Sulle pendici Ovest della Montagna di Civita, a circa 2 chilometri dalla frazione di Fiano di Abeto, nel comune di Preci e a circa 500 metri dal confine del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, in una scarpata della strada si aprono queste interessanti grotte.
Denominate “complesso delle Grotte di Abeto”, sono 7 cavità naturali fortemente rimaneggiate dall’uomo nell’antichità, come ben osservabile dall’ingresso della Grotta A che assomiglia ad una vera e propria tomba dotata di una enorme pietra fungente da architrave e dalle Grotte C e F che presentano dei vani interni opposti decisamente scavati a mano che sembrano dei siti sepolcrali paleocristiani.
Al loro interno anni fa sono stati anche trovati manufatti preistorici.
ACCESSO: Facilissimo, da Norcia si percorre la Strada Provinciale 476/2 in direzione di Preci. Dopo circa 4 chilometri in salita, giunti all’incrocio per Abeto-Todiano, si gira a destra per la strada Provinciale 475.
Dopo circa 2 chilometri, in vista di Fiano di Abeto e della sottostante bellissima valle coltivata, si incontra una strada sterrata sulla destra dove si parcheggia.
In teoria le cavità sono raggiungibili anche in auto ma poi si trova difficoltà a parcheggiare nei pressi.
Dall’incrocio si prosegue la strada sterrata in piano per circa un chilometro fino alle grotte che si aprono sulla scarpata destra della stessa strada.
Per individuare le 7 cavità si consiglia di partire dall’ultima che si incontra, che è la Grotta A in quanto le cavità H e I sono dei semplici saggi di scavi ormai riempiti di detrito e di difficile riconoscimento. Come visibile dai rilievi di seguito allegati, hanno ingressi, forme, profondità ed altezze molto diverse.
In alcune si entra strisciando, in altre ci si può stare anche in piedi, il loro fascino è legato proprio a questa variabilità che presentano.
Sono facilissime da raggiungere ed esplorare, non richiedono attrezzatura ad esclusione di un caschetto e di una frontale e possono essere visitate da chi vuole iniziare un approccio con il meraviglioso mondo sotterraneo.
Vista la brevità del percorso e la vicinanza con la Grotta di Patino, già descritta nel presente blog, si consiglia di accoppiare le due escursioni in giornata con un breve spostamento in auto.
Di seguito le immagini delle 7 grotte:
LA GROTTA “A”
LA GROTTA “B”
LA GROTTA “C”
LA GROTTA “D”
LA GROTTA “E”
LA GROTTA “F”, la più ampia e alta, dotata di 6 cavità laterali parallele.
LA GROTTA “G”
LA SALAMANDRINA DI SAVI
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Scomparsa per diverso tempo da un sito di cui non rivelo l’ubicazione per salvaguardare la rara specie dove l’avevo trovata tempo fa, a seguito di una sistemazione di una strada di montagna apparentemente inutile nel gruppo Nord dei Monti Sibillini, fortunatamente è ritornata nel suo habitat la Salamandrina di Savi.
La salamandrina dagli occhiali settentrionale (Salamandrina perspicillata Savi), detta anche salamandrina di Savi, è un anfibio caudato della famiglia Salamandridae, molto simile alla Salamandrina terdigitata, dalla quale è stata separata nel 2005 in base a studi genetici.
La Salamandrina di Savi presenta testa piuttosto lunga ed occhi sporgenti, coda più lunga della testa e del corpo, parti superiori brunastre o nerastre con macchia più o meno triangolare sul capo gialla o vermiglia, ventre pallido con macchie scure, gola nera e parti inferiori delle zampe e della coda degli adulti rosso brillante. Gli adulti misurano dai 7 agli 11 cm di lunghezza, coda compresa. Il carattere distintivo rispetto agli altri urodeli europei è la presenza di quattro dita sulle zampe (anziché 5).
È endemica dell’Italia a nord del fiume Volturno, più frequente sul versante tireenico. A nord è diffusa fino in Liguria. Frequenta principalmente zone montuose e collinari degli Appennini, solitamente tra i 200 m e i 900 m di altitudine.
Vive in aree forestali con abbondante sottobosco solcate da ruscelli privi di ittiofauna predatrice.
Nonostante la protezione formale, questo anfibio risulta essere minacciato da una gestione non corretta degli habitat naturali (alterazione degli ecosistemi forestali, estese ceduazioni lungo impluvi e vallecole, captazioni senza rilascio del minimo deflusso vitale, rilascio di ittiofauna aliena, attività escursionistiche estreme come il torrentismo, ecc.
L’habitat di forra umida dove vive la Salamandrina di Savi.
PENNADOMO: Cascata, Placche dell’Oasi e arrampicata.
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Avevamo scoperto l’incredibile paese di Pennadomo, in Provincia di Chieti, a Novembre del 2023 ma ci ha colpito così tanto che siamo ritornati in 21, tutti appassionati delle bellezze di questo pianeta, ed abbiamo raggiunto prima la forra e la cascata poi siamo saliti alle Placche dell’Oasi quindi ci siamo cimentati in una arrampicata al tiepido sole di inizio primavera.
Infine al ritorno abbiamo fatto una visita anche a Roccascalegna ed al suo castello.
Di seguito le immagini della splendida giornata in compagnia di tanti amici (foto di Elia, Gilberto, Romina).
LA FORRA E LA CASCATA
LE PLACCHE DELL’OASI
ARRAMPICATA A CIMA FUMOSA: Vie: “MAMMINA”: 5a – “PAPINO”: 5b
GIANLUCA (Il sottoscritto con scarpette da trekking)
LORENZO
GILBERTO
GIULIA
MICHELE (anche lui in scarpette da trekking)
PAOLO
VALLE SCAPPUCCIA – Genga
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La Valle Scappuccia è situata a Nord di Genga, è compresa all’interno del Parco Naturale Regionale della Gola della Rossa e di Frasassi in provincia di Ancona, l’area è delimitata dal Monte Picco, dal Monte Termine e dal Monte Piano.
Oltrepassato il borgo di Genga in direzione Arcevia (SP15) si incrocia prima la frazione Capolavilla, poi all’incirca al km.18 della SP15 si arriva ad un tornante a destra dove è presente della segnaletica CAI e cartellonistica del Parco della Gola della Rossa. Si parcheggia di lato alla strada.
E’ anche possibile arrivare alla Valla Scappuccia passando per la frazione Capolavilla oppure, anche direttamente dal borgo di Genga prendendo il sentiero del Papa quindi superando la frazione Monticelli e proseguendo su sentiero ben segnalato.
La valle è attraversata dal torrente Scappuccia che forma una forra piuttosto stretta e sinuosa ed è caratterizzata da una molteplice varietà di ambienti e quindi aspetti vegetazionali condizionati dal substrato, dall’esposizione, dall’altitudine e dalla presenza dell’acqua.
Nelle pareti rocciose della valle si ritrova la rara Ephedra nebrodensis e nidificano diverse specie di Falchi.
L’escursione è facilissima, si percorre la piccola forra entrando nella maestosa grotta di ingresso e si prosegue poi su ampi boschi.
Di seguito le immagini dell’escursione:
MONTE FRASCARE – Una escursione fuori dagli schemi.
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Il Monte Frascare, 1278 metri, è situato nel gruppo Nordest dei Monti Sibillini, in una zona dimenticata e poco conosciuta, compresa tra il Monte Montioli e il Monte Corvo, delimita la testata del Rio Fessa, di fronte alla Grotta dei Frati, lo si ritrova con difficoltà nelle carte dei Sentieri dei Monti Sibillini in quanto riportato anche semplicemente come zona “Frascare” e non come monte, non è una cima alta, non è un cima particolarmente panoramica, non è una cima difficile, più che una cima è dosso erboso, non c’è una flora o una fauna particolare, non è una cima di passaggio ma occorre andarci appositamente, l’unico lato positivo se lo vogliamo evidenziare è che essendo erboso si presta alla pastorizia e vegetano funghi prataioli in autunno ma del resto come in tutte le montagne di media altezza.
Con queste premesse proporre pertanto una escursione in questa montagna non avrebbe senso se non fosse per il notevole interesse geologico e speleologico che essa presenta.
Tutta l’area tra il Monte Frascare e il Monte Corvo è interessata da una enorme frana con faglie tettoniche aperte e in evoluzione, per questo motivo, insieme alla valle del Fiastrone, vi si trova la più alta concentrazione di grotte e pozzi dei Monti Sibillini anche se non riportata sulla bibliografia.
La cosa è nota ai ricercatori da molti anni e viene monitorata dal Servizio Nazionale Dighe dal terremoto del 1997 per evitare situazioni tipo Vajont.
Nelle pendici del versante Nord del Monte Frascare sono presenti numerose trincee, pozzi e grotte che scendono nel sottosuolo anche per decine di metri, alcune di esse sono ancora in corso di esplorazione.
Dai dati disponibili nel Catasto delle Grotte della Regione Marche nella zona è presente la Grotta di Belvedere (197 MA MC). Da lì, a circa 275 m a NNE si trova il Crepaccio sopra la Testata di Rio Fessa (491 MA MC), di poco più di 5 m di sviluppo; sempre prendendo a riferimento la 197, a 650-700 m a NNO si trovano le grotte 276-275-274 MA MC : Grotta della Macchia – Grotta Franosa – Grotta dell’Elce.
Un ringraziamento a Romina V., Massimo S. per l’aiuto prestato e soprattutto a Patrizio R. che ha fornito un contributo fondamentale per ritrovare alcune delle grotte e ad Andrea B. per le informazioni sulle grotte della zona.
Premetto che la zona presenta numerose aperture nascoste da cespugli di ginepri e quindi occorre fare attenzione a dove si cammina, l’accesso alle grotte è riservato solo ad esperti speleologi in quanto presentano percorsi strettissimi e verticali.
Le grotte verticali più profonde e strette le abbiamo esplorate usando uno “Speleodrone”.
Ometto le coordinate precise perché, come al solito, toglierei il fascino dell’avventura, tanto se le abbiamo trovate noi, anche se con un po’ di fatica, le possono trovare tutti seguendo le indicazioni sommarie e le planimetrie satellitari allegate.
Diffidate dalle indicazioni delle ultime tre grotte presenti su alcuni strumenti di navigazione GPS in quanto le posizionano più in quota, nel versante orografico sinistro del fosso di Rio Fessa, in luogo molto ripido.
ACCESSO ALLA ZONA: La zona si può raggiungere salendo in auto alla Pintura del Ragnolo, qui si incrociano a poca distanza le strade che salgono da San Liberato e, a circa 250 metri verso Nord, da Acquacanina e da Monastero per proseguire in direzione opposta, Sud-ovest, verso i Piani di Ragnolo.
Giunti in particolare all’incrocio della strada che sale da Acquacanina e da Monastero si scende verso quest’ultimo paese per 200 metri fino ad una semicurva dove si parcheggia e dove, di fronte, nel prato pianeggiante, parte un tratturo in direzione Nord come indicato nella planimetria satellitare della foto n.92.
DESCRIZIONE: Si segue il tratturo in piano verso Nord per 450 metri, alla prima deviazione, poco prima di un nucleo boschivo, si prosegue per altri 200 metri verso destra costeggiando a sinistra una fascia boscosa fino a che si incontra una deviazione poco marcata verso sinistra (355098,5 E – 4767537,3 N; 1260 m) che si addentra nel bosco per pochi metri per poi proseguire su prato in discesa, poco più in basso sul prato sulla destra sono presenti dei recinti metallici di stazzi di pastori per questo motivo consiglio di visitare la zona prima del mese di aprile e dopo ottobre per evitare i cani da pastore.
Dopo circa 250 metri di discesa si raggiunge la prima grande faglia di frana che viene tagliata dal sentiero (354955,9 E – 4767812,2 N; 1215 m. foto n.3-4) come indicato nella planimetria satellitare della foto n.93.
Si risale il bordo a valle dove si osservano numerose trincee e pozzi, in particolare nel prato intorno alle coordinate 354896 E – 476733 N, a circa 1215 metri di altezza, si apre il pozzo/grotta di Belvedere, per trovarla si può osservare la foto n.30, fare molta attenzione perché si apre a terra sul prato e non è recintato, abbiamo messo delle pietre di indicazione.
Al ritorno consiglio di percorrere tutto il bordo a valle della faglia fino alla sommità del monte, oltre il termine del bosco, per osservare le varie trincee e pozzi.
Una volta osservata la Grotta di Belvedere si scende nella faglia fino a riprendere il sentiero, si può scendere ancora nel canale per altri 50 metri per osservare il punto di monitoraggio della frana (foto n.29) ma per poi risalire un po’ e poi si devia sul prato sopra al bosco verso la testata del Rio Fessa fino a raggiungere un canale pietroso che si scende rientrando nel bosco ed al di sotto del quale si apre il Crepaccio sopra la Testata di Rio Fessa (foto n.52), si trova intorno alle coordinate 354892 E – 4767945 N, ad una altezza di circa 1155 metri, l’unico che presenta un accesso facile ma occorre una corda per risalirlo.
Terminata la visita di questo crepaccio si risale il bosco fino al prato sommitale, caratterizzato da numerosi ginepri e rovi, per traversarlo in piano per circa 200 metri in direzione della cresta erbosa che delimita il versante orografico sinistro del Rio Fessa (354696,6 E – 4768035 N; 1105 m.) come indicato nella planimetria satellitare della foto n.93.
Si prosegue in discesa la cresta erbosa che a destra scende ripidissima verso il fosso per circa 350 metri fino a che, nel bosco del versante destro si notano dei solchi-canali che scendono paralleli verso valle, qui si scende e, tra gli alberi, si inizia la ricerca delle tre cavità: Grotta della Macchia (foto n.59 i poi) – Grotta Franosa (foto n.71 in poi) – Grotta dell’Elce (foto n.75 in poi), in successione di discesa.
Esse si trovano nei dintorni delle coordinate 354682,5 E – 4768322 N; intorno a 1055 metri di altezza.
In alternativa, se si hanno difficoltà a ritrovarle, si prosegue la cresta erbosa in discesa fino a trovare un piccolo edificio di captazione di un acquedotto (354679,5 E – 4768429 N; 1025 m.).
Dalla casetta si ritorna indietro risalendo la cresta ma passando dentro al bosco a sinistra fino ad incontrare i solchi-canali e quindi le cavità.
RITORNO: Si risale la cresta erbosa in direzione della grande faglia sommitale visibile anche dal basso fino a riprendere il sentiero che la attraversa.
Una volta raggiunta la grande fagli consiglio di percorrere tutto il suo bordo a valle fino alla sommità del monte, in direzione Sudovest, oltre il termine del bosco, per osservare le varie trincee e pozzi.
Una volta raggiunti i prati sommitali e si è in vista del Monte Montioli si può deviare vero Sud per raggiungere anche la chiesetta di Santa Maria Maddalena ( foto n. 85 in poi) adesso trasformata ad un ricovero per pastori.
Quindi in direzione Est per ampi prati si ritorna all’auto
LE FAGLIE E I CREPACCI
GROTTA DI BELVEDERE
IL CREPACCIO DELLA TESTATA DI RIO FESSA
GROTTA DELLA MACCHIA
GROTTA FRANOSA
GROTTA DELL’ELCE o forse Grotta della Felce visto che all’ingresso sono presenti delle felci
LA CHIESETTA DI SANTA MARIA MADDALENA
MONTE DI PALE Per la Direttissima o Via Macaco – GROTTA DELLE CASCATE DI PALE.
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Il 28 gennaio 2024, con clima primaverile e con altri 13 fantastici e simpaticissimi amici siamo saliti al Monte di Pale per la Direttissima alla vetta.
Partiti da Pale, frazione di Foligno, abbiamo preso il sentiero per le falesia di arrampicata quindi alla prima deviazione indicata con cartello recante la scritta “Macaco – direttissima alla vetta” e con bolli verdi continui sulla roccia siamo saliti, in circa 2 ore, in direzione della cresta rocciosa Sud fino in vetta.
La Direttissima è indicata come percorso EEA quindi adatta solo per persone esperte in quanto implica brevi passaggi su roccia, un tratto verticale da oltre 10 metri è aggirabile, e tratti rocciosi molto ripidi attrezzati con corde.
Dalla cima siamo scesi quindi per il versante Ovest per ripido sentiero nel bosco, anch’esso attrezzato in alcuni tratti più ripidi e scivolosi con corde, fino all’Eremo di Santa Maria Giacobbe quindi siamo scesi anche alla Grotta della Cascata.
Infine siamo risaliti alle altre cascate superiori fino alla frazione di Pale dove ci siamo rifocillati in una locanda del paese.
Di seguito le immagini della bellissima escursione.
DISCESA DAL MONTE DI PALE
LA CASCATA DELLE GROTTE DI PALE
MONTE VENTOSOLA – GROTTA LALLA AL MONTE CALLARELLE – MONTE CASTELLACCIO
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Il 21 gennaio abbiamo raggiunto in auto il Valico di Castelluccio quindi abbiamo proseguito a piedi in direzione Nord-ovest per evidente tratturo, con forte vento e scarsissimo innevamento, in direzione del Monte Ventosola.
Quindi scendendo dalla cima del Monte Ventosola, oggi dal nome quanto mai azzeccato, si prosegue verso la cresta del Monte Callarelle visitando la piccola Grotta Lalla che al suo interno ci ha consesso una breve tregua dal vento.
Quindi abbiamo ripiegato verso la sella tra il Monte Castello ed il Castellaccio, risalito la cresta di quest’ultimo e scesi di nuovo verso il valico.
Per maggiori dettagli in proposito vedasi anche l’articolo del 27 ottobre 2022 al M.Ventosola e del 24 aprile 2022 al Monte Castello e Castellaccio nel presente sito.
Di seguito le immagini dell’escursione.
I PANTANI – L’INGHIOTTITOIO E LA GROTTA DELL’ITALIA IN MINIATURA.
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In qualsiasi stagione i laghetti dei Pantani di Accumuli regalano sempre fantastiche visioni, come riportato anche in una precedente escursione del 25 luglio 2023 a cui rimando.
L’unica nota stonata è la lunga palizzata che circonda i laghi.
Mi sono sempre domandato a cosa servisse quella orribile e costosa palizzata intorno ai laghetti: ad impedire che le mucche e i cavalli vadano a bere e farsi il bagno nei laghi per non deturpare il loro naturale ambiente ? ma se le palizzate sono state da sempre mantenute aperte in diversi punti e sprovviste di chiusure e quindi gli animali transitano dentro e fuori i laghi sporcandoli ed inquinandoli con le loro deiezioni……….rimane il dilemma di questo bruttissimo spreco di soldi.
Ricordo che nelle acque dei laghetti vivono contemporaneamente due specie di crostacei rari, il Chirocephalus diaphanus e il Tanimastix stagnalis che in altri laghi dell’Italia centrale vivono in acque separate in quanto vanno in competizione alimentare, entrambe parenti stretti degli esclusivi Chiorocephalus sibyllae del laghetto di Palazzo Borghese e del Chirocephalus marchesonii del lago di Pilato, come ho descritto da pagina 76 in poi nel mio libro I MIEI MONTI SIBILLINI.
Inoltre le acque dei Pantani d’estate si colorano di rosso a causa di proliferazioni algali, ormai divenute rarissime in tutta Italia.
Fino ad una decina di anni fa esisteva un laghetto al Pian Perduto che diventava rosso sangue a causa della imponente fioritura algale ma ormai da anni, con la vicinanza di uno stazzo di pecore nel periodo estivo, non diventa più rosso ma forse nessuno se ne rende conto che abbiamo perso anche questa rarità e meraviglia della natura.
Dopo aver visitato i Pantani abbiamo portato i nostri amici a visitare l’Inghiottitoio del Fosso Mergani che raccoglie le acque del Piano Grande e poi alla Grotta presso il boschetto a forma di Italia che è registrata presso il Catasto Speleologico Umbro con la sigla 599 U PG e il nome di Grotta dell’Italia in Miniatura, un profondo pozzo di oltre 20 metri, situata nel pendio a mezza costa a sinistra del Rimboschimento a forma di Italia.
Di seguito le immagini dell’escursione.
L’INGHIOTTITOIO DEL FOSSO MERGANI DEL PIANO GRANDE.
Il Fosso Mergani raccoglie le acque del Piano Grande e si trova nella parte finale verso il Monte Serrone e Monte Cappelletta, sotto al tratto di strada che sale dal Piano Grande in direzione di Norcia.
Lo si raggiunge parcheggiando proprio prima che inizia la salita della strada e proseguendo a piedi su un sentiero in direzione Sud che costeggia il pendio del Monte Castello.
LA GROTTA DI PIANO GRANDE O DEL RIMBOSCHIMENTO ITALIA
La Grotta si raggiunge facilmente parcheggiando di fronte al Rimboschimento a forma di Italia e raggiungendo a piedi il pendio alla sua sinistra, dove, a mezza costa e nei pressi di un fosso, si apre la voragine, come visibile nella foto n.56.
MERAVIGLIOSA GALAVERNA AI PIANI GRA E MACCHIA TONDA
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La galaverna (o calaverna) è una forma di precipitazione atmosferica consistente in un deposito di ghiaccio in forma di aghi o scaglie, su superficie continua ghiacciata o su oggetti esterni che può prodursi in presenza di nebbia quando la temperatura dell’aria è nettamente inferiore a 0°C.
Lo spettacolo della galaverna, ormai ogni inverno sempre più raro, deve essere ammirato velocemente in quanto effimero, basta un lieve aumento di temperatura, vento e sole che la glassatura che crea negli alberi e negli oggetti esterni cade rapidamente al suolo.
Il 12 gennaio 2024, dopo diversi giorni di copertura di nebbia soprattutto nella parte adriatica dei Monti Sibillini, ci ha regalato uno spettacolo che erano anni che non vedevo così imponente.
Ai Piani Gra e alla Macchia Tonda della Pintura di Bolognola c’era una copertura decimetrica di Galaverna davvero spettacolare.
Di seguito le immagini, con notevole imbarazzo della scelta, della splendida giornata.
MACCHIA TONDA
PIANI GRA
FAGGETA DI PIANI GRA : Il peso della elevata ricopertura di Galaverna ha rotto numerosi rami e alberi nella faggeta disboscata di recente, il diradamento degli alberi ha indebolito il bosco in quanto ha permesso alla nebbia di entrare nella faggeta glassando di galaverna i rami appesantendoli fino alla rottura.
Il 4 gennaio 2024, dall’abitato di Marmolada abbiamo preso il sentiero geologico che conduce alle Cascate di Barezze formate dal torrente Gavon e quindi proseguito con una interminabile salita fino alla isolata Malga Bosch Brusà, nel gruppo delle Marmolade, con un percorso di 13 chilometri e 1100 metri di dislivello.
L’itinerario è riportato sul web a cui rimando.
Di seguito le foto dell’escursione.
IMMAGINI DALLE DOLOMITI, durante i nostri spostamenti in auto.