Per chi vuole evadere dal caldo torrido estivo e ama la natura selvaggia, dall’aspetto praticamente tropicale, si può immergere in questo Fosso alle falde della montagna di Smerillo (FM).
Il Fosso presenta tratti di forra alternati a cascatelle e laghetti immersi sempre in una lussureggiante vegetazione che rende delle volte il proseguimento impegnativo.
La lunghezza del percorso normale è di circa 1,5 chilometri.
L’escursione proposta non è affatto comoda, è facile ritornare graffiati dai rovi ed è quindi adatta ad escursionisti che si sanno destreggiare tra rovi, alberi e massi e che amano bagnarsi i piedi.
Si consiglia di portare un bastoncino o altro per tagliare rovi e vegetazione che, delle volte, impedisce il proseguimento, neppure passare sempre in acqua è possibile in quanto il torrente, in alcuni punti in particolare nella prima parte, è ricoperto da un tunnel di folta vegetazione.
ACCESSO: Da Fermo si prende la strada in direzione Servigliano, si prosegue, si raggiunge in auto l’incrocio per la frazione di Molino – Monte San Martino percorrendo Strada Provinciale 239 Fermana-Faleriense e si prosegue per altri 500 metri fino al primo ponte che si incontra, si parcheggia a destra poco prima del ponte in corrispondenza di una stradina che scende nel campo sottostante.
Da Amandola si prende la medesima strada Provinciale in direzione lago di San Ruffino -Servigliano, si supera il Lago e la frazione di val di Tenna (incrocio Smerillo-Montefalcone Appennino) e si prosegue per circa 4 chilometri fino al ponte, si parcheggia a sinistra poco dopo.
DESCRIZIONE: Dal parcheggio (posto per una sola auto), si scende per stradina sterrata nel prato sottostante e ci si dirige a sinistra fin sotto al ponte, che in realtà sono due in quando quello vecchio è ricoperto da vegetazione e dalla strada non si vede praticamente più, da qui faticosamente si risale il fosso fino ad una cascata di circa tre metri che impedisce un agevole proseguimento se non si ha pratica con corde.
L’escursione richiede un paio di ore tra andata e ritorno.
A fine escursione, per completare la giornata, si consiglia infine di visitare i bellissimi borghi di Smerillo e Montefalcone Appennino.
Di seguito le immagini dell’escursione:
1- Il doppio ponte da dove si risale il Fosso della Castagna.2- La prima parte del fosso tra folte vegetazioni di felci,3- 6 – Il fosso è caratterizzato da numerosi laghetti.4567- Le felci, in questo caso la Lingua cervina (Asplenium scolopendrium), crescono addirittura sui tronchi richiamando l’aspetto di una foresta tropicale con Orchidee e Tillandisie epifite.8- L’unica nota stonata che ci ricorda sempre la vicinanza alla civiltà è un bruttissimo doppio tubo nero di captazione dell’acqua che, credo, ormai in disuso, in quanto rotto in alcuni punti.9 – 10- Nel fosso sono presenti grandi, altissimi e vecchi alberi, Ontani, Pioppi e Salici.1011 – 12- Il alcuni tratti il fosso presenta massi e tronchi di alberi caduti che rendono impegnativo il proseguimento.1213- La vegetazione fa sempre da padrona nel fosso.14- La bellissima felce Lingua cervina in controluce.15- Questa immagine l’ho già vista molti anni fa …….. si. … nella foresta tropicale dell’Honduras !!!!! 16- Una parete di Arenaria completamente rivestita di felci Capelvenere (Adiantum capillus-veneris)17 – 18- Verso metà percorso il fosso si restringe prendendo l’aspetto di una forra dove i prosegue in acqua.1819 – 21- In questo punto un grande albero, caduto da tempo e in corso di calcificazione, ha formato una piccola diga con relativa cascatella. 202122 – 31- Si prosegue in ambiente di forra con i piedi in acqua.23242526272829303132- In un tratto di fianco al laghetto più profondo è presente un vecchio cordino assolutamente da ignorare.33- Infatti è semplicemente legato a dell’edera.34- Ancora altri laghetti. 35 – 36- la cascata dove termina l’itinerario escursionistico, per il proseguimento e soprattutto per la discesa occorre una corda.3637- Nel fosso sono presenti Gamberi di fiume (Austropotamobius pallipes) assolutamente da lasciare in pace.38- Il raro Ipericum androsaemum39 – 41- Il sottoscritto immerso nella foresta tropicale del fosso della Castagna.4041
MONTE ACUTO – STORIE DI VITA
Ognuno di noi ha un luogo del cuore, il mio chiaramente è in montagna ed è il Monte Acuto, nel gruppo dei Monti Sibillini.
Il Monte Acuto, indicato con questo nome sia dai valligiani che nelle principali carte topografiche (CAI Ascoli Piceno, Kompass, Ed. Il Lupo), viene stranamente denominato “Pizzo Acuto” solo nella cartografia del Parco.
La cima è alta poco più di 2000 metri, (2035 m.) è un lungo e stretto terrazzo sospeso in aria, avendo versanti molto ripidi essi non sono visibili dalla cima.
E’ una piccola cima, quando tengo le serate sulla sicurezza in montagna o la presentazione dei miei libri mi diverto a paragonare il Monte Acuto, il piccolo Cervino dei Monti Sibillini, al Cervino ed al maestoso K2, in confronto esso è poco più di una collinetta.
1- Il confronto, non proprio in scala, fra M.Acuto, il M.Cervino ed il K2.
Eppure, nel suo piccolo, conta le sue vittime, sulla strada ci sono ben tre lapidi di escursionisti caduti mentre tentavano di attraversare la strada ricoperta dalla neve, a piedi o in bicicletta.
2- La parete Nord del Monte Acuto con i tracciati delle vie descritte nel mio libro, le croci rosse in basso sono le lapidi degli escursionisti che sono morti sul versante del monte. La stellina al centro della parete è dove ho scattato la foto n.3
L’ho salito fin da piccolo, sono stato anche il primo a riportare nella bibliografia (I MIEI MONTI SIBILLINI) la salita estiva e invernale della sua ripida parete Nord, ormai sono quasi 50 anni che ho il bisogno di salire in questa cima, ormai fa parte della mia vita, a primavera con le giornate limpide ad ascoltare il canto delle allodole e del cuculo e sentire il profumo dei fiori ed in autunno con le giornate terse a guardare il panorama a chilometri di distanza anziché ai pochi metri della vita di tutti i giorni.
3- Salita invernale della parete Nord.
Il 24 Giugno 2025 sono salito al Monte Acuto di pomeriggio, terminato alcuni impegni di lavoro mattutino, sono partito dalla Pintura di Bolognola, ho percorso la strada che conduce al rifugio del Fargno e mi sono fermato a mangiare un panino nell’ultimo lembo di bosco nei pressi di alcuni Faggi secolari sopra strada dove mi ci ero fermato altre volte.
4- L’ultimo lembo di faggeta della strada del Fargno.
Questi grandi faggi recano i segni del tempo, grandi cicatrici alla base del tronco prodotte dalle slavine invernali, mi ricordo la prima volta che mi ci sono fermato avevo 20 anni, era stato un giorno difficile ma che avevo trasformato in una giornata indimenticabile perché fu proprio quel giorno che capii che avevo la mia vita nelle mani e che potevo fare tutto quello che a quel tempo, sognavo.
In quel luogo non è cambiato praticamente nulla da quando avevo 20 anni, mi sembra un po’ di ritornare indietro nel tempo, i Faggi sono qualche centimetro più grandi ma impercettibili, il panorama sempre quello, i suoni sempre quelli, i profumi sempre quelli.
5 – 6- I tronchi che recano i segni del tempo e delle slavine dei faggi secolari.6
Mentre stavo mangiando esce da una fessura del tronco di un Faggio un Cerambice di colore nero con lunghissime antenne e delle macchie più chiare nel corpo, uno dei coleotteri più grandi della nostra fauna, che si mette a risalire il tronco verso la chioma.
Poco più in alto ne vedo un’altro che saliva anch’esso e che poi si è dileguato dietro al tronco.
Ad un certo punto, con una rapidità incredibile, arriva un Picchio Muratore (Sitta europaea), prende nel becco il Cerambice che stava più in basso e vola via, non mi ha dato il tempo nemmeno di accendere la fotocamera per immortalarlo.
Mi ha dato il tempo però di rimanere male, quel meraviglioso coleottero era stato ghermito di fronte a me mentre lo ammiravo, gli ho fatto anche l’ultima foto della sua breve vita, come se ne avesse tante !!!
La sua vita era durata poco forse qualche giorno. Dopo pochi minuti vedo scendere dal tronco due Cerambici, visibilmente maschio e femmina in fase di accoppiamento. Pochi minuti prima uno aveva terminato la sua vita e adesso questi due si stanno dando da fare per procreare la generazione del prossimo anno, anche questa è la storia della vita.
Ho proseguito poi per la strada fino alla Forcella del Fargno da cui sono salito al Monte Acuto per il sentiero del Pizzo Tre Vescovi fino alla sella quindi alla cima per la paretina Ovest.
Di seguito le immagini dell’escursione tra flora e fauna:
7- Il Cerambice sta uscendo da una fessura della corteccia e si mimetizza perfettamente con il tronco del Faggio8 – 9 il Cerambice maschio uscito dalla corteccia inizia a risalire il tronco.910- I due Cerambici che salivano il tronco.11- L’ultima foto del Cerambice che stava più in basso, poco prima di essere catturato da un Picchio Muratore .12 – 13- Dopo circa 10 minuti il Cerambice maschio che stava più in alto scende dietro ad una femmina preparando così la generazione del prossimo anno.1314- Il maschio presenta le antenne più lunghe della femmina, qui ben visibili in controluce.15- orchidea Anacamptis pyramidalis sulla strada del Fargno, sullo sfondo il Monte Acuto.16- Il Monte Rotondo e la Cima di Costa Vetiche.17- La piccolissima Rosa pendulina.18- Il canalone sottostante la parete Nord del Monte Acuto ancora conserva della neve, in alto la cresta Est,19- Il versante Sud del Monte Rotondo con la Forcella Cucciolara.20- La coloratissima farfalla Anthocharis euphenoides.21 – 22- Bellissima fioritura di Gentiana dinarica sulle pareti della strada.2223- orchidea Dactylorhiza maculata var.borgognoni24- Lilium martagon in procinto di fiorire.25 – 26- Orchidea Dactylorhiza sambucina che forma fiori sia gialli che rossi.2627- Cynoglossum magellense, endemismo dell’Appennino centrale.28- Il sentiero per il Pizzo Tre Vescovi ed il Monte Acuto.29- La paretina Ovest del Monte Acuto.30- Il Pizzo Tre Vescovi visto dalla cima del Monte Acuto.31- La lunga e stretta cima del Monte Acuto.32- La paretina Ovest de il Pizzo Berro.33- Il sentiero che sale dal Rifugio del Fargno.34- Veduta verso Nord con la Cima di Costa Vetiche.35- La ripidissima ed ancora inviolata cresta Nord del Monte Acuto.36- Il Pizzo Regina ed il Pizzo Berro.37- Il sentiero che dalla forcella sale al Pizzo Tre Vescovi, i primi anni che venivo in montagna non esisteva neppure questo sentiero ed adesso è diventato un fosso.38- Il versante Sud del MO te Rotondo39- La Cima di Costa Vetiche con la cresta Sud in primo piano che abbiamo salito l’anno scorso (vedi itinerario).40- La valle del Fargno con la Pintura di Bolognola.41- L’Orchidea di alta quota Gymnadenia conopsea42- Pedicularis foliosa cresciuta direttamente sulla ormai abbandonata strada Pintura-Forcella del Fargno.43- Un Codirossone (Monticola saxatilis) mi tiene d’occhio dal margine superiore della strada, sotto a Monte Acuto.
GROTTA DEL TORRIONE DESTRO DELLA VAL DI BOVE – MACCHIE DI BICCO
Da tempo avevo osservato il grande ed interessante torrione che delimita a destra l’inizio della Val di Bove dove, d’inverno con gli alberi spogli, avevo notato anche una grande cavità nel versante ovest.
La sua sommità rappresenta l’inizio della Cresta della Passaiola che prosegue fino alle falde del Monte Bicco.
Il 25 giugno 2025 l’ho faticosamente raggiunto il torrione, ho notato che qualcuno ci aveva messo già gli occhi, o meglio le mani, in quanto ho trovato sulla parete una fila di vecchi Spit anche se la roccia non è sempre solida, al contrario di come sembra da lontano, e interessata da alcune frane prodotte dal sisma del 2016, come del resto su tutto il Monte Bove.
Ho raggiunto poi la grande cavità, non profonda ma piuttosto lunga in quanto formata da un grande tetto di roccia, la cavità è usata dai Camosci come riparo, uno in particolare che girovagava sopra al torrione mi ha tirato dei sassi con le zampe per scacciarmi, e dal Lupi per le tracce che ho trovato.
Il torrione può essere raggiunto da Frontignano di Ussita, partendo a piedi dall’Ex Hotel Felicità, attualmente in fase di ricostruzione, scendendo a sinistra per la Val di Bove e percorrendo tutto il sentiero nel bosco fino a raggiungere il sentiero che scende dal canalone delle Saliere (350874,7 E – 4753720,9 N; 1315 m.).
Qui, c’è un basso cartello in legno che indica il sentiero per la Val di Bove, si sale nel bosco sovrastante, denominato “Macchie di Bicco”, iniziando una lunga traversata in costante ma non ripida salita verso il torrione, nel bosco ho trovato una vecchia traccia che conduce alla base del torrione ma non è facile ritrovarla a causa della grande quantità di foglie presenti nel sottobosco e dal fatto che non è assolutamente frequentato.
Dopo circa 600 metri e circa 150 metri di dislivello si raggiunge la base del torrione (351126,6 E – 4754047,5 N; 1450 m.), dove si notano gli Spit della via su roccia, si risale faticosamente il canalone ghiaioso molto ripido posto alla base sinistra del torrione tenendosi su una crestina rocciosa verso sinistra fino a raggiungere la grande cavità posta in alto sotto ad un grande tetto.
Attenzione sia alla salita dell’ultimo tratto di canalone, sotto alla grotta e soprattutto alla sua discesa fino alla base del canalone, la seppur breve escursione è consigliata solo ad escursionisti esperti.
Non ho alcuna notizia di chi abbia aperto la via su roccia attrezzata con numerosi Spit, forse il CAI Macerata che ha palestre di roccia nella zona oppure dagli attivissimi Gigliotti-Marchini degli anni 90.
Sarei lieto se qualcuno mi dia notizie in merito in quanto non si nota lo sviluppo della via ne quanti tiri sono poiché in alto non si notano catene, soste o altri Spit in quanto la parete superiore presenta cavità e tetti
Poi fotografando tutto il versante Ovest della Croce di Monte Bove, dalle Quinte alla cresta nord, ho notato un arrampicatore, tra l’altro ho poi saputo che è un mio amico, poco più di un puntino bianco e azzurro, sulla Quinta piccola, ma avendo la fotocamera compatta, non ho potuto fare ingrandimenti ma mi sono accontentato di una foto con il piccolo zoom di cui è dotata.
Poi oggi vengo a leggere sui social che alla notte è stato fatto il recupero, da parte del Soccorso Alpino, degli scalatori in difficoltà, che avevo notato ieri pomeriggio, per fortuna senza gravi conseguenze.
Il versante Nord del torrione invece lo avevo già esplorato in due occasioni alla ricerca di alcune grotte censite nel Catasto delle Grotte e Cavità della Regione Marche:
Di seguito le immagini dell’escursione con la planimetria satellitare del percorso:
1- Il versante Ovest del torrione destro dell’imbocco della Val di Bove, il versante Nord l’ho già esplorato con due percorsi descritti nel blog.2- Il Torrione con la grande cavità visibile solo d’inverno, si notano anche le frane prodotte dal sisma del 2016.3- D’estate la cavità è nascosta dalla vegetazione.4- la base del grande torrione, la roccia è a tratti buona e a tratti friabile. da lontano sembrava meglio.5- La parte sinistra del torrione con il ripido canalone ghiaioso da salire per raggiungere la grotta.6 – 7- La fila di vecchi Spit che si perde nella parete sovrastante78- La parete del torrione con Ussita sullo sfondo.9- Il tratto finale del canalone ghiaioso con la grotta in alto.10- Esce un po’ di sole che illumina la parete mentre salgo la crestina rocciosa alla sinistra del canalone, notate la ripidità del canalone.11- L’ultimo ripido tratto roccioso sotto alla Grotta.12- La grande cavità formata da un lungo tetto di roccia.13- Il Monte Cardosa è visibile dall’interno della cavità.14 – 15- Il grande tetto che forma la lunga cavità1516- Un carpino nero è cresciuto al riparo nella grotta e si è adeguato alla sua forma.17- Un altro torrione posto più in alto, verso la cresta della Passaiola, questo sembra di roccia solida ma non è facilmente raggiungibile.18- In alto la grotta nascosta dalla vegetazione, visibile dal basso, per raggiungerla bisogna salire la cresta tra rocce e bosco che taglia proprio in diagonale la metà di tale immagine.19-Uno sguardo verso la vicina Croce di Monte Bove Nord.20- la cima della Croce di Monte Bove Nord.21- I vari torrioni del versante Ovest della Croce di Monte Bove martoriati dalle frane prodotte dal sisma del 2016.22- La base dei torrioni delle Quinte con il lontano e piccolo alpinista che sta salendo, avrà poi un infortunio e sarà soccorso in serata , come riportato oggi dai social.2324- Planimetria satellitare del percorso: GIALLO : Percorso di avvicinamento ROSSO: Percorso di salita
CASCATA DE LU CUGNUNTU – VALNERINA
La cascata de Lu Cugnuntu, in Valnerina, l’avevo già visitata e descritta in un precedente articolo “LA CASCATA DE LU CUGNUNTU E LE GROTTE DI TRIPONZO – VALNERINA” ma l’avevo trovata praticamente secca, ritornati a primavera quest’anno, l’abbiamo trovata in perfetta forma.
Inoltre all’imbocco della valle abbiamo fatto anche una interessante scoperta botanica, la seconda e rigogliosissima stazione della rara Pseudofumaria alba subsp. alba (pseudonimo : Corydalis ochroleuca) dei Monti Sibillini.
Di seguito le immagini della cascata e della specie botanica.
1- Una bellissima Upupa (Upupa epops)2 – 3- La rarissima Pseudofumaria alba subsp. alba34 – 11- La Cascata de Lu Cugnuntu in piena forma567891011
FORRA DELLA VAL DI NICOLA
Sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo abbiamo esplorato questa piccola ma interessante e sconosciuta forra posta poche decine di metri sotto alla strada per le Lame Rosse, nella Valle del Fiastrone, già descritta nel mio blog nell’articolo ” LE CAVERNE I/II/III/IV DEL LAGO DEL FIASTRONE E FORRA DELLA VAL DI NICOLA.” ma non descritta in alcuna bibliografia, come anche la precedente FORRA DEL FOSSO DE VAGIOLARU esplorata di recente nei pressi di Bolognola .
Le grandi forre dei Monti Sibillini:
Forra del Fiastrone
Cascate di Rio Sacro
Forra dell’Acquasanta
Fosso la Foce e cascata dei Gracchi
Forra delle Roccacce e infernaccetto dell’Ambro
Pisciallacqua
Fosso Il Rio
Fosso Le Vene
Forra della Sibilla o Arcofù
Infernaccio del Tenna
Fossi di Meta I,II e III
Fosso della Corona
Rio Terro o Valle di Jana
Cascate della Costa dei Frati o di Monte Cacamillo
Cascata di Fosso Acqua del Pero o Cascata di Casali
Fosso dello Scoglio della volpe
Valle Tre Santi
Canyon del Fluvione
Fosso di Pizzo di Meta
Fosso di Fonte Lardina
Fosso di Selva Riberta
Fosso del Miracolo
Fosso dell’Argentella
Cascata del Fosso di San Chiodo
Fosso di Fonte del Sambuco
Fosso di Fonte della Giumenta
Fosso del Pisciatore
Forra di Valgrande
sono state già tutte esplorate da anni, attrezzate per le calate e, per la maggior parte, descritte in particolare nei due libri :
LE PORTE DELLA MONTAGNA di G. Antonini
FIGLIE DELL’ACQUA E DEL TEMPO di G. Antonini:
La forra descritta è stata discesa con Romina, Romolo e Benedetta, presenta diversi salti rocciosi di circa 10 metri intervallati da tre inquietanti marmitte generalmente sempre ricolme di scurissima acqua dovuta ai tannini prodotti dalla decomposizione delle foglie e dagli acidi umici dilavati dall’acqua nel terreno del sottobosco che si accumula dentro di esse, la più grande è larga circa due metri e profonda più di un metro e mezzo.
Per raggiungere la forra si segue l’itinerario già descritto indicato nell’articolo richiamato sopra.
Giunti all’imbocco della forra si scendono i vari salti facendo una doppia da 50 metri direttamente su albero, si supera la prima marmitta contenente poca acqua posta alla base di un salto di 6 metri.
Si prosegue nel fondo inciso e verticale e prima di raggiungere la marmitta più grande e profonda, per non immergersi nella scura acqua si può fare un frazionamento sulla sinistra orografica girando intorno ad un albero.
Superata la profonda marmitta e disceso il successivo salto più alto di circa 15 metri si prosegue sul fondo per alcuni metri quindi, con una seconda doppia facendo sempre sosta su albero, si scendono i successivi tre salti da 4-5 metri di cui il penultimo, strettissimo, che permette appena di muoversi al suo interno.
Giunti al fondo della forra la valle si allarga, si risale il ripido bosco sulla sinistra orografica fino a raggiungere la Grotta di Nicola e la strada che riporta al sentiero per le Lame Rosse, in corrispondenza dello slargo erboso proprio della Valle di Nicola.
Infine, non stanchi della discesa, ci siamo calati direttamente sul fosso dalla parete più alta, alta circa 50 metri, posta sulla destra orografica, dopo la marmitta più profonda per ridiscendere di nuovo nella seconda parte della forra.
Di seguito le immagini della discesa.
1- Romolo alle prese con la prima marmitta colma di acqua.2 – 3 -Superata la prima marmitta si prosegue nel fosso, in basso la grande ed inquietante marmitta di acqua scura.34 – 5- Il frazionamento per non scendere dentro alla sporchissima marmitta.56 – 10- E’ poi la volta di Romina7891011 – 14 -Parte poi Benedetta, alla sua prima esperienza in forra.12131415- L’inquietante marmitta più grande e profonda, colma di scurissima acqua16 – 17- La scalettata parete sotto alla marmitta più profonda.1718- Romina scende la parete più alta, dopo la marmitta.19- Un “panning” non voluto, Romina è perfettamente a fuoco mentre la parete è sfuocata..20 – 22- E poi scendo anche io.212223- La seconda parte della forra con l’ultimo salto strettissimo in fondo24- La risalita del ripido bosco orografico sinistro del fosso, agevolata dalle Jumar sulla corda fissa che avevo messo io.25- La discesa della verticale parete di 50 metri posta sul lato destro orografico dopo la profonda marmitta.26- Si scende tra gli alberi27- Una splendida Calosoma sycophanta a caccia di bruchi di processionaria che stavano divorando intere chiome di Lecci.28- Sezione della forra con le indicazioni dei salti e delle doppie da montare29- 35- Nel pomeriggio abbiamo anche fatto un salto alla splendida cascata di Rio Fessa che presenta questo meraviglioso tappeto di muschi su cui scorre l’acqua, ci aveva preso l’idea di calarci anche da questa cascata ma non l’abbiamo fatto proprio per non calpestare questo tappeto.303132333435
IL SENTIERO DEGLI DEI – COSTIERA AMALFITANA
Il famoso Sentiero degli Dei si snoda nella Costiera Amalfitana tra Agerola, frazione di Bomerano, e Nocelle, frazione di Positano, da percorrere andata e ritorno indipendentemente da dove si parte, per una lunghezza di circa 20 chilometri, che offre panorami mozzafiato sulla costa e sui monti Lattari.
Il sentiero, dopo circa un chilometro, si sdoppia, si consiglia di percorrere all’andata il sentiero alto più panoramico e poi prendere, al ritorno, quello basso, più impervio, per avere punti di vista differenti della Costiera.
Il periodo migliore per percorrerlo è in primavera, quando le temperature non sono troppo alte e la costa è in piena fioritura.
Una volta fatto il Sentiero da monte lo abbiamo osservato da mare durante una traghettata da Sorrento a Positano e successivamente ad Amalfi, che consigliamo di fare, per ammirare la frastagliata e rocciosa costiera dal mare.
Infine al ritorno in auto dal Sentiero degli Dei abbiamo anche visitato la Grotta dello Smeraldo in prossimità di Positano
Di seguito le immagini delle escursioni.
1- Le aeree vedute dal Sentiero degli Dei sulla Costiera Amalfitana.2- L’inizio del Sentiero.3 – 4- Si attraversa una zona coltivata a vigne.45- Poi l’abitazione di un pastore di capre.6- La veduta spazia fino ai Faraglioni di Capri.7- Limonaie con in fondo l’abitato di Praiano, tra Amalfi e Positano.8- La chiesina di Santa Maria a Castro ed un Cistus creticus in primo piano.9- Veduta del Sentiero basso, alla base della parete , dal sentiero alto.10- Veduta di Positano dal sentiero alto.11- veduta della Baia di Positano da una piccola grotta presente nel sentiero alto.12- La frazione di Nocelle, del comune di Positano, tappa finale del Sentiero degli Dei.13- La casa del pastore di capre che si incontra a metà percorso, con le capre sul tetto.14- Il tratto di sentiero inferiore fatto al ritorno.15- Il sentiero inferiore è più impervio e attraversa alcuni tratti molto ripidi, con veduta praticamente aerea su Praiano.16- Il particolare torrione presente all’imbocco del sentiero.17 – 18 – Alcune grotte trasformate in abitazioni all’inizio del sentiero da Agerola.18
IL SENTIERO DEGLI DEI VISTO DAL MARE
19- In fondo i Faraglioni di Capri.20- La casa del pastore di Capre.21- Il Canyon di Furore22- Un grande complesso Alberghiero tra Praiano e Positano, costruito sotto ad una immensa caverna.23- Sopra al torrione un ex convento attualmente trasformato in ostello.24- La piccola grotta nel sentiero alto della foto n.11.25- Amalfi, una delle quattro ex Repubbliche Marinare Italiane.26- Il meraviglioso Duomo di Amalfi visto dal mare.27- Positano con le sue caratteristiche case su terrazzamenti.28- Il Sentiero degli Dei, percorso Rosso: Sentiero Alto e percorso giallo: Sentiero Basso. visto dal mare.
LA GROTTA DELLO SMERALDO – POSITANO
All’interno della Grotta dello Smeraldo entra luce dal mare, dando questo meraviglioso colore a cui si deve il nome.
29303132333435363738- Veduta da Sorrento del Vesuvio con i paesi sottostanti.
CENGIA DEI FIUMARELLI – TRAVERSATA DEL FOSSO LA FOCE – MONTI SIBILLINI
Si è svolta con successo in una splendida e fresca giornata, l’escursione alla CENGIA DEI FIUMARELLI , uno dei più belli e spettacolari percorsi del Monti Sibillini, organizzata dalla sezione CAI di Fermo con la partecipazione di una quindicina di appassionati di montagna.
Di recente ho visto numerosi post sui social di escursionisti che ripetono tale percorso come se fossero stati i primi eroi a percorrere tale itinerario e soprattutto diversi commenti sul percorso, dove trovare la traccia o la descrizione e sulla sua pericolosità .
Sicuramente la cengia non è adatta a tutti, ci vogliono esperienza nello spostamento su tratti ripidi erbosi, passo fermo, assenza di vertigini, scarponi adatti e casco, come indicato nella locandina.
Nel mio libro “I MIEI MONTI SIBILLINI” del 2011, dove per la prima volta è stato descritto nella bibliografia del solo gruppo montuoso dei Monti Sibillini tale itinerario, ho riportato la descrizione ed ho ben specificato che l’itinerario è destinato ad ESCURSIONISTI ESPERTI.
Altrimenti la prima descrizione della CENGIA DEI FIUMARELLI è stata riportata nel libro FIGLIE DELL’ACQUA E DEL TEMPO di G. Antonini, del 2001 che descrive forre e cascate dell’Appennino Centrale.
Pertanto scrivo a chi posta commenti sulla pericolosità o chiedendo la descrizione della cengia sui social che si deve documentare bene prima di affrontare tali percorsi, eventualmente chiedere a guide esperte oppure, come hanno fatto i nostri amici che ci hanno seguito, effettuare escursioni organizzate da sedi del Club Alpino Italiano delle Marche.
Di seguito le immagini della giornata.
1- Un camoscio ci precede
FORRA DEL FOSSO DE VAGIOLARU – BOLOGNOLA
Il Fosso de Vagiolaru è un piccolo, e all’apparenza, insignificante fosso che scende dalle boscose estreme pendici ovest di Monte Ragnolo in prossimità di Bolognola, poco distante dalla più conosciuta Forra di Valgrande completamente attrezzata per la discesa.
Avevo esplorato il fosso tempo fa notando, dall’alto, una piccola ma interessante forra quindi sono ritornato con Romina e Romolo a discenderla integralmente scoprendo così un altro piccolo pezzo sconosciuto dei nostri Monti Sibillini.
Al mattino avevamo fatto un addestramento delle tecniche di discesa su corda nella Palestra di Fonte Lardina di Sassotetto effettuando discese con diversi gradi di difficoltà e prove di risalita su corda e tecniche di utilizzo di nodi autobloccanti.
Quindi nel pomeriggio ci siamo spostati a Bolognola per discendere la breve Forra del Fosso de Vagiolaru come primo approccio al torrentismo per Romina e Romolo.
ACCESSO: Si sale per la Strada Provinciale n.47 da Fiastra verso Bolognola passando per Acquacanina, giunti a meno di un chilometro da Bolognola la strada fa una rientranza più stretta, (400 metri prima del Fosso Renaccio, ultimo tratto della Forra di Valgrande, caratterizzato da accumuli di breccia rossa e attualmente usato come isola ecologica dal Comune di Bolognola), si parcheggia nello slargo della curva a sinistra.
DESCRIZIONE: Dalla curva della strada si entra nel bosco a monte per una traccia di sentiero che si addentra nel fosso, dopo 30 metri il sentiero devia a destra, lo si lascia per risalire, senza traccia, faticosamente in verticale il ripido bosco seguendo a breve distanza il bordo orografico destro del fosso.
Dopo circa 100 metri di salita si raggiunge un alto torrione che forma il bordo del fosso, lo si supera a destra per una strettoia quindi si prosegue per alcune decine di metri fino ad incontrare, a destra, una ripida rampa in discesa, che sembra quasi una traccia di sentiero, e che conduce all’interno del fosso, sopra al salto maggiore.
Si scende in diagonale con corda doppia (I° doppia) questa rampa raggiungendo il fondo del fosso dove un grande albero permette di attrezzare la prima discesa del salto più alto.
Il salto verticale (II° doppia) presenta uno sviluppo di oltre 25 metri intervallato da una profonda marmitta centrale, attualmente il fosso, nonostante le ultime copiose piogge, è asciutto anche se, a memoria di anziani del luogo, anticamente era interessato da portata idrica primaverile.
Quindi si prosegue nel fondo del fosso per una ventina di metri fino ad un secondo salto di circa 5 metri, qui un grosso albero proprio sopra al salto permette di attrezzare la terza doppia con cui conviene discendere anche i successivi brevi salti da 4, 3 e 3 metri fino al fondo, che in lieve discesa, conduce fino alla strada.
Si allega anche la sezione del fosso con l’indicazione dei vari salti.
Di seguito le immagini della giornata:
MATTINO : ADDESTRAMENTO ALLA FALESIA DI FONTE LARDINA – SASSOTETTO
1- Addestramento delle tecniche di discesa su corda nella piccola Falesia di roccia di Fonte Lardina a Sassotetto.2 – 6 – Parte prima Romolo, alle spalle la mia auto, come si nota la palestra è comodissima.34567- Poi è il turno di Romina8 – 11 – Il secondo punto di calata, più alto e verticale.9101112- Prova di tecniche di risalita su corda.13- La falesia di Fonte Lardina con il primo tratto di discesa più facile.14 – 15- Orchis morio in fioritura sulla parete verticale, cosa straordinaria in quanto questa orchidea è tipica dei prati di montagna ma non delle pareti rocciose.15
POMERIGGIO : FORRA DEL FOSSO VAGIOLARU
16 – 18 -Fasi di discesa del primo salto, inizia Romolo1718- Romolo ha raggiunto la marmitta intermedia.19- Romolo sempre più distante, sta terminando la discesa del salto più alto.20- E ora è il turno di Romina.21 – 22- Zoom su Romina che ha raggiunto la marmitta intermedia.2223- Il salto più alto, la parte dopo la marmitta, io sono poco più di un puntino nel bosco in alto, 24 – 25 – Il successivo salto da 5 metri.2526 – 27- Ora è anche il mio turno, in quanto dovevo controllare le manovre di Romina e Romolo che sono alla loro prima discesa in forra.2728- Sezione della forra con le indicazioni dei salti e delle doppie da montare.29- Planimetria satellitare del percorso proposto.
PASSO ROLLE – CIMA TOGNAZZA E BAITA SEGANTINI
Il lunedi di Pasqua del 2025, con Romina, Elia e Matteo, abbiamo raggiunto dapprima la Cima Tognazza da Passo Rolle sotto un totale whiteout pressoché continuo.
Nel pomeriggio, sempre da Passo Rolle, abbiamo invece raggiunto la Baita Segantini ma il maltempo ci ha concesso solo brevi visioni delle Pale di San Martino poste di fronte.
Di seguito le immagini delle due escursioni.
1- Non sono stato messo con Photoshop su un foglio di carta ma sono sotto un totale whiteout alla Cima Tognazza, non si vede il confine tra la neve e la nebbia.2- Salendo verso la Cima Tognazza con sempre più nebbia.3 – 5 – Salendo la cresta verso Cima Tognazza.456- La croce tra Cima Tognazza e Cima Cavallazza.7 – 9 -Nel pomeriggio in cammino verso la Baita Segantini8910- La Cima Tognazza al pomeriggio si era liberata dalla nebbia.11- Si intravedono alcune cime delle Pale di San Martino.1 2- 13 -La Baita Segantini in un momento di apertura dalla nebbia.1314- Gracchi alpini alla Baita.15 16 -Il Monte Mulaz sopra alla Valle Venegiota.1617_ Slavina sotto al Cimon della Pala, sempre coperto di nebbia.18- I Torrioni verso la Cima della Vezzana19 – 22- I canaloni innevati della Cima della Vezzana20212223- Cima della Vezzana finalmente scoperta.24 – 26 – Zoom sui torrioni e canaloni della Cima della Vezzana,252627- Il cartello stradale semisommerso nei pressi della Baita Segantini.28 – 29 – Il laghetto presso la Baita Segantini2930 – 31 -Ritorniamo verso Passo Rolle3132 – 37 – Nei pochi lembi di prato liberi dalla neve a Passo Rolle già fioriscono i Crochi.333435363738- Un cervo nei pressi della strada.
DOLOMITI LUCANE – FERRATA SALEMM
La quarta ferrata percorsa è la Salemm a Castelmezzano, la prima parte è piuttosto banale e discontinua fino al terrazzo panoramico poi le difficoltà aumentano in corrispondenza delle pareti verticali a ridosso del paese.
Anche la descrizione di questa ferrata è reperibile sul sito www.ferrate365.it a cui si rimanda.
Di seguito le immagini della FERRATA SALEMM.
1- La sosta intermedia alla fine della parte più facile, in corrispondenza di un terrazzo panoramico raggiungibile anche a piedi dal paese.2 – 15 La parte finale più impegnativa, su pareti verticali, di fronte al paese di Castelmezzano.345678910111213141516- Romolo mette in pratica l’utilizzo della longe di sosta nel tratto più impegnativo della ferrata per avere una tenuta diretta, le due longe del set da ferrata sono sempre nel cavo di sicurezza.17- Il tratto più impegnativo della Ferrata Salemm visto dalla piazza di Castelmezzano.