piano con la strada per Fonte della Giumenta.
35- Sempervivum arachnoideus si confonde con i licheni delle rocce del Castellaccio.
36- La prima parte di Valle Caprelli sotto al Castellaccio, a destra le pendici del Monte Castello.
37- La Valle Caprelli ed il Castellaccio a sinistra del bosco.
38- Riparo di lamiera di pastori trascinato probabilmente dal vento dai pendii soprastanti nel Fosso del Malpasso, in questi ultimi anni ho documentato numerosi abbandoni indiscriminati di rifiuti vari da parte dei pastori estivi che frequentano i Monti Sibillini.
39 – 40- Il fondo della Valle Caprelli con il Casaletto Guglielmi e numerosi cavalli.
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41 – 42- Le centinaia di buche delle talpe viste dal basso anzichè dall’alto come nelle foto 22-23
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43- 44- Il Monte Porche ed il Monte Argentella.
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45- La parte terminale della catena dei Monti Sibillini, dal M.Porche alla Cima del Redentore.
46- 47- La Cima del Redentore con i suoi più di 1000 metri di dislivello dl Piano Grande.
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48- Fioritura di Crocus vernus nei pressi dei laghetti temporanei del Piano Grande
49- 50- Il Monte Guaidone, la cui salita è stata descritta una settimana prima del presente itinerario
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51- La cresta Forca di Presta -Monte Vettoretto e la Valle Santa sulla sinistra.
52- Dettaglio dell’erba che spunta dall’acqua dei laghetti temporanei del Piano Grande con le strisce di neve della Cima del Redentore che si rispecchiano nel laghetto.
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57- PIANTA SATELLITARE DEL PERCORSO PROPOSTO PER MONTE CASTELLO
ROSSO: Itinerario di salita
GIALLO: Itinerari di discesa



MONTE GUAIDONE Una cima poco conosciuta posta a cavallo dei Piani di Castelluccio

l’itinerario proposto è poco frequentato, facile, adatto a tutti e permette di avere una visione aerea completa dei due dei tre piani carsici di Castelluccio, il Piano Grande ed il Piano Piccolo con il bellissimo Laghetto, quest’ultimo piano meno conosciuto in quanto rimane nascosto proprio dal Monte Guaidone.

Tale cima, pur essendo alta solo 1647 metri, presenta un dislivello di circa 400 metri dai due piani carsici e presenta un panorama davvero unico sui piani di Castelluccio e sul versante Ovest della catena dei Monti Sibillini con l’imponente Cima del Redentore in primo piano.

Si consiglia di effettuare l’escursione o in primavera intorno alla metà di maggio per avere una visione dall’alto anche della fioritura spontanea (non dei campi coltivati) del Piano Grande, già riportata in articolo in questo sito (la fioritura spontanea primaverile a Castelluccio) o verso la metà di Ottobre quando le faggete della Macchia Cavaliera del Piano Piccolo si tingono dei colori autunnali.

D’inverno è una salita che può essere molto divertente con le ciaspole ma richiede maggiore pratica in quanto si devono affrontare due tratti di ripida salita.

ACCESSO: Si consiglia di raggiungere in auto il Ranch-camping (352485,3 E – 4740756 N; 1280 m.) presente nel Piano Grande, se si proviene da Norcia, lo si trova sulla strada Provinciale n.477 del Piano Grande a circa 2 km prima della salita per Castelluccio, se si proviene da Castelluccio si scende dal paese e si prosegue in direzione Norcia fino a circa metà del Piano Grande.

DESCRIZIONE: Dal Ranch si prende il tratturo in direzione Est che si inoltra nel Piano Grande in direzione della Valle del Bonanno-Pian Piccolo chiusa tra il Monte Guaidone e La Rotonda (15 minuti, foto n.1 -2).

Giunti all’imbocco della valle (2 km dall’auto, 354058 E – 4739637,8 N; 1290 m., foto n.5) si può salire il più ripido pendio di destra (itinerario di salita n.1) dove si nota una traccia che in circa 20 minuti conduce alla facile cresta Nord che si fa un po’ più ripida solo nell’ultimo tratto, visibile dal Ranch, in altri 30 minuti (1,5 km totale di cresta) conduce alla cima del Monte Guaidone (353861,4 E – 478115,8 N; 1647 m.).

Oppure si prosegue dopo la strettoia della valle ancora per altri 700 metri fino a superare in vallone che scende dal versante Nord del Monte Guaidone, si raggiunge la base della seconda cresta Nord (itinerario di salita n.2) , parallela alla prima, più lunga ma meno ripida, che sale sempre a destra verso il Monte Guaidone, e si risale senza tracciato, in meno di un’ora si raggiunge la cima.

DISCESA: O per lo stesso itinerario di salita oppure, se si vuole allungare, dalla cima si consiglia di scendere per la cresta Sud in direzione della Collina Carbonara fino a raggiungere la strada sterrata che dal valico di Castelluccio scende per il Pian Piccolo (30 minuti, 352940,8 E – 4737146 N; 1410 m.).

Da questo punto si hanno due possibilità:

1- Si continua la strada sterrata in piano verso Ovest che si inoltra nel bosco fino al parcheggio Scentinelle, si prosegue sempre nel bosco fino al valico dove, in 30 minuti, si intercetta la strada asfaltata proveniente da Norcia che scende a Castelluccio, dal piazzale panoramico si nota una traccia che scende sottostrada e velocemente conduce al Piano Grande fino ad un bivio nella zona denominata Carbonara, alle pendici della Costa Sassetti, prendendo il tratturo di sinistra si raggiunge il Fosso Mergani e l’inghiottitoio (351686,2 E – 4738171,7 N; 1255 m.) quindi per prati dirigendosi verso la strada asfaltata a sinistra, in circa 40 minuti si raggiunge il ranch (consigliata a chi non conosce l’Inghiottitoio ed il Fosso Mergani e a primavera per osservare la fioritura spontanea) oppure prendendo il tratturo di destra si costeggia tutto il Fosso Mergani passando alla base delle pendici Ovest di Costa Faeto del Monte Guaidone fino ad incrociare il tratturo preso per la salita, quindi brevemente verso sinistra si raggiunge il Ranch,

2- Si continua la strada sterrata in discesa verso il Piano Piccolo raggiungendo i ruderi del Silos Amati e il Laghetto del Pian Piccolo (15 minuti, 354057 E – 47371154,5 N; 1330 m.; consigliata in primavera per le fioriture ed in autunno per ammirare i colori delle faggete del versante Nord di Monte Macchialta e a chi già conosce il Fosso Mergani del Piano Grande). Dal Laghetto si prende il tratturo in direzione Est che costeggia le pendici Sud-est del Monte Guaidone, sotto alla Macchia Monella, nella zona chiamata “la Dogana” che, in 30 minuti riporta alla Valle del Bonanno da dove si è iniziata la salita.

Di seguito le immagini dell’itinerario proposto.

1- La cresta Nord di salita al Monte Guaidone, dietro l’altra cresta di salita proposta, vista dal Ranch di Piano Grande.
2- Dettaglio delle due creste parallele proposte per la salita al Monte Guaidone.
3- Giunti all’imbocco della valle del Bonanno si risale il pendio a sinistra in corrispondenza di una traccia di sentiero, di fronte il Piano Grande da cui si proviene.
4- Ranunculus ficaria ricoperto di brina.
5- Salendo il pendio della cresta Nord del M. Guaidone si nota perfettamente il tratturo di collegamento al Ranch da cui si parte.
6- Una coppia di Coturnici sale il pendio.
7- Veduta verso la Valle del Bonanno dal pendio di salita, a sinistra in lontananza i pendii del Monte Vettoretto.
8- Man mano che si sale si osserva il tratturo percorso proveniente dal Ranch del Piano Grande.
8- Veduta verso il Fosso Mergani del Piano Grande, al mattino presto era tutto sereno, verso le 9 sta arrivando da Ovest il maltempo annunciato per il pomeriggio
9- Dettaglio del Fosso Mergani con l’Inghiottitoio.
10- Veduta verso Nord con l’imponente Cima del Redentore con copertura nevosa scarsa nonostante siamo a fine stagione invernale, la neve non è presente neppure nei canaloni
11- Il Piano Grande con copertura nevosa a macchia di leopardo, il tratturo che lo attraversa è quello indicato nell’itinerario 2 proposto per il ritorno al Ranch visibile al centro della foto.
12- Castelluccio domina il Piano Grande, sullo sfondo al centro il Monte Bove Sud, a sinistra il Monte Bicco e a destra la Cima di Passo Cattivo e la Cima di Vallinfante.
13- Il Monte Porche a sinitra e il Monte Argentella a destra con i canali gemelli del versante Sud, di fronte la cima denominata non a caso “La Rotonda” .
14- La faggeta di Costa Sassetti, nel versante Nord del Monte Guaidone.
15- La mia ombra raggiunge quasi il Piano Grande, posto 400 metri più in basso.
16- Un grande telo di plastica parzialmente sotterrato e coperto da pietre sulla cima di Monte Guaidone, forse lasciato da pastori che in questi ultimi anni stanno lasciando molti rifiuti nei pressi degli stazzi estivi.
17- Innevamento ormai assente nelle cime circostanti i Piani di Castelluccio, non ci sono rilevanti accumuli di neve invernale nei canali o nelle creste sottovento.
18- La veduta a 360 gradi dalla cima del Monte Guaidone, un cumulo di pietre forse di un vecchio stazzo e una pianta di rosa, nessuna croce e nessuna iscrizione a terra per fortuna, a dimostrazione che è una cima poco frequentata..
19- Panoramica verso Nord con la Cima del Redentore
20- Panoramica verso Nord-ovest e del Piano Grande dalla cima del Monte Guaidone.
21- Panoramica verso Ovest con la parte terminale del Piano Grande nella zona del Fosso Mergani ricoperto di piccoli laghi temporanei
22- Dettaglio dei tanti laghetti temporanei che costellano il Fosso Mergani.
23- Panoramica verso Sud nel Piano Piccolo con il Laghetto.
24- Dettaglio del Laghetto del Piano Piccolo, visibile solo dalle cime che contornano il Piano.
25- Panoramica verso Sud con il Monte Macchialta e Macchia Cavaliera, sullo sfondo emergono i Monti della Laga
26- Dettaglio del Fosso Mergani con mucche al pascolo
27- Il pendio Ovest della Cima del Redentore con il Cordone del Vettore ben visibile e lo Scoglio dell’Aquila a destra.
28- Bianco e nero verso la zona di Forca Canapine e dei Pantani di Accumoli.
29- Ptilocephala plumifera, piccola farfalla diurna di circa 2 centimetri che si rinviene localizzata nei Monti Sibillini, a sfarfallamento precoce, fotografata sulla cima del Monte Guaidone.
30- Riflessi sulla via del ritorno sui tanti laghetti temporanei che costellano il Piano Grande, purtroppo le nuvole avevano già coperto il sole, la Cima del Redentore.
31- Da sinistra il Monte Porche e Monte Palazzo Borghese, Monte Argentella e Cima del Redentore.
32- Bianco e nero sulla cresta di salita del Monte Guaidone.
33- Il Monte Argentella con i canali gemelli e Forca Viola sulla destra
34- La cima del Monte Guaidone con la faggeta di Costa Sassetti.
35- Bianco e nero sulla parte terminale del Piano Grande oltre l’Inghiottitoio, nel bosco in fondo passa l’itinerario di ritorno n.1 che poi scende al Piano Grande costeggiando la faggeta della foto.
36- Il il Monte Porche e Monte Palazzo Borghese e Monte Argentella con i Colli Alti e Bassi di fronte e Castelluccio a sinistra.
37- La Cima del Redentore con innevamento desolante nonostante siamo a fine stagione invernale.
38- Dettaglio dello Scoglio dell’aquila con il canale di salita di San Benedetto che sale tra le rocce al suo margine sinistro ed il canale di discesa a destra.
39- Un primo Croco emerge dalla neve.
40- Alle 12 il cielo si era già coperto per il maltempo annunciato al pomeriggio, il Monte Guidone visto da Castelluccio.
41- Bianco e nero sui campi coltivati sotto alla collina di Castelluccio
42- Lupo in transito nel Piano Grande, di fronte al rimboschimento “Italia”.
Panorama a 360 gradi da Monte Guaidone
42- Pianta satellitare del percorso proposto.
ROSSO: Itinerari di Salita GIALLO: Itinerari di discesa



DUE SORGENTI POCO CONOSCIUTE: La sorgente Ribotto e la Fonte Trocca nei dintorni della Pintura del Ragnolo.

Questo breve itinerario permette di raggiungere due sorgenti poco conosciute, poste a poca distanza tra loro, situate nei pressi della Pintura del Ragnolo, nel gruppo Nord-est dei Monti Sibillini.

La Fonte Trocca è situata all’inizio del fosso Trocca che scende da Pizzo di Chioggia verso ovest in direzione di Acquacanina.

La Fonte Ribotto scende nel versante opposto nel fosso in direzione di Valle Scura, verso Monastero.

La Fonte Trocca è stata censita dal CAI e riportata nell’elenco delle sorgenti dei Monti Sibillini mentre la Sorgente Ribotto, poco distante, è solo riportata in alcune cartine.

Per raggiungere le due fonti basta arrivare in auto alla Pintura del Ragnolo salendo da Acquacanina per la strada del Ragnolo oppure da San Liberato quindi a piedi seguendo le indicazioni delle due prime foto satellitari.

Un grazie a Manuel per foto e cartine.

1- Percorso per la Sorgente Ribotto.
2- Percorso per la Fonte Trocca.
3- Cartina con la posizione delle due sorgenti.

SORGENTE RIBOTTO

4 – 6- Sorgente Ribotto in versione estiva.
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7 – 10- Sorgente Ribotto in versione invernale
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FONTE TROCCA

11 – 15- Fonte Trocca in versione invernale
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16 – 184- Fonte Trocca in versione estiva.
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MONTE BICCO: due salite in un unico giorno, enchainements del Canale Maurizi alla Est e della Diretta Ovest.

Il 26 marzo 2022 con Alicia, Elia, Angelo, Federico, Gilberto e Valerio abbiamo effettuato in giornata un enchainements del classico canale Maurizi al versante Est e successivamente della diretta per il versante Ovest al Monte Bicco.

Siamo partiti dal piazzale dell’Hotel Felicita di Frontignano e abbiamo raggiunto i campi da sci Jacci di Bicco – Cristo delle Nevi salendo per il canale del Cornaccione approfittando della neve compattata della pista da sci.

Quindi abbiamo traversato il versante Ovest del Monte Bicco per raggiungere la Forcella Passaiola e siamo scesi sotto alla parete Nord del Bicco fino a raggiungere la base dello spigolo roccioso oltre il quale sale il canale Maurizi al versante Est.

Risalito il facile e classico canale e raggiunta la sella prima della cima del Monte Bicco siamo scesi nel versante Ovest in direzione del canale che costeggia gli impianti di risalita passando alla base delle placche rocciose del versante Ovest, dove sono presenti diverse vie di roccia attrezzate (palestra di arrampicata).

Superate le placche rocciose abbiamo iniziato la traversata in quota del versante fino alla verticale della cima quindi siamo risaliti in linea retta raggiungendo cosi due volte il Monte Bicco nella stessa giornata da due versanti diversi.

Il Canale Maurizi è una via invernale classica indicata nella bibliografia dei Monti Sibillini mentre la Diretta Ovest invernale al Monte Bicco è riportata solo nel mio sito (La direttissima al Monte Bicco), entrambe sono facili, presentano pendenze che superano di poco i 40°, in particolare la diretta Ovest poco prima della cima e, vista la loro vicinanza e il relativo dislivello, sono percorribili entrambe in giornata, anche se in totale si percorre comunque circa 1000 metri di dislivello in salita dal parcheggio.

CANALE MAURIZI INVERNALE ALLA EST DEL MONTE BICCO

1- La traversata del versante Ovest del M. Bicco verso la Forcella Passaiola, a sinistra.
2- Il versante Ovest del M.Bove Nord e la sottostante Val di Bove visti dalla base della parete Nord del M. Bicco.
3- Aggiriamo lo spigolo Nord del M.Bicco per prendere l’attacco del Canalone Maurizi, in alto sullo sfondo la stazione della ex funivia del M.Bove Sud.
4 – 5- L’attacco della salita del Canale Maurizi, sullo sfondo la Croce di M.Bove già in versione primaverile senza neve (ph. Federico G.)
5 (ph. Federico G.)
6 – 9- Fasi di salita del Canalone Maurizi (ph. Gilberto).
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8 (ph. Angelo C.)
9 (ph. Angelo C.)
10- Camoscio curioso ci osserva dalla cresta Est del M.Bicco.
11 – 12- Canalone Maurizi – Zona centrale con il M.Bove Nord alle spalle.
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13 – 14- Canalone Maurizi – Il tratto più ripido, saliamo tra ombra e sole.
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15 – 16- Canalone Maurizi – L’uscita sulla sella poco prima della cima del M. Bicco.
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17- Il versante Ovest del Monte Bove Nord con scarso innevamento.
18- Raggiunta la cima del M.Bicco scendiamo subito per affrontare la seconda salita
19- Le bellissime placche attrezzate nel versante Sud-ovest del M.Bicco.
20- Ultimi scogli prima della traversata per la Diretta Ovest, in fondo il canalone del campi da sci Jacci di Bicco. (ph. Federico G.)

DIRETTA OVEST INVERNALE AL MONTE BICCO

21-Diretta Ovest- Raggiunta la verticale della cima del M. Bicco ricominciamo la seconda salita.
22 – Diretta Ovest- Si costeggiano le particolari formazioni rocciose a gradoni del versante Ovest del M. Bicco, preferite dai camosci.
23- Diretta Ovest- Fasi di salita, sullo sfondo gli impianti di risalita Jacci di Bicco.
24- Diretta Ovest- Inizia il tratto più ripido.
25- Diretta Ovest- Fa caldo ma per fortuna la neve è ancora discreta (ph. Gilberto).
26 – 28- Diretta Ovest- Gli ultimi torrioni prima della cima.
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29- Diretta Ovest- L’ultima ripida crestina nevosa. prima della cima.
30- In cima al Monte Bicco per la seconda volta in giornata (ph. Valerio B.)
31- Foto di gruppo sulla cima del Monte BIcco (ph. Valerio B.)
32- Il Monte Bove Sud e la testata della Val di Bove visti dal Monte Bicco.
33- Meritata pausa pranzo dal nostro amico Tonino del Ristorante La Filanda di Visso.