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INFERNACCIO – MAI PIU’ COME PRIMA MAGGIO 2017

Vi avevo lasciato alle belle immagini delle cascate delle “Pisciarelle” illuminate dal sole al tramonto e alle forti immagini di distruzione delle frane sulla strada di accesso provocate dal terremoto del 30 ottobre 2016 e della grande slavina nel piazzale delle “Pisciarelle”  ma non ci eravamo addentrati all’interno della valle dell’Infernaccio e non immaginavamo mai di vedere ancora più distruzione, quello che avevamo visto ad aprile non era nulla.

Muniti prima di tutto di casco !!! e di identificazione del Club Alpino Italiano per il monitoraggio di sentieri di montagna, essendo membro della commissione scientifica e sentieri della Delegazione CAI Marche, siamo entrati nella valle dell’Infernaccio percorrendola fino a Capotenna.

Di seguito il reportage fotografico cronologico di ciò che abbiamo visto.

Confesso che le immagini, pur essendo reali, non danno idea di ciò che tra ottobre 2016 e febbraio 2017 è accaduto in questa martoriata valle.

In 40 anni di mie salite nei Monti Sibillini non ho mai visto nulla di simile.

La risalita della valle presenta difficoltà, già per arrivare alle Pisciarelle, come fatto osservare nel precedente reportage, grandi frane sulla strada rendono faticosa e pericolosa la discesa, poi nel piazzale, non essendoci più il ponte di cemento, occorre guadare il fiume su tronchi instabili e scivolosi. Poi bisogna superare la grande slavina con ghiaccio scivoloso e tronchi in grande quantità, ma d’estate dopo lo scioglimento non crea più difficoltà.

Giunti prima della forra dell’Infernaccio il fiume ha cambiato percorso e bisogna di nuovo attraversarlo su massi e tronchi scivolosi.   Giunti poco prima del ponticello metallico, che si è danneggiato di lato ed è senza protezioni laterali ma ha tenuto, un grande masso rende faticoso il percorso (foto n.1). Nella gola, prima di giungere all’uscita della galleria, un grande accumulo di neve ostruisce il sentiero e bisogna salirci sopra per ridiscendere in un tratto di ghiaccio liscissimo, ma anche questa difficoltà sparirà entro l’estate (foto n. 2).

Poco dopo aver superato l’uscita della galleria ed il ponticello con il caratteristico masso piramidale, sulla sinistra scende il fosso di Mèta, qui si nota sul torrione roccioso di fronte la grande frana (foto n.3) staccatasi a seguito del terremoto del 30 ottobre 2016 che ha formato il laghetto situato più in avanti nella vallata, in questo punto un tratto di 150 metri di strada è totalmente sommerso da alberi abbattuti di una valanga scesa dai torrioni dei Grottoni della Priora, la valanga ha superato il fiume ed ha travolto anche gli alberi dell’altra sponda del fiume ma in questo tratto non rimane alcun accumulo di neve (foto n.4) .

In questo punto è caduta una valanga di neve polverosa che essendo meno compatta si allarga di più nello spazio rispetto ad una slavina a lastroni (come quella caduta nel piazzale delle Pisciarelle) per cui si distribuisce in uno spessore minore su una superficie più ampia e quindi essendo anche meno compatta si scioglie prima dell’accumulo molto più compatto della slavina e quindi non lascia tracce più a lungo.

Quindi si percorre la strada di fondovalle senza difficoltà fino a poco prima dell’ampio slargo del Fosso Le Vene dove grandi quantità di pietre bianche indicano la grande frana.

La grande frana (foto n. 5 – 6) si apre alla visione nella sua spettacolare conoide di rocce bianchissime attaccata alla parete rocciosa del lato sinistro della valle.

Anche in questo punto occorre guadare il fiume e raggiungere la base della grande frana per costeggiarla fino al suo termine dove ci si affaccia nel laghetto di acqua azzurra formato dallo sbarramento della frana sul fiume Tenna (foto n. 7 – 8 – 9).

Pur nella spaventosità delle forze della natura che hanno creato questa frana tutto sommato il laghetto è anche un bello spettacolo della natura.

Si costeggia faticosamente tutta la sponda sinistra del laghetto, alla base della frana, su massi e rocce molto instabili e con rischio di caduta di massi dall’alto.

Un fenomeno strano che mi ha colpito è che prima della frana, anche a distanza di circa 100 metri e nel laghetto, come osservabile nelle foto, ci sono dei tronchi di alberi che seppure danneggiati in modi diversi e con i rami totalmente o parzialmente rotti, sono rimasti piantati nel terreno ma praticamente nessuno di essi ha messo le foglie, sembra che anche gli alberi siano rimasti impauriti dalla frana e che non si sono ripresi dallo stato di shock.

In genere gli alberi hanno una grande vitalità ed ho visto più volte che anche se rotti, spezzati o piegati con le slavine riescono comunque a rimettere foglie e nuovi getti.

Si giunge così al Fosso Le Vene e si prosegue sulla strada ancora intatta fino a raggiungere la deviazione per la Forra della Sibilla dove abbiamo trovato uno strano masso descritto di seguito (foto n.10).  Risalendo ancora la strada dopo circa 400 metri ci si imbatte in un altro tratto interessato da un’altra valanga, qui la distruzione è totale, abbiamo impiegato 10 minuti per percorrere solo 200 metri di strada tra alberi abbattuti di tutte le dimensioni (foto 12 – 13).

Percorriamo l’ultimo tratto di strada ancora integro prima di Capotenna quindi speravamo di aver finito di vedere distruzione. Giunti alla spianata di Capotenna invece lo scenario che ci si è aperto davanti è qualcosa di incredibile. La valle è stravolta da piante abbattute di tutte le dimensioni, da semplici arbusti alti un metro a piante ultracentenarie alte decine di metri; tutto a terra nel caos più totale, nella Valle Lunga grosse frane si sono staccate dal versante est di Cima Cannafusto (foto n.14); grandi porzioni di bosco totalmente abbattute ai piedi del versante sud del Pizzo Berro.

Ci guardiamo intorno increduli, ci domandiamo ma che cosa è successo quassù questo autunno e questo inverno.  Osservando la zona dall’alto della collina di sinistra di Capotenna notiamo che sicuramente tale distruzione è causata da almeno tre grandi valanghe di neve polverosa in quanto non vi è praticamente più traccia di accumuli di neve scese dal versante est di Cima Cannafusto per la Vallelunga, dal canale del versante sud di Pizzo Berro e dal Fosso della Cerasa del Pizzo Regina che ha scavalcato anche la sponda del canale stesso scendendo verso Capotenna.

Anche qui notiamo qualcosa di strano come osservabile nelle foto n.17, 24 e 25, generalmente quando cade una valanga gli alberi abbattuti e sradicati sono rovesciati con le cime verso valle nella direzione presa dallo spostamento d’aria e della massa nevosa e con le radici verso monte.

A Capotenna molti alberi abbattuti mostrano tale posizione e molti altri addirittura adiacenti si trovano esattamente nella posizione opposta.

Da questi segni e dalla distruzione osservata sono tentato di supporre che le valanghe che hanno colpito questa vallata siano cadute contemporaneamente forse lo stesso 18 gennaio 2017 (valanga di Rigopiano) in occasione delle tre scosse di magnitudo superiore a 5 che si sono registrate nel corso di una sola mattinata e che lo spostamento di aria generato sia stato talmente elevato che gli alberi si sono mescolati tra di loro, chi cadeva in un verso e chi cadeva nel verso opposto. 

Analizzando la zona con le immagini satellitari di Google Earth ho ipotizzato i percorsi delle tre valanghe che si sono abbattute a Capotenna (foto n. 30) ed ho notato che tutte e tre hanno raggiunto la zona di fondovalle nei pressi della captazione dell’acquedotto dove abbiamo notato la maggiore concentrazione di alberi abbattuti posizionati in versi opposti.

Girovaghiamo un po’ nella zona, ci imbattiamo in una roulotte di pastori (foto n.27) sventrata dalla furia di una valanga, nella sommità del colle che sovrasta a sinistra il lungo muro della captazione in muratura dell’acquedotto del Tenna troviamo addirittura un sinkhole (foto n. 23) ossia una voragine circolare sul terreno profonda 4 metri e larga circa 6 metri di come quelle che si sono aperte nel Piano Grande di Castelluccio prodotta dal crollo del tetto di una cavità sotterranea a seguito dei vari terremoti. 

Quest’anno la natura si è proprio accanita con i nostri meravigliosi Monti Sibillini.

L’Infernaccio non è più la meta estiva domenicale di centinaia di persone, di intere famiglie, l’Infernaccio non sarà mai più come prima.

Ricordo che attualmente la strada per l’Infernaccio è sbarrata dopo circa un chilometro da Rubbiano quindi il parcheggio di Valleria non è raggiungibile in auto e vige il divieto assoluto di accesso su tutta la valle.

A causa dei pericoli oggettivi che ancora gravano nell’intera valle e delle grosse difficoltà di percorrenza del sentiero (strada) Pisciarelle – Infernaccio – Capotenna è assolutamente sconsigliato percorrere tale itinerario.

1 – Il “piccolo” masso nel sentiero dell’Infernaccio poco prima di scendere al ponte di metallo

2 – Accumulo di neve di slavina che occupa il sentiero e parte del torrente, ci obbliga a passare sopra.

  1. Il torrione destro orografico del Fosso Le Vene con la grande frana che ha formato il laghetto.

4-Il tratto di strada dopo la galleria interessato dalla slavina, alberi abbattuti a destra e sinistra del fiume.

5-La frana del torrione destro orografico de Le Vene, sullo sfondo il torrione sinistro.

  1. Le proporzioni della frana.

7 – 8 – Il laghetto dell’Infernaccio formato dalla frana del terremoto del 30 ottobre 2016.

9 – Il laghetto con i tronchi degli alberi spogli rimasti piantati nel terreno.

Ad un certo punto, nella biforcazione della strada che va a Capotenna con il sentiero  che scende verso la Forra della Sibilla o Arcofù,(foto n.11) abbiamo notato un grande masso appoggiato a dei faggi proprio di lato della strada che a mia memoria non c’era prima.

Osservando bene il grande masso, delle dimensioni di circa 1,7 x 1,2 e 1,5 metri di altezza, esso presentava un evidente lato grigio e con licheni  esposto agli agenti atmosferici e gli altri cinque lati di colore bianco chiaro con tracce di polvere bianca che indicavano che erano i lati non esposti agli agenti atmosferici e quindi interni alla parete rocciosa da cui si è staccato di cui uno con della terra nera fortemente attaccata, il lato che aveva toccato terra nella caduta.

Ci siamo domandati : 

  • da dove era caduto il masso se verso valle le pareti rocciose distano circa 50 metri e siamo a 10 metri sopra il livello del fiume e verso monte ci sono 300 metri di bosco fitto ?
  • aveva compiuto un salto nel vuoto fino a quella distanza dalle pareti ?

Verso valle (verso il fiume), ad un dislivello dal fiume di circa 10 metri, ad una distanza dal masso  di circa 1,5 metri abbiamo trovato un grande cratere di impatto della profondità di circa 1 metro e della larghezza di circa 2,5 metri, parzialmente sommerso dalle foglie secche, che indica che il masso è caduto dalle pareti di lato del fiume, sicuramente a causa del terremoto dell’ottobre 2016.

Non è quindi possibile che, cadendo dalle pareti,  ha rotolato dal fiume ed è risalito di 10 metri sulla sponda opposta ma è arrivato fino a quel punto per caduta libera nel vuoto dall’alto delle pareti e che toccando terra alla velocità di caduta è rimbalzato arrivando nella posizione attuale.

Ho stimato che il masso di calcare (carbonato di calcio con densità di 2.4 – 2.7 t/m3), delle dimensioni di circa 3 metri cubi, ipotizzando una densità media di 2,5 t/m3 ,pesa circa 7,5 tonnellate 

Tramite Google Earth ho ritrovato la zona e per curiosità ho ricostruito graficamente la sezione della valle e la traiettoria di caduta del masso. Ho visto che in quel punto le pareti rocciose sono alte circa 250 metri ipotizzando che il masso si è staccato da quell’altezza anche se credo abbia rotolato da molto più in alto, mi sono divertito a calcolare la velocità nel momento dell’impatto, il calcolo, seppure approssimato, mi ha portato ad una valore di circa 250 km/h. 

Pensate di essere nel sentiero e che d’un tratto dal cielo vi cade davanti un masso di 7,5 tonnellate  alla velocità di 250 km/h …….. che bella esperienza !!!

10 – il grande masso caduto ai lati della strada

11- Forra della Sibilla o Arcofù, per la presenza di un arco di roccia (in alto), anch’essa interessata da conoidi di frane (in basso).

12 – 13 – Il secondo tratto di strada distrutto da una valanga; per percorrere 200 metri abbiamo impiegato 10 minuti !!!

14- Il versante est di Cima Cannafusto con alcune grandi frane prodotte dal terremoto in alto e le conoidi di detriti in basso, nella fascia mediana di ginepri segnata dalle frecce corre il sentiero descritto nell’itinerario n.9 dopo l’uscita del mio secondo libro .

15- La spianata di Capotenna, è rimasto un solo albero !!!!

16- Le dimensioni dell’ultimo albero di Capotenna.

17 – 18- La spianata di Capotenna con alberi secolari abbattuti dalle valanghe, alcuni posizionati in versi opposti

19 – 20- Capotenna vista dalla collina a sinistra della captazione .

21- La parte terminale del canale del versante sud di Pizzo Berro con gli evidenti segni della valanga.

22- Il bosco sottostante il versante sud di Pizzo Berro “tagliato” dalla valanga.

23- Il Sinkhole profondo circa 4 metri e del diametro di 6 nella sommità della collina sopra a Capotenna.

24-25- esempi di alberi abbattuti dalle valanghe e posizionati in versi opposti.

26- Il casale Rosi con le pareti crollate con il terremoto.

27- La roulotte dei pastori sventrata dalle valanghe.

28- Difficili passaggi tra le centinaia di alberi abbattuti di tutte le dimensioni

29- Quel che rimane della fontanella di Capotenna, rovesciata e spostata ma almeno il tubo ancora porta acqua.

30- Il percorso ipotizzato delle tre grandi valanghe che hanno colpito Capotenna.

In rosso la valanga del versante est di Cima Cannafusto, in Giallo la valanga del canale sud di Pizzo Berro ed in verde la valanga del canale della Cerasa del Pizzo Regina (Monte Priora), tutte e tre convogliano a Capotenna da direzioni diverse.

GIANLUCA E FAUSTO  MAGGIO 2017