CRESTA NORD Variante alla Via della Mitria- MONTE BOVE NORD

Previa obbligatoria richiesta di autorizzazione al Collegio Guide Alpine Marche info@guidealpinemarche.com come richiesto dall’ Ente Parco dei Monti Sibillini con D.D. n. 542 del 21/12/2009 e alla Regolamentazione della pratica dell’Alpinismo nell’area del M. Bove ai sensi del D.D. 384/2014, per la salvaguardia dell’Area Protetta del Camoscio appenninico, il 17 luglio 2025, abbiamo percorso la cresta Nord dello Spalto Occidentale del Monte Bove Nord per una breve, facile ma interessante via alpinistica con brevi passaggi su roccia di I e II°.

Ricordo che le vie di roccia del Monte Bove Nord possono essere salite solo dal 16 Luglio al 30 Aprile previa richiesta di autorizzazione, cosa alquanto ignorata dagli alpinisti di Facebook.

La via corre parallela alla “Via della Mitria” storica salita alpinistica che percorre tutta la cresta rocciosa indicata con la linea tratteggiata nella foto n.1.

ACCESSO: Si raggiunge in auto il Parcheggio del Monte Cornaccione (1) o il piazzale dell’Ex Hotel Felicita (2). Quindi per strada sterrata (1) o canalone (2) si raggiunge il Cristo delle Nevi. Dal Cristo delle Nevi si percorre il sentiero per la Forcella Passaiola e si scende in Val di Bove fino alla Fonte di Val di Bove dove si intercetta il sentiero che sale alla Forcella tra la Croce ed il Monte Bove Nord.

DESCRIZIONE: Dalla Forcella si scende un centinaio di metri in direzione della cresta della Via della Mitria. Giunti alla base del primo torrione che si incontra a destra, con grotta retrostante, si inizia a risalire dapprima un ghiaione quindi dei salti rocciosi alternati a ripidi tratti erbosi fino alla sommità dello Spalto Occidentale (foto n.1).

In circa 30 minuti di salita con passaggi di I e II° su roccia alternati a ripidi tratti erbosi, si raggiunge la sommità dello Spalto Occidentale.

Si prosegue per cresta erbosa, si percorre il bordo di un ripido scivolo erboso e si raggiunge la sommità dello Spalto Centrale, senza mai risalire tutto il pendio erboso fino alla cresta sommitale.

Dalla cima dello Spalto Centrale si risale fin sotto alla cima del Monte Bove Nord per scendere in direzione della sommità dello Spalto Orientale per affacciarsi da uno dei terrazzini più vertiginosi dei Monti Sibillini, con 650 metri di dislivello verticale sotto ai piedi.

RITORNO: Si ritorna al Cristo delle Nevi proseguendo la cresta dal Monte Bove Nord fino al Monte Bove Sud quindi scendendo verso gli impianti di risalita invernali per l’itinerario escursionistico classico

1- la Cresta Nord dello Spalto Occidentale con le vie indicate, sullo sfondo a sinistra il Fosso La Foce.
2 – 4- Fasi di risalita della via proposta.
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5 – 7- La sommità dello Spalto Occidentale.
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8- Si prosegue a mezza costa su pendii erbosi ripidi verso lo Spalto Centrale.
9- Il canale che separa lo Spalto Occidentale da quello Centrale.
10- La sommità dello Spalto Centrale
11- Il canale sotto allo Spalto Centrale.
12 – 13- Continuiamo verso lo Spalto Occidentale
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14- Una grande frana provocata dal sisma del 2016 sotto allo Spalto Centrale
15- Sotto alla cima del Monte Bove Nord, nel prato tra lo Spalto Centrale e quello Occidentale incontriamo un folto gruppo di tranquilli camosci al pascolo.
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22- Iniziamo la ripidissima discesa verso la sommità dello Spalto Orientale
23- Lo Spalto Orientale, sembra un semplice dosso erboso.
24- Veduta degli Spalti Orientale e Centrale con una delle grandi frane prodotte dal sisma del 2016.
25 – 26- L’incredibile terrazzino dello Spalto Orientale, da dove si ammira un panorama verticale di 650 metri di dislivello, di fronte il paese di Casali ed in fondo Ussita.
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27- Dai tre Spalti proseguiamo verso la Punta Anna.
28- Veduta verticale sulla Val di Panico
29- La Punta Anna sotto di noi. il grande torrione della parete Est del Mont Bove Nord.
30 – 32- Veduta intorno alla Punta Anna.
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33- Veduta sul Canalone Nord.
34- Meritato riposo su un torrione che sovrasta il Canalone Nord.
35- La cima del Monte Bove Nord con la Punta Anna a destra, viste dalla cresta che conduce al Monte Bove Sud,



FOSSO DELLA CASTAGNA – SMERILLO

Per chi vuole evadere dal caldo torrido estivo e ama la natura selvaggia, dall’aspetto praticamente tropicale, si può immergere in questo Fosso alle falde della montagna di Smerillo (FM).

Il Fosso presenta tratti di forra alternati a cascatelle e laghetti immersi sempre in una lussureggiante vegetazione che rende delle volte il proseguimento impegnativo.

La lunghezza del percorso normale è di circa 1,5 chilometri.

L’escursione proposta non è affatto comoda, è facile ritornare graffiati dai rovi ed è quindi adatta ad escursionisti che si sanno destreggiare tra rovi, alberi e massi e che amano bagnarsi i piedi.

Si consiglia di portare un bastoncino o altro per tagliare rovi e vegetazione che, delle volte, impedisce il proseguimento, neppure passare sempre in acqua è possibile in quanto il torrente, in alcuni punti in particolare nella prima parte, è ricoperto da un tunnel di folta vegetazione.

ACCESSO: Da Fermo si prende la strada in direzione Servigliano, si prosegue, si raggiunge in auto l’incrocio per la frazione di Molino – Monte San Martino percorrendo Strada Provinciale 239 Fermana-Faleriense e si prosegue per altri 500 metri fino al primo ponte che si incontra, si parcheggia a destra poco prima del ponte in corrispondenza di una stradina che scende nel campo sottostante.

Da Amandola si prende la medesima strada Provinciale in direzione lago di San Ruffino -Servigliano, si supera il Lago e la frazione di val di Tenna (incrocio Smerillo-Montefalcone Appennino) e si prosegue per circa 4 chilometri fino al ponte, si parcheggia a sinistra poco dopo.

DESCRIZIONE: Dal parcheggio (posto per una sola auto), si scende per stradina sterrata nel prato sottostante e ci si dirige a sinistra fin sotto al ponte, che in realtà sono due in quando quello vecchio è ricoperto da vegetazione e dalla strada non si vede praticamente più, da qui faticosamente si risale il fosso fino ad una cascata di circa tre metri che impedisce un agevole proseguimento se non si ha pratica con corde.

L’escursione richiede un paio di ore tra andata e ritorno.

A fine escursione, per completare la giornata, si consiglia infine di visitare i bellissimi borghi di Smerillo e Montefalcone Appennino.

Di seguito le immagini dell’escursione:

1- Il doppio ponte da dove si risale il Fosso della Castagna.
2- La prima parte del fosso tra folte vegetazioni di felci,
3- 6 – Il fosso è caratterizzato da numerosi laghetti.
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7- Le felci, in questo caso la Lingua cervina (Asplenium scolopendrium), crescono addirittura sui tronchi richiamando l’aspetto di una foresta tropicale con Orchidee e Tillandisie epifite.
8- L’unica nota stonata che ci ricorda sempre la vicinanza alla civiltà è un bruttissimo doppio tubo nero di captazione dell’acqua che, credo, ormai in disuso, in quanto rotto in alcuni punti.
9 – 10- Nel fosso sono presenti grandi, altissimi e vecchi alberi, Ontani, Pioppi e Salici.
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11 – 12- Il alcuni tratti il fosso presenta massi e tronchi di alberi caduti che rendono impegnativo il proseguimento.
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13- La vegetazione fa sempre da padrona nel fosso.
14- La bellissima felce Lingua cervina in controluce.
15- Questa immagine l’ho già vista molti anni fa …….. si. … nella foresta tropicale dell’Honduras !!!!!
16- Una parete di Arenaria completamente rivestita di felci Capelvenere (Adiantum capillus-veneris)
17 – 18- Verso metà percorso il fosso si restringe prendendo l’aspetto di una forra dove i prosegue in acqua.
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19 – 21- In questo punto un grande albero, caduto da tempo e in corso di calcificazione, ha formato una piccola diga con relativa cascatella.
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22 – 31- Si prosegue in ambiente di forra con i piedi in acqua.
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32- In un tratto di fianco al laghetto più profondo è presente un vecchio cordino assolutamente da ignorare.
33- Infatti è semplicemente legato a dell’edera.
34- Ancora altri laghetti.
35 – 36- la cascata dove termina l’itinerario escursionistico, per il proseguimento e soprattutto per la discesa occorre una corda.
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37- Nel fosso sono presenti Gamberi di fiume (Austropotamobius pallipes) assolutamente da lasciare in pace.
38- Il raro Ipericum androsaemum
39 – 41- Il sottoscritto immerso nella foresta tropicale del fosso della Castagna.
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GROTTA DEL TORRIONE DESTRO DELLA VAL DI BOVE – MACCHIE DI BICCO

Da tempo avevo osservato il grande ed interessante torrione che delimita a destra l’inizio della Val di Bove dove, d’inverno con gli alberi spogli, avevo notato anche una grande cavità nel versante ovest.

La sua sommità rappresenta l’inizio della Cresta della Passaiola che prosegue fino alle falde del Monte Bicco.

Il 25 giugno 2025 l’ho faticosamente raggiunto il torrione, ho notato che qualcuno ci aveva messo già gli occhi, o meglio le mani, in quanto ho trovato sulla parete una fila di vecchi Spit anche se la roccia non è sempre solida, al contrario di come sembra da lontano, e interessata da alcune frane prodotte dal sisma del 2016, come del resto su tutto il Monte Bove.

Ho raggiunto poi la grande cavità, non profonda ma piuttosto lunga in quanto formata da un grande tetto di roccia, la cavità è usata dai Camosci come riparo, uno in particolare che girovagava sopra al torrione mi ha tirato dei sassi con le zampe per scacciarmi, e dal Lupi per le tracce che ho trovato.

Il torrione può essere raggiunto da Frontignano di Ussita, partendo a piedi dall’Ex Hotel Felicità, attualmente in fase di ricostruzione, scendendo a sinistra per la Val di Bove e percorrendo tutto il sentiero nel bosco fino a raggiungere il sentiero che scende dal canalone delle Saliere (350874,7 E – 4753720,9 N; 1315 m.).

Qui, c’è un basso cartello in legno che indica il sentiero per la Val di Bove, si sale nel bosco sovrastante, denominato “Macchie di Bicco”, iniziando una lunga traversata in costante ma non ripida salita verso il torrione, nel bosco ho trovato una vecchia traccia che conduce alla base del torrione ma non è facile ritrovarla a causa della grande quantità di foglie presenti nel sottobosco e dal fatto che non è assolutamente frequentato.

Dopo circa 600 metri e circa 150 metri di dislivello si raggiunge la base del torrione (351126,6 E – 4754047,5 N; 1450 m.), dove si notano gli Spit della via su roccia, si risale faticosamente il canalone ghiaioso molto ripido posto alla base sinistra del torrione tenendosi su una crestina rocciosa verso sinistra fino a raggiungere la grande cavità posta in alto sotto ad un grande tetto.

Attenzione sia alla salita dell’ultimo tratto di canalone, sotto alla grotta e soprattutto alla sua discesa fino alla base del canalone, la seppur breve escursione è consigliata solo ad escursionisti esperti.

Non ho alcuna notizia di chi abbia aperto la via su roccia attrezzata con numerosi Spit, forse il CAI Macerata che ha palestre di roccia nella zona oppure dagli attivissimi Gigliotti-Marchini degli anni 90.

Sarei lieto se qualcuno mi dia notizie in merito in quanto non si nota lo sviluppo della via ne quanti tiri sono poiché in alto non si notano catene, soste o altri Spit in quanto la parete superiore presenta cavità e tetti

Poi fotografando tutto il versante Ovest della Croce di Monte Bove, dalle Quinte alla cresta nord, ho notato un arrampicatore, tra l’altro ho poi saputo che è un mio amico, poco più di un puntino bianco e azzurro, sulla Quinta piccola, ma avendo la fotocamera compatta, non ho potuto fare ingrandimenti ma mi sono accontentato di una foto con il piccolo zoom di cui è dotata.

Poi oggi vengo a leggere sui social che alla notte è stato fatto il recupero, da parte del Soccorso Alpino, degli scalatori in difficoltà, che avevo notato ieri pomeriggio, per fortuna senza gravi conseguenze.

Il versante Nord del torrione invece lo avevo già esplorato in due occasioni alla ricerca di alcune grotte censite nel Catasto delle Grotte e Cavità della Regione Marche:

LE GROTTE DI VAL DI BOVE E DELLA MINCIURLA Luglio 26, 2024

I TERRAZZI DA BRIVIDO DEI MONTI SIBILLINI – Parte 1. Gennaio 27, 2019

Di seguito le immagini dell’escursione con la planimetria satellitare del percorso:

1- Il versante Ovest del torrione destro dell’imbocco della Val di Bove, il versante Nord l’ho già esplorato con due percorsi descritti nel blog.
2- Il Torrione con la grande cavità visibile solo d’inverno, si notano anche le frane prodotte dal sisma del 2016.
3- D’estate la cavità è nascosta dalla vegetazione.
4- la base del grande torrione, la roccia è a tratti buona e a tratti friabile. da lontano sembrava meglio.
5- La parte sinistra del torrione con il ripido canalone ghiaioso da salire per raggiungere la grotta.
6 – 7- La fila di vecchi Spit che si perde nella parete sovrastante
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8- La parete del torrione con Ussita sullo sfondo.
9- Il tratto finale del canalone ghiaioso con la grotta in alto.
10- Esce un po’ di sole che illumina la parete mentre salgo la crestina rocciosa alla sinistra del canalone, notate la ripidità del canalone.
11- L’ultimo ripido tratto roccioso sotto alla Grotta.
12- La grande cavità formata da un lungo tetto di roccia.
13- Il Monte Cardosa è visibile dall’interno della cavità.
14 – 15- Il grande tetto che forma la lunga cavità
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16- Un carpino nero è cresciuto al riparo nella grotta e si è adeguato alla sua forma.
17- Un altro torrione posto più in alto, verso la cresta della Passaiola, questo sembra di roccia solida ma non è facilmente raggiungibile.
18- In alto la grotta nascosta dalla vegetazione, visibile dal basso, per raggiungerla bisogna salire la cresta tra rocce e bosco che taglia proprio in diagonale la metà di tale immagine.
19-Uno sguardo verso la vicina Croce di Monte Bove Nord.
20- la cima della Croce di Monte Bove Nord.
21- I vari torrioni del versante Ovest della Croce di Monte Bove martoriati dalle frane prodotte dal sisma del 2016.
22- La base dei torrioni delle Quinte con il lontano e piccolo alpinista che sta salendo, avrà poi un infortunio e sarà soccorso in serata , come riportato oggi dai social.
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24- Planimetria satellitare del percorso: GIALLO : Percorso di avvicinamento ROSSO: Percorso di salita



FORRA DELLA VAL DI NICOLA

Sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo abbiamo esplorato questa piccola ma interessante e sconosciuta forra posta poche decine di metri sotto alla strada per le Lame Rosse, nella Valle del Fiastrone, già descritta nel mio blog nell’articolo ” LE CAVERNE I/II/III/IV DEL LAGO DEL FIASTRONE E FORRA DELLA VAL DI NICOLA.” ma non descritta in alcuna bibliografia, come anche la precedente FORRA DEL FOSSO DE VAGIOLARU esplorata di recente nei pressi di Bolognola .

Le grandi forre dei Monti Sibillini:

  • Forra del Fiastrone
  • Cascate di Rio Sacro
  • Forra dell’Acquasanta
  • Fosso la Foce e cascata dei Gracchi
  • Forra delle Roccacce e infernaccetto dell’Ambro
  • Pisciallacqua
  • Fosso Il Rio
  • Fosso Le Vene
  • Forra della Sibilla o Arcofù
  • Infernaccio del Tenna
  • Fossi di Meta I,II e III
  • Fosso della Corona
  • Rio Terro o Valle di Jana
  • Cascate della Costa dei Frati o di Monte Cacamillo
  • Cascata di Fosso Acqua del Pero o Cascata di Casali
  • Fosso dello Scoglio della volpe
  • Valle Tre Santi
  • Canyon del Fluvione
  • Fosso di Pizzo di Meta
  • Fosso di Fonte Lardina
  • Fosso di Selva Riberta
  • Fosso del Miracolo
  • Fosso dell’Argentella
  • Cascata del Fosso di San Chiodo
  • Fosso di Fonte del Sambuco
  • Fosso di Fonte della Giumenta
  • Fosso del Pisciatore
  • Forra di Valgrande

sono state già tutte esplorate da anni, attrezzate per le calate e, per la maggior parte, descritte in particolare nei due libri :

  • LE PORTE DELLA MONTAGNA di G. Antonini
  • FIGLIE DELL’ACQUA E DEL TEMPO di G. Antonini:

La forra descritta è stata discesa con Romina, Romolo e Benedetta, presenta diversi salti rocciosi di circa 10 metri intervallati da tre inquietanti marmitte generalmente sempre ricolme di scurissima acqua dovuta ai tannini prodotti dalla decomposizione delle foglie e dagli acidi umici dilavati dall’acqua nel terreno del sottobosco che si accumula dentro di esse, la più grande è larga circa due metri e profonda più di un metro e mezzo.

Per raggiungere la forra si segue l’itinerario già descritto indicato nell’articolo richiamato sopra.

Giunti all’imbocco della forra si scendono i vari salti facendo una doppia da 50 metri direttamente su albero, si supera la prima marmitta contenente poca acqua posta alla base di un salto di 6 metri.

Si prosegue nel fondo inciso e verticale e prima di raggiungere la marmitta più grande e profonda, per non immergersi nella scura acqua si può fare un frazionamento sulla sinistra orografica girando intorno ad un albero.

Superata la profonda marmitta e disceso il successivo salto più alto di circa 15 metri si prosegue sul fondo per alcuni metri quindi, con una seconda doppia facendo sempre sosta su albero, si scendono i successivi tre salti da 4-5 metri di cui il penultimo, strettissimo, che permette appena di muoversi al suo interno.

Giunti al fondo della forra la valle si allarga, si risale il ripido bosco sulla sinistra orografica fino a raggiungere la Grotta di Nicola e la strada che riporta al sentiero per le Lame Rosse, in corrispondenza dello slargo erboso proprio della Valle di Nicola.

Infine, non stanchi della discesa, ci siamo calati direttamente sul fosso dalla parete più alta, alta circa 50 metri, posta sulla destra orografica, dopo la marmitta più profonda per ridiscendere di nuovo nella seconda parte della forra.

Di seguito le immagini della discesa.

1- Romolo alle prese con la prima marmitta colma di acqua.
2 – 3 -Superata la prima marmitta si prosegue nel fosso, in basso la grande ed inquietante marmitta di acqua scura.
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4 – 5- Il frazionamento per non scendere dentro alla sporchissima marmitta.
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6 – 10- E’ poi la volta di Romina
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11 – 14 -Parte poi Benedetta, alla sua prima esperienza in forra.
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15- L’inquietante marmitta più grande e profonda, colma di scurissima acqua
16 – 17- La scalettata parete sotto alla marmitta più profonda.
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18- Romina scende la parete più alta, dopo la marmitta.
19- Un “panning” non voluto, Romina è perfettamente a fuoco mentre la parete è sfuocata..
20 – 22- E poi scendo anche io.
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23- La seconda parte della forra con l’ultimo salto strettissimo in fondo
24- La risalita del ripido bosco orografico sinistro del fosso, agevolata dalle Jumar sulla corda fissa che avevo messo io.
25- La discesa della verticale parete di 50 metri posta sul lato destro orografico dopo la profonda marmitta.
26- Si scende tra gli alberi
27- Una splendida Calosoma sycophanta a caccia di bruchi di processionaria che stavano divorando intere chiome di Lecci.
28- Sezione della forra con le indicazioni dei salti e delle doppie da montare
29- 35- Nel pomeriggio abbiamo anche fatto un salto alla splendida cascata di Rio Fessa che presenta questo meraviglioso tappeto di muschi su cui scorre l’acqua, ci aveva preso l’idea di calarci anche da questa cascata ma non l’abbiamo fatto proprio per non calpestare questo tappeto.
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FORRA DEL FOSSO DE VAGIOLARU – BOLOGNOLA

Il Fosso de Vagiolaru è un piccolo, e all’apparenza, insignificante fosso che scende dalle boscose estreme pendici ovest di Monte Ragnolo in prossimità di Bolognola, poco distante dalla più conosciuta Forra di Valgrande completamente attrezzata per la discesa.

Avevo esplorato il fosso tempo fa notando, dall’alto, una piccola ma interessante forra quindi sono ritornato con Romina e Romolo a discenderla integralmente scoprendo così un altro piccolo pezzo sconosciuto dei nostri Monti Sibillini.

Al mattino avevamo fatto un addestramento delle tecniche di discesa su corda nella Palestra di Fonte Lardina di Sassotetto effettuando discese con diversi gradi di difficoltà e prove di risalita su corda e tecniche di utilizzo di nodi autobloccanti.

Quindi nel pomeriggio ci siamo spostati a Bolognola per discendere la breve Forra del Fosso de Vagiolaru come primo approccio al torrentismo per Romina e Romolo.

ACCESSO: Si sale per la Strada Provinciale n.47 da Fiastra verso Bolognola passando per Acquacanina, giunti a meno di un chilometro da Bolognola la strada fa una rientranza più stretta, (400 metri prima del Fosso Renaccio, ultimo tratto della Forra di Valgrande, caratterizzato da accumuli di breccia rossa e attualmente usato come isola ecologica dal Comune di Bolognola), si parcheggia nello slargo della curva a sinistra.

DESCRIZIONE: Dalla curva della strada si entra nel bosco a monte per una traccia di sentiero che si addentra nel fosso, dopo 30 metri il sentiero devia a destra, lo si lascia per risalire, senza traccia, faticosamente in verticale il ripido bosco seguendo a breve distanza il bordo orografico destro del fosso.

Dopo circa 100 metri di salita si raggiunge un alto torrione che forma il bordo del fosso, lo si supera a destra per una strettoia quindi si prosegue per alcune decine di metri fino ad incontrare, a destra, una ripida rampa in discesa, che sembra quasi una traccia di sentiero, e che conduce all’interno del fosso, sopra al salto maggiore.

Si scende in diagonale con corda doppia (I° doppia) questa rampa raggiungendo il fondo del fosso dove un grande albero permette di attrezzare la prima discesa del salto più alto.

Il salto verticale (II° doppia) presenta uno sviluppo di oltre 25 metri intervallato da una profonda marmitta centrale, attualmente il fosso, nonostante le ultime copiose piogge, è asciutto anche se, a memoria di anziani del luogo, anticamente era interessato da portata idrica primaverile.

Quindi si prosegue nel fondo del fosso per una ventina di metri fino ad un secondo salto di circa 5 metri, qui un grosso albero proprio sopra al salto permette di attrezzare la terza doppia con cui conviene discendere anche i successivi brevi salti da 4, 3 e 3 metri fino al fondo, che in lieve discesa, conduce fino alla strada.

Si allega anche la sezione del fosso con l’indicazione dei vari salti.

Di seguito le immagini della giornata:

MATTINO : ADDESTRAMENTO ALLA FALESIA DI FONTE LARDINA – SASSOTETTO

1- Addestramento delle tecniche di discesa su corda nella piccola Falesia di roccia di Fonte Lardina a Sassotetto.
2 – 6 – Parte prima Romolo, alle spalle la mia auto, come si nota la palestra è comodissima.
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7- Poi è il turno di Romina
8 – 11 – Il secondo punto di calata, più alto e verticale.
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12- Prova di tecniche di risalita su corda.
13- La falesia di Fonte Lardina con il primo tratto di discesa più facile.
14 – 15- Orchis morio in fioritura sulla parete verticale, cosa straordinaria in quanto questa orchidea è tipica dei prati di montagna ma non delle pareti rocciose.
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POMERIGGIO : FORRA DEL FOSSO VAGIOLARU

16 – 18 -Fasi di discesa del primo salto, inizia Romolo
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18- Romolo ha raggiunto la marmitta intermedia.
19- Romolo sempre più distante, sta terminando la discesa del salto più alto.
20- E ora è il turno di Romina.
21 – 22- Zoom su Romina che ha raggiunto la marmitta intermedia.
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23- Il salto più alto, la parte dopo la marmitta, io sono poco più di un puntino nel bosco in alto,
24 – 25 – Il successivo salto da 5 metri.
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26 – 27- Ora è anche il mio turno, in quanto dovevo controllare le manovre di Romina e Romolo che sono alla loro prima discesa in forra.
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28- Sezione della forra con le indicazioni dei salti e delle doppie da montare.
29- Planimetria satellitare del percorso proposto.



LE GROTTE PARALLELE DELLA SCRUFOLA – RIO SACRO

I nostri “piccoli” Monti Sibillini ci regalano sempre nuove emozioni.

Grazie allo spirito di esplorazione di Manuel e alla tecnologia di una Termocamera a raggi Infrarossi usata per la certificazione energetica degli edifici abbiamo scoperto due nuove grotte situate una di fronte all’altra nei due versanti opposti, all’imbocco della Valle di Rio Sacro.

Con la Termocamera IR abbiamo mappato la parte finale della Valle di Rio Sacro dalla strada di fondovalle proprio per scoprire eventuali cavità da dove esce aria più fredda rispetto all’ambiente ed abbiamo così individuato da lontano la posizione della grotta più profonda, d’inverno, l’assenza delle foglie nella copertura boscosa, facilità la ricerca che altrimenti sarebbe impossibile fare.

Le due grotte non sono descritte in alcuna bibliografia, ne inserite nel Catasto delle Grotte e Cavità della Regione Marche nonostante la più grande abbia le caratteristiche minime necessarie di altezza (4 metri) e profondità (6 metri) per esserne inserita, non sono ricordate dagli anziani della Valle per cui non hanno neppure un nome.

Le grotte si aprono sotto ad vallone, delimitato ai lati da due speroni di roccia, che veniva chiamato dai Valligiani “Sodo della Scrufola”.

Dai racconti di mio nonno Angelo di Acquacanina, in questo vallone, una volta erboso ma attualmente ricoperto da un folto bosco, venivano portati i maiali al pascolo allo stato brado in quanto chiuso da entrambe i lati da cui il toponimo “Scufola” da “scrofa”.

Per cui non avendo notizie storiche del nome di queste grotte le abbiamo chiamate le “Grotte parallele della Scrufola” proprio in base al toponimo conosciuto più vicino.

Notizie storiche di anziani ormai non più in vita, che hanno custodito il loro segreto, narrano di una fantomatica grotta usata come rifugio dai Partigiani durante la seconda guerra mondiale proprio in questa zona, anche se sembra che dovrebbe essere più ampia, per cui non sappiamo se è questa che abbiamo scoperto l’effettiva Grotta dei Partigiani narrata nella zona.

Abbiamo proseguito l’esplorazione delle pareti e versanti dell’ultimo tratto di circa un chilometro del Rio Sacro prima della sua confluenza con il Fiastrone, attraversando più volte il torrente anche se non è questo il periodo migliore per guadarlo vista la temperatura dell’acqua !!!! ma non abbiamo trovato altre cavità.

ACCESSO: Si raggiunge in auto da Acquacanina l’imbocco della strada sbarrata della Valle di Rio Sacro dove si parcheggia.

DESCRIZIONE: Si scende a piedi la strada sterrata della Valle di Rio Sacro fino al ponte sul Fiastrone, si prosegue la strada per altri circa 500 metri fino al boscoso Vallone della Fonte della Pernice dove, d’inverno, scende un rivolo d’acqua captato da un grosso tombino in cemento presente di fianco alla strada. Si prosegue ancora 20 metri e si scende a sinistra sottostrada su una traccia di sentiero. La traccia scende dapprima nel bosco del “Sodo della Scrufola” verso il Rio Sacro per poi riprendere il fondo roccioso del fosso che presenta alcuni facili salti da scendere fino al torrente (10 minuti dalla strada).

La prima grotta (che abbiamo chiamato anche la Grotta della Sentinella), poco più che una cavità, si trova sulla parete di destra del fosso roccioso, 5 metri sopra il Rio Sacro.

L’altra grotta (la Grotta dei Partigiani ??) si trova esattamente sul versante opposto, occorre guadare il Rio Sacro e salire un ripido pendio terroso fino alla base delle pareti opposte.

Visitate le grotte si consiglia di risalire il greto del Rio Sacro (magari d’estate) ed in circa 500 metri, si raggiunge una breve ma stretta forra rocciosa oltre la quale la valle si allarga e diventa boscosa non presentando più interesse.

Di seguito le immagini dell’escursione.

1- Il Vallone della Fonte della Pernice da cui si scende alle grotte con il fosso ed il tombino in cemento a destra.
2- La traccia che scende dal Sodo della Scrufola verso il Rio Sacro, in alto uno dei torrioni che delimita questo vallone.
3- I salti rocciosi finali del fosso, visti dall’alto, prima di confluire con il Rio Sacro che si vede in fondo.
4- I salti rocciosi della foto n.3 visti dal basso.
5- Il Rio Sacro
6 – 7 – La prima cavità , situata a destra del fosso.
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8- La cavità vista dalla sponda opposta con, in alto, uno dei torrioni che delimita il vallone del “Sodo della Scrufola”.
9- Immagine della Termocamera IR con la seconda grotta colorata in azzurro (più fredda rispetto all’ambiente) visibile al centro della foto.
10- Zoom sul centro della foto n.9, la cavità più fredda si distingue meglio.
11- L’ingresso “freddo” della grotta adesso è davvero evidente.
12- Il ripido pendio terroso che permette di raggiungere la grotta del versante opposto , oltre il greto del Rio Sacro.
13- saliamo il pendio con il Rio Sacro in fondo.
14- Alle spalle il torrione che delimita a sinistra (in discesa) il vallone del “Sodo della Scrufola”.
15- 18 – La grotta del versante opposto, più grande e profonda.
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19 – 20- Veduta dall’interno della grotta.
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21 – 22- Nella parete del fondo della grotta sono presenti particolari stratificazioni rocciose.
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23- Nella parete sono presenti anche dei nuclei di Pirite (Solfuro di ferro).
24- Stratificazioni rocciose di colore nero del pavimento della grotta.
25- L’altro torrione roccioso che delimita a destra il “Sodo della Scrufola” visto dall’ingresso della grotta.
26- La confluenza del Rio Sacro con il Fiastrone.
27 – 28- Risaliamo il greto del Rio Sacro in esplorazione.
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29 – 30 – La forra rocciosa del Rio Sacro presente a circa un chilometro dalla confluenza con il Fiastrone.
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31- L’ultima parte della forra rocciosa del Rio Sacro.
32- Una grandissima pianta di edera risale le pareti rocciose con stratificazioni verticali della forra
33- La grande edera della forra.
34 – 35 – La parte finale della forra del Rio Sacro oltre la quale la valle si allarga e diventa boscosa.
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36- Petasites hybridus in fioritura sul greto del Rio Sacro.
37- Siamo a marzo e già stanno fiorendo i primi fiori primaverili, l’anemone epatica (Hepatica nobilis)
38- La Primula acaulis.



IL ROMITORIO E LA FONTE DEL BEATO UGOLINO, LE LAME ROSSE.

Itinerario storico, breve, facile e con una bella panoramica sul Lago di Fiastra ma poco conosciuto.

Si raggiunge prima la Fonte poi il Romitorio del Beato Ugolino quindi si può proseguire per affacciarsi sul grande e ripido canalone della parte superiore delle Lame Rosse.

Il Beato Ugolino, l’anacoreta dei monti Sibillini, nacque a Fiegni, di Fiastra, intorno ai primi anni del XIV sec. Il padre fu Malagotto III, discendente di quella nobile famiglia dei conti Malagotti, Signori di ben quattro feudi: Appennino, Poggio, Cerreto, Fiastra.

La madre, Lucia, non sopravvisse al parto e lo lasciò orfano. Ugolino fin dall’infanzia ebbe una salda formazione spirituale, che lo portò a proseguire da solo, senza tentennamenti, il cammino della vita anche quando a tredici anni gli morì il padre. Da quel momento il giovane, libero di disporre della sua volontà, maturò l’idea di vendere la proprietà lasciatagli dal genitore in ossequio al precetto della perfezione evangelica. Così a vent’anni vendette la proprietà e si ritirò in un eremitaggio.

Ugolino preferì ritirarsi in solitaria meditazione in una grotta presso Fiegni.

Forse poco tempo fa abbiamo ritrovato anche la Grotta dove Ugolino si ritirò in eremitaggio, vedasi l’articolo in questo Blog “LA GROTTA DEL BEATO UGOLINO E LA GROTTA DI NICOLA – VALLE DEL FIASTRONE” del 21 novembre 2023.

Qui sarebbe rimasto fino alla sua morte, vivendo in unione di preghiera e di meditazione.

Lo ristorava una sorgente, che la tradizione vuole fatta scaturire da lui stesso. Si dice che una temporanea dimora il Beato l’abbia avuta a S. Liberato, un eremo fatto costruire probabilmente da S. Francesco d’Assisi, non lontano da Fiegni.

Operò interventi a favore di quanti, attratti dalla fama della sua santità, ricorrevano a lui fiduciosi. Guarì un certo Pietro, zoppo fin dalla nascita e impossibilitato a camminare; restituì la vista a un tale Antonio che aveva perso un occhio nel tagliare la legna; guarì gli indemoniati.
Il Beato Ugolino rimase nell’eremo per circa trent’anni e morì nel mese di dicembre del 1373. Dopo la morte, il corpo del Beato venne portato nel vicino castello di Fiegni e collocato nella chiesa dedicata a S. Giovanni Battista.

ACCESSO: Si raggiunge in auto la frazione di Fiegni di Fiastra per la strada Provinciale n.58 che costeggia il Lago di Fiastra. Si raggiunge prima la chiesa di Santa Lucia a Paninvetre, quindi proseguendo, il Santuario del Beato Ugolino, aperto solo la domenica. la strada prosegue verso il terrazzo panoramico del Balzo della Rufella con una veduta verticale sul Lago quindi raggiunge Rufella e sale verso Fiegni. All’ingresso della frazione la strada si divide, a destra prosegue verso Collemese e San Maroto con la bellissima chiesa del Santissimo Salvatore che consiglio di visitare al ritorno. A sinistra si entra nel paese e raggiunge la Chiesa di San Flaviano. Si parcheggia all’ingresso di Fiegni.

DESCRIZIONE: Nell’incrocio delle tre strade asfaltate, in corrispondenza di una edicola (foto n.1) parte una sterrata in lieve salita che in circa un’ora conduce comodamente alla Fonte del Beato Ugolino.

Durante il tragitto è possibile avere dei bellissimi scorsi del Lago di Fiastra e della sottostante Valle del Fiastrone.

Raggiunta la fonte dopo poche centinaia di metri si apre la grande radura erbosa dove si erge il Romitorio, dietro ad esso, poco visibile, inizia un sentiero poco frequentato che, in costante ma lieve salita e in circa un’ora, conduce ad una grande radura con tracce di vecchie recinzioni in legno, dove si perde.

Qui è consigliato usufruire di una navigatore satellitare per ritrovare l’imbocco nel successivo bosco alla fine della radura in salita verso Nord, che, in altri 300 metri di tragitto sempre in lieve salita, conduce nella parte superiore del grande canalone breccioso dove, in fondo, si possono osservare le alte guglie delle Lame Rosse.

RITORNO: Per lo stesso itinerario descritto oppure, nel canalone delle Lame Rosse è presente una traccia che lo taglia in quota e che, in un altro chilometro circa, conduce alla Fonte Sottacqua dove un sentiero ritorna indietro Ovest nel fosso e scende verso la Grotta dei Frati per poi riprendere il sentiero che conduce alla parte terminale delle Lame Rosse per chiudere così un percorso circolare.

L’attraversamento del canalone delle Lame Rosse è consigliato solo ad escursionisti esperti in quanto molto ripido e con breccia mobile anche se a tratti sono presenti alberi che facilitano il passaggio.

Di seguito le immagini dell’escursione.

1- L’edicola nella strada all’ingresso di Fiegni, punto di partenza dell’itinerario proposto.
2- Purtroppo il giorno dell’escursione il tempo non era il massimo e la Valle del Fiastrone era ricoperta di nebbia, in alto il gruppo Nord dei Monti Sibillini con, da sinistra, il Pizzo Regina, Monte Acuto, Pizzo Tre Vescovi, Punta Bambucerta, Monte Rotondo, Monte Cacamillo, Monte Pietralata e la Croce di Monte Rotondo.
3- Veduta verso la frazione di Podalla di Fiastra, Monte Frascare e il Monte Montioli a destra.
4- Zoom sulla Chiesa abbaziale di Santa Croce di Podalla, che abbiamo visitato nel pomeriggio.
5- La Fonte del Beato Ugolino.
6 – 7 – Il Romitorio del Beato Ugolino costruito in una radura nel bosco con un bellissimo panorama….se fosse stato sereno.
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8- La targa che ricorda il giorno della costruzione dell’eremo.
9- L’interno del Romitorio.
10- Dietro al Romitorio parte il sentiero per le Lame Rosse.
11- A prima vista ci sembrava un tronco caduto in realtà è una grande radice che viaggia parallela al terreno.
12 – 13- La grande radura poco prima del canalone delle Lame Rosse, presenta tracce di vecchie recinzioni.
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14- La parte superiore del canalone delle Lame Rosse.
15- Di fronte il Monte Sottacqua.
16- Ed in fondo i torrioni delle Lame Rosse.
17- La Valle del Fiastrone, i campi di Monastero ed il taglio della strada che da Pian di Pieca conduce al Lago di Fiastra..
18 – 19- I Torrioni delle Lame Rosse da una veduta insolita, dall’alto anziché dal basso.
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20 – 23- In queste immagini si nota la ripidità del canalone delle Lame Rosse che, nonostante la mancanza di sole, almeno ci ha regalato un po’ di colore autunnale.
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24- Piccolo ma coloratissimo Acero.
25- La parte superiore del canalone.
26 – 27- La nebbia mattutina si è dissolta permettendo una visione quasi aerea del Lago di Fiastra.
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28- la Chiesa abbaziale di Santa Croce di Podalla, del XIII secolo, che abbiamo visitato nel pomeriggio.
29- Di fronte alla Chiesa di Podalla si apre l’itinerario descritto, a sinistra il Romitorio e a destra, più in alto, il canalone delle Lame Rosse.
30- Zoom sul Romitorio
31- Zoom sul canalone delle Lame Rosse.
32- Zoom sui torrioni delle Lame Rosse.
33- Pianta satellitare del percorso. ROSSO: Percorso proposto – GIALLO: Percorso di ritorno



MONTE LIETO Per il canale Est.

L’11 ottobre 2024, da solo, sono salito al Monte Lieto per un nuovo tracciato, il canale Est che inizia dalla discesa della strada Forca di Gualdo-Castelluccio poco prima che spiana in corrispondenza del Pian Perduto.

La salita è facile anche se ripida, presenta un dislivello di circa 550 metri, si parte da 1395 metri della strada per arrivare alla cima di Monte Lieto a 1940 metri, in poco più di un’ora di salita.

Il Monte Lieto è caratterizzato da ripidi pendii nei versanti Nord, Est e Sud con incisi canali, già ho descritto in questo blog la salita per il canale Sud, la cosiddetta “direttissima” dalla Valle Canatra e la salita invernale della cresta Nord dalla Forca di Gualdo.

SALITA: Il canale Est si presenta con un tratto iniziale piuttosto ripido ed inciso e con alcuni saltini rocciosi che rendono interessante la salita. Poi il canale si allarga, costeggia a destra il rimboschimento a conifere, prosegue verso delle rocce ai lati del canale per poi scemare nei pendii sovrastanti che si fanno però più ripidi e fino alla cresta di uscita.

All’interno del canale ho ritrovato due carcasse di Bovini che vengono lasciati pascolare nella zona e una forse di capriolo, a dimostrazione della ripidità dei pendii laterali.

Inoltre, cosa molto interessante, a monte del rimboschimento a conifere sono stati piantati anche numerosi esemplari di Pino Mugo che addirittura si sta riproducendo in modo notevole, creando così un orizzonte di arbusti contorti spontanei oltre il limite del bosco.

Nei Monti Sibillini in poche località è stato introdotto il Pino Mugo, ad esempio nel versante Est del Monte Castelmanardo ma in questo luogo riesce a stento a vivere e riprodursi.

Il Pino Mugo spontaneo è molto raro nell’Appennino, vegeta abbondantemente solo nel massiccio della Majella.

La discesa può essere effettuata nel pendio destro del canale.

Di seguito le immagini della salita proposta.

1- Il grande faggio di Pian Perduto e il canale di salita a sinistra, inciso nella parte iniziale e poi delimitato dal rimboschimento.
2- Zoom sul intuitivo canale di salita.
3- la prima parte del canale molto inciso e con dei saltini rocciosi.
4- L’attacco del canale visto dalla strada Forca di Gualdo-Castelluccio.
5- L’ingresso del canale nella sua prima parte incisa e con dei saltini rocciosi.
6- Una vecchia carcassa di bovino all’interno del canale.
7- Il Monte Porche visto dall’interno del canale, in fondo la strada da cui si parte
8- La Forca di Gualdo e la strada per Castelluccio.
9- In corrispondenza dei saltini rocciosi vegetano arbusti di Ramno alpino, sullo sfondo il Monte Argentella.
10- Un grande Acero delimita la parte più incisa del canale.
11- Una ulteriore carcassa, sembra di capriolo ma manca la testa.
12- L’acero della foto n.10 e le prime conifere del rimboschimento a destra.
13- Le sponde del canale sono caratterizzate da numerosi tratti dissestati causati dall’eccessivo transito di bovini lasciati al pascolo nella zona e che, a causa della ripidità del pendio, ogni tanto qualcuna rimane vittima di scivolamenti.
14- La Cima del Redentore e i Colli Alti e Bassi.
15- Raggiunto il rimboschimento la vista si apre anche sul Pian Perduto.
16 – 17 – Suillus gravillei detto anche laricino o pinarolo, porcino che abbonda nel sottobosco a conifere.
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18- Il canale è delimitato alla sua destra orografica dal rimboschimento a conifere.
19- Terminato il rimboschimento ad alto fusto iniziano i grandi arbusti di Pino Mugo.
20- Oltre il rimboschimento il pendio si fa anche più ripido.
21- I Mughi vegetano bene in questo pendio.
22- L’ultima parte del canale appena accennato, si trasforma in un semplice ma ripido pendio fino alla cresta di uscita.
23- Veduta verso il Monte Porche e Monte Palazzo Borghese dai pressi della cresta.
24- Veduta verso il Monte Argentella e la Cima del Redentore dai pressi della cresta.
25- Castelluccio e il Piano Grande, sullo sfondo i Monti della Laga.
26- Grossa cavalletta si è affezionata ai miei pantaloni.
27- la cima di Monte Lieto vista dalla cresta di uscita.
28- Veduta dalla cima del Monte Lieto verso il gruppo Nord dei Monti Sibillini.
29- Veduta dalla cima del Monte Lieto verso Sud con Castelluccio
30 – 32- Le rocce presenti ai lati dell’ultima parte del canale.
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33- Il Pian Perduto e, a destra, quello che una volta era chiamato “Il Laghetto Rosso” ma che ormai, da anni, non si colora più con la fioritura di alghe rosse a causa di uno stazzo di pecore realizzato a pochi metri che lo sta devastando ed inquinando, ma forse questo non importa a nessuno.
34- Il Pizzo Berro e il Pizzo Regina emergono ai lati della Cima di Passo Cattivo, a destra la Cima di Vallinfante.
35- Il Monte Porche e il Monte Palazzo Borghese.
36- Il Monte Argentella e i boschi del San Lorenzo.
37- La Cima del Redentore ed i Colli Alti e Bassi.
38 – 39- Il Corone del Vettore, la faglia del terremoto del 2016, ancora si vede, anche da lontano, l’abbassamento del terreno.
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40- Mantide religiosa che si sta cibando di una cavalletta.
41- Il rimboschimento attraversato, formato da diverse essenze di conifere caratterizzate da sfumature di verde differenti.
42- Piccoli Mughi crescono nel pendio sopra al rimboschimento
43- La ripida discesa verso la strada da dove si parte.
44- la continua linea del canale visto dal pendio di discesa di destra.
45- Altri tratti di sponda del canale dissestati dal passaggio di bovini.
46- La mia fedele compagna di salite, anche se rimane sempre nel parcheggio.
47- Bellissime Mazze da tamburo (Macrolepiota procera) nei prati di discesa.
48- E buonissimo Prataiolo (Agaricus macrospora).
49- Ed infine anche un bel ragno, la Argiope.



MONTE VALVASSETO – IL RIPARO DI CAMPOMAGGIORE

Nelle pendici boscose del versante Est del Monte Valvasseto si innalzano dei torrioni rocciosi che nascondono piuttosto bene una profonda cavità denominata il Riparo di Campomaggiore.

Il Monte Valvasseto, una piccola cima dei Monti Sibillini facilmente raggiungibile dalla Pintura di Bolognola salendo senza tracciato per i Piani Gra, nasconde numerose sorprese nei suoi dintorni, come riportato nei miei precedenti articoli :

  • LE FINESTRE DEI MONTI SIBILLINI: L’arco del Monte Valvasseto
  • MONTE VALVASSETO E MACCHIA TONDA
  • PIANI GRA : IL ROSETO DEI MONTI SIBILLINI
  • LE GROTTE DL MONTE SASSOTETTO – MONTE VALVASSETO
  • MONTE SASSOTETTO, UNA AFFILATA CRESTA POCO CONOSCIUTA
  • SASSOTETTO – VALLE TRE SANTI PER CAMPOMAGGIORE
  • VALLE TRE SANTI – PINTURA DI BOLOGNOLA

Pertanto tale itinerario può essere abbinato ad uno degli altri precedentemente descritti per completare una giornata di escursioni.

Il Riparo di Campomaggiore si raggiunge direttamente dalla cima del Monte Valvasseto (1526 m.) , scendendo verso Est per prati, si attraversa una piccola lingua di bosco e si prosegue ancora per prati in discesa fino a quota 1410 metri quindi si entra nel bosco (357467,5 E – 4761762 N) seguendo una traccia di sentiero in netta discesa che si fa più visibile nel bosco (con strisce plastiche bianco/rosse in parte degradate e che si inoltra poi nella zona del versante Nord denominata “Forcaccio” foto n.3), girando nettamente verso Est per un altro centinaio di metri di dislivello fino a raggiungere, a destra, un profondo vallone incastonato tra alte pareti rocciose dove, all’imbocco, sono presenti alcuni ometti di pietra.

Si scende con attenzione nel ripido canalone boscoso delimitato da pareti rocciose che si innalzano man mano che si scende, dopo poche decine di metri, nella parete sinistra, si apre una piccola cavità e poco sotto una ampia finestra (foto n.10), entrando nella finestra si aggira lo spigolo e, dalla parte opposta, si segue una cengia sotto alte pareti rocciose dove si apre la grande cavità. (1 ora dalla cima del Monte Valvasseto, 1330 metri circa).

La cavità è inserita nel Catasto delle grotte della Regione Marche ma le coordinate GPS riportate nei navigatori satellitari non sono precise per cui se, nonostante le indicazioni, non si ritrova la cavità, occorre girovagare un po’ tra i torrioni rocciosi facendo attenzione ai ripidi pendii all’interno del bosco ma ciò aumenta solo il fascino dell’esplorazione.

Ritornando nel vallone di discesa, prima di riprendere l’itinerario di ritorno, si può scendere ancora una cinquantina di metri costeggiando le pareti per raggiungere una larga e alta faglia attraversabile che separa in due parti la parete di sinistra.

Di seguito le immagini dell’escursione.

1- Il prato del versante Nordest sottostante la cima del Monte Valvasseto, a sinistra il Monte Rotondo
2- Il termine del prato e la zona dove si deve entrare nel bosco.
3- Il bosco con la traccia di sentiero delimitata da strisce plastiche bianco/rosse (nella pianta in primo piano a destra) in parte degradate e scolorite.
4- Il sentiero a sinistra e l’ometto di pietra a destra che indica l’imbocco del canalone roccioso dove si apre la cavità descritta.
5- Qui è ben visibile l’imbocco del canalone nel bosco.
6- La prima parte del ripido canalone delimitato da torrioni rocciosi da entrambe le parti.
7- Più si scende nel canalone e più si innalzano le pareti.
8- La prima piccola cavità che si incontra nella parete di sinistra
9- Una ragnatela splendidamente illuminata all’interno del bosco, quest’anno i boschi erano pieni di ragnatele come non avevo mai visto.
10- La finestra che bisogna attraversare per aggirare lo spigolo roccioso oltre il quale si apre il Riparo di Campomaggiore.
11- La cengia oltre la finestra.
12- E da lontano si vede già l’ampio Riparo di Campomaggiore.
13 – 19 – Il Riparo di Campomaggiore.
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20- La faglia posta nel vallone un po’ più in basso della finestra della foto n.10.
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24- Il torrione dove si apre il Riparo di Campomaggiore visto dal bosco sovrastante, sullo sfondo il versante Nord del Monte Castel Manardo
25- Pianta satellitare del percorso proposto.



PIANI DI CASTELLUCCIO – LA FIORITURA AUTUNNALE

I Piani di Castelluccio, Piano Grande e Pian Perduto, sono famosi in tutto il mondo per la FIORITURA DEI CAMPI COLTIVATI, che avviene generalmente ai primi di luglio (vedi articolo CASTELLUCCIO E I PANTANI luglio 2023), meno conosciuta è la FIORITURA SPONTANEA DEL PIANO GRANDE (vedi articoli del Maggio 2024 e Giugno 2019) ma ancora meno conosciuta è la FIORITURA AUTUNNALE che si può ammirare sempre nei Piani di Castelluccio e nelle vallette circostanti.

In particolare la fioritura autunnale è prodotta dal Colchico (Colchicum lusitanum e alpinium) e dalla Galeopside (Galeopsis angustifolia subsp. angustifolia) entrambe di un bel colore rosa carico.

Il colchico predilige i pendii erbosi al margine dei boschi, è comune nella zona del San Lorenzo e intorno al Pian Perduto mentre la Galeopsis fiorisce nei campi coltivati del Piano Grande intorno alla strada per Forca di Presta sotto alla Costa del Vettore.

Il periodo migliore per osservare le fioriture di queste due specie è dal 20 di agosto alla prima metà di settembre.

1 – 2 – La Portella del Vao che collega il Pian Perduto alla zona del San Lorenzo, sullo sfondo il Monte Palazzo Borghese e il Monte Porche a sinistra.
2- Intorno alla Portella del Vao si sviluppa una bella fioritura di Colchico.
3- Il Monte Palazzo Borghese si staglia sopra la Portella del Vao.
4- Dalla Portella del Vao si accede alla Romitoria di San Lorenzo i cui resti dominano su una collinetta la zona omonima, a destra il Monte Argentella.
5- I resti delle mura della Romitoria di San Lorenzo
6- I boschi del San Lorenzo sotto alle pendici del Monte Palazzo Borghese e Monte Porche a sinistra, intorno ai quali si sviluppano abbondanti fioriture di Colchico.
7 – 13 – Fioriture di Colchicum Lusitanum nei pendii intorno ai boschi del San Lorenzo.
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14- Cavalletta dalle ali rosse perfettamente mimetizzata (Oedipoda germanica).
15- Dettaglio
17 – 26 – Fioritura a Galeopside (Galeopsis angustifolia subsp. angustifolia) dei campi coltivati
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